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Meno di otto settimane alle elezioni negli Stati Uniti

Trump a febbraio nascondeva agli americani la verità sul Covid-19

Daniele Ranieri

In pubblico il presidente diceva che l'epidemia sarebbe scomparsa, ma in una serie di interviste registrate ammetteva con Bob Woodward, uno dei migliori giornalisti americani, che il virus era spaventoso e "così contagioso che non riesci a crederci".  Queste e altre rivelazioni sono contenute nel libro di Woodward che uscirà martedì prossimo, ma questo genere di scandali non incide sulla base dei fedelissimi trumpiani

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Il presidente americano Donald Trump sapeva che l’epidemia di Covid-19 era molto pericolosa già all’inizio di febbraio, ma per un mese e mezzo decise in modo deliberato di nascondere agli americani la gravità della situazione, di minimizzare il rischio e di fare dichiarazioni noncuranti come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi – e questo di fatto fece perdere agli Stati Uniti tempo prezioso per reagire. Finora si era pensato che Trump potesse avere ignorato il pericolo perché non prestava attenzione agli allarmi dei suoi collaboratori e perché non credeva davvero che la pandemia potesse avere conseguenze così dure sugli Stati Uniti, ma era un’interpretazione troppo benevola. Era lo stesso presidente in quei giorni a spiegare in modo  candido al giornalista Bob Woodward che il virus era molto pericoloso e che era capace di trasmettersi per via aerea, e quindi non soltanto per contatto, cosa che lo rende più contagioso e quindi più letale, in una serie di interviste registrate a partire dal 7 febbraio e finite a luglio – e che Trump sapeva non erano interviste destinate a uscire sui giornali il mattino dopo. Woodward, il giornalista d’inchiesta più rispettato del paese, pubblica a intervalli regolari libri meticolosamente ricercati e scritti sull’Amministrazione americana e quelle interviste gli servivano per scrivere “Rage”, Rabbia, il suo prossimo volume che esce martedì 15 settembre.

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Il presidente americano Donald Trump sapeva che l’epidemia di Covid-19 era molto pericolosa già all’inizio di febbraio, ma per un mese e mezzo decise in modo deliberato di nascondere agli americani la gravità della situazione, di minimizzare il rischio e di fare dichiarazioni noncuranti come se non ci fosse nulla di cui preoccuparsi – e questo di fatto fece perdere agli Stati Uniti tempo prezioso per reagire. Finora si era pensato che Trump potesse avere ignorato il pericolo perché non prestava attenzione agli allarmi dei suoi collaboratori e perché non credeva davvero che la pandemia potesse avere conseguenze così dure sugli Stati Uniti, ma era un’interpretazione troppo benevola. Era lo stesso presidente in quei giorni a spiegare in modo  candido al giornalista Bob Woodward che il virus era molto pericoloso e che era capace di trasmettersi per via aerea, e quindi non soltanto per contatto, cosa che lo rende più contagioso e quindi più letale, in una serie di interviste registrate a partire dal 7 febbraio e finite a luglio – e che Trump sapeva non erano interviste destinate a uscire sui giornali il mattino dopo. Woodward, il giornalista d’inchiesta più rispettato del paese, pubblica a intervalli regolari libri meticolosamente ricercati e scritti sull’Amministrazione americana e quelle interviste gli servivano per scrivere “Rage”, Rabbia, il suo prossimo volume che esce martedì 15 settembre.

Trump ha acconsentito a fare quelle interviste perché il lavoro di Woodward ha uno status tale che in pratica è documentale: se non ti ha intervistato a fondo, quasi non puoi dire di essere stato un presidente americano. La rete Cnn e il Washington Post, come sempre, hanno avuto in anteprima una copia del libro e anche i nastri delle registrazioni, per confermare la credibilità della storia. Il 19 marzo – mentre in Italia eravamo già in lockdown – Trump dichiara a Woodward che lui ha preferito fare un quadro molto ottimista della situazione e rimpicciolire la minaccia del Covid-19 e che sta ancora seguendo questa linea. A quel punto da settimane continuava a rilasciare dichiarazioni come “è tutto sotto controllo, lo abbiamo fermato in tempo”, oppure “i contagiati sono soltanto quindici, nel giro di pochi giorni scenderanno a zero” oppure ancora “ad aprile con il bel tempo l’epidemia si dissolverà come per miracolo”. Il 28 gennaio il suo Consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’ Brien lo aveva avvertito che il Covid-19 sarebbe stata la minaccia più grave di tutta la sua presidenza.  La responsabilità per le misure anti epidemia spetta ai governatori dei singoli stati, ma è fuor di dubbio che se fin da febbraio il presidente avesse parlato agli americani della necessità di lavarsi le mani, indossare le mascherine e limitare i contatti si sarebbero potute salvare molte vite. Invece negli Stati Uniti il numero dei morti per Covid-19 ha superato i 185 mila (se paragonato all’Italia non è più grave in proporzione, ma il nostro paese è molto più denso per popolazione). In pubblico Trump diceva una cosa e in privato con Woodward ne diceva un’altra, ed è un comportamento così difficile da spiegare che si capisce perché il giornalista ha tirato fuori i nastri delle conversazioni. Il 19 marzo spiegava, nell’intervista che sapeva sarebbe uscita soltanto molto più tardi, che il virus non colpisce soltanto gli anziani ma anche i giovani, “abbiamo moltissimi casi di giovani”. Il 3 aprile Trump in conferenza stampa tentava ancora una volta di essere rassicurante, “ho detto che il virus sarebbe andato via e sta andando via”, ma il 5 aprile diceva a Woodward: “E’ orribile. E’ incredibile”. E il 13 aprile diceva, sempre in privato: “E’ così contagioso che non riesci a crederci”. 

Il libro di Woodward, ma anche il libro in uscita dell’ex avvocato di Trump Michael Cohen, che è pieno di dettagli orrendi, e l’articolo dell’Atlantic di una settimana fa che rivela gli insulti di Trump contro i militari formano assieme quel genere di scandalo permanente contro la Casa Bianca che ha effetto soltanto sulla categoria degli anti trumpiani, gente che comunque non aveva bisogno di essere convinta. E viceversa non ha alcun effetto misurabile sulla base dei sostenitori del presidente, che è gloriosamente impermeabile a queste rivelazioni e anzi le considera un normale atto di guerra dei nemici nazionali, intellighenzia in testa, contro il presidente migliore della storia americana. 

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