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Le rivelazioni di Bob Woodward

Eliminare voti in Florida

La storia del malware russo piazzato nel registro elettorale americano che può cancellare un decimo degli elettori democratici

Daniele Ranieri

Nell'ultimo saggio di Woodward, "Rage", ci sono dettagli mai divulgati prima sui tentativi russi di infiltrare il sistema elettorale americano. Le possibili applicazioni del malware sono tantissime: potrebbe cancellare dal registro un elettore su dieci

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Roma.  Il libro di Bob Woodward che esce oggi negli Stati Uniti e porta molte informazioni nuove sull’Amministrazione Trump ha anche dettagli mai divulgati prima sui tentativi russi di infiltrare il sistema elettorale americano. Sappiamo, grazie al rapporto del procuratore speciale Robert Mueller uscito nell’aprile 2019, che i russi sono riusciti a piazzare un malware nel database dove si registrano gli elettori di due contee in Florida. Il malware è un programma che si installa segretamente in un sistema e poi obbedisce al suo installatore e non al proprietario del sistema. Esistono infiniti tipi di malware, tagliati per ogni genere di compito. Ma non sapevamo dove di preciso era stato scoperto il malware e cosa era in grado di fare. Una delle due contee era la Washington, con una maggioranza secca di repubblicani, l’altra è quella di St. Lucie, con una maggioranza non stabile. Non c’è alcuna prova che il malware sia mai stato attivato, ma aveva la capacità di cancellare gli elettori dal registro elettorale. Era stato piazzato nel sistema per essere usato al momento più opportuno. Le possibili applicazioni del malware sono tantissime. Potrebbe cancellare dal registro un elettore su dieci in distretti che sono tradizionalmente democratici e quindi gli elettori non potrebbero accedere al voto. E’ un esempio fatto con i democratici perché la linea ufficiale della Russia è l’appoggio ai repubblicani.

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Roma.  Il libro di Bob Woodward che esce oggi negli Stati Uniti e porta molte informazioni nuove sull’Amministrazione Trump ha anche dettagli mai divulgati prima sui tentativi russi di infiltrare il sistema elettorale americano. Sappiamo, grazie al rapporto del procuratore speciale Robert Mueller uscito nell’aprile 2019, che i russi sono riusciti a piazzare un malware nel database dove si registrano gli elettori di due contee in Florida. Il malware è un programma che si installa segretamente in un sistema e poi obbedisce al suo installatore e non al proprietario del sistema. Esistono infiniti tipi di malware, tagliati per ogni genere di compito. Ma non sapevamo dove di preciso era stato scoperto il malware e cosa era in grado di fare. Una delle due contee era la Washington, con una maggioranza secca di repubblicani, l’altra è quella di St. Lucie, con una maggioranza non stabile. Non c’è alcuna prova che il malware sia mai stato attivato, ma aveva la capacità di cancellare gli elettori dal registro elettorale. Era stato piazzato nel sistema per essere usato al momento più opportuno. Le possibili applicazioni del malware sono tantissime. Potrebbe cancellare dal registro un elettore su dieci in distretti che sono tradizionalmente democratici e quindi gli elettori non potrebbero accedere al voto. E’ un esempio fatto con i democratici perché la linea ufficiale della Russia è l’appoggio ai repubblicani.

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Sarebbe poi toccato alle contee giustificare perché un elettore che pensava di essersi registrato non era invece registrato, ma i casi di contestazioni anche molto numerose sono frequenti e intanto le elezioni vanno avanti e decidono il vincitore. Se si pensa che molti stati americani sono in bilico e che bastano pochi voti ad assegnarli all’uno o all’altro candidato, si capisce che la presenza del malware russo in due contee della Florida (uno stato che da sempre è molto importante nella corsa alla presidenza) è interessante. Che fosse parte di un test? La contea Washington conta circa 25 mila elettori che, come detto, sono fedeli al Partito repubblicano (77 per cento di preferenze per Trump nel 2016). Quella di St Lucie ne conta 320 mila e nel 2016 andò a Trump, dopo che per cinque elezioni consecutive era andata ai democratici. Woodward nota che il malware era “sofisticato” e che la stessa ditta che si occupava del registro elettronico lavorava in molti altri stati americani. Colpire il registro è meno spettacolare che penetrare direttamente nelle macchine per il voto elettronico, ma è più facile e può sortire lo stesso effetto.

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Quando nel luglio 2018 i capi delle intelligence portarono questa informazione e altre sull’interferenza russa al presidente americano, Donald Trump, ricevettero l’ordine di organizzare una conferenza stampa per avvertire gli americani che le operazioni russe per manipolare le elezioni erano ancora forti – ma la questione malware fu lasciata fuori (è probabile che l’intelligence stesse studiando per saperne di più). La più allarmata era la direttrice della Cia, Gina Haspel, ma non era al briefing pubblico, che fu invece tenuto dal direttore dell’Intelligence nazionale Dan Coats. Coats non andava molto d’accordo con Trump e quando i giornalisti lo incalzarono sulla possibilità di nuove sanzioni contro la Russia, lui uscì dal suo ruolo di tecnico e disse che avrebbe fatto tutto quello che poteva per dissuadere i russi dall’interferire e per far pagare loro un prezzo alto per queste operazioni. All’incontro successivo, Trump “lo mangiò vivo” – scrive Woodward – per la posizione troppo dura e per la dichiarazione che considerava eccessiva. Luglio 2018 è anche il mese del summit di Helsinki fra Trump e il presidente russo Vladimir Putin, dove Trump disse che Putin l’aveva rassicurato sul fatto che non c’era stata alcuna interferenza da parte della Russia nelle elezioni americane e che lui gli credeva – di fatto smentendo in pubblico le sue agenzie di intelligence.  

Un anno prima, nell’agosto 2017, era uscito un rapporto dettagliato dell’Nsa – pubblicato dal sito The Intercept – che spiegava come pochi giorni prima delle elezioni i servizi militari russi avessero tentato di infiltrarsi nel sistema elettorale. Avevano spedito una mail truccata per fare phishing, quindi per ingannare il destinatario e convincerlo a rivelare la sua password (Buongiorno siamo di Google, la sua mail si bloccherà oggi per manutenzione, ci serve la sua password per farla ripartire: qualcosa così) a una ditta che si occupa di macchine per il voto elettronico e a cento funzionari che avrebbero poi lavorato ai seggi.
 

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