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Il rapimento di Maria Kolesnikava a Minsk

Micol Flammini

In Bielorussia l’opposizione viene costretta alla fuga o scompare. I “metodi staliniani” di Lukashenka

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Roma. Maria Kolesnikava, l’unica a essere rimasta a Minsk del triumvirato femminile che aveva sfidato Aljaksandr Lukashenka alle elezioni del nove agosto, è scomparsa ieri . Una testimone ha raccontato al sito indipendente Tut.by che un uomo con il passamontagna ha costretto la Kolesnikava a entrare in un camioncino senza targa e che tutto questo è accaduto di mattina, nel centro della capitale bielorussa. La protesta contro il dittatore Lukashenka va avanti da un mese, le strade continuano a essere piene di persone e di simboli: domenica una ragazza si è sposata con un vestito bianco e rosso come la bandiera che sventola durante le manifestazioni. Ieri il ministero dell’Interno ha dichiarato che i detenuti sono più di seicento, ma nonostante tutto i manifestanti continuano a scendere in piazza, motivati, fiduciosi di poter avere quello che chiedono: elezioni trasparenti.

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Roma. Maria Kolesnikava, l’unica a essere rimasta a Minsk del triumvirato femminile che aveva sfidato Aljaksandr Lukashenka alle elezioni del nove agosto, è scomparsa ieri . Una testimone ha raccontato al sito indipendente Tut.by che un uomo con il passamontagna ha costretto la Kolesnikava a entrare in un camioncino senza targa e che tutto questo è accaduto di mattina, nel centro della capitale bielorussa. La protesta contro il dittatore Lukashenka va avanti da un mese, le strade continuano a essere piene di persone e di simboli: domenica una ragazza si è sposata con un vestito bianco e rosso come la bandiera che sventola durante le manifestazioni. Ieri il ministero dell’Interno ha dichiarato che i detenuti sono più di seicento, ma nonostante tutto i manifestanti continuano a scendere in piazza, motivati, fiduciosi di poter avere quello che chiedono: elezioni trasparenti.

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Le strade di Minsk, e di tutte le città della Bielorussia, raccontano la tenacia di una nazione che prima era soltanto stanca dell’uomo che la governa da ventisei anni e adesso è anche arrabbiata perché quest’uomo continua a non volersene andare e alle loro proteste pacifiche risponde con la repressione. La repressione ha tirato fuori ancora più tenacia, ma adesso Lukashenka punta ad altro: vuole eliminare l’opposizione. Maria Kolesnikava, dai cortissimi capelli biondi e sempre con le mani unite a formare un cuoricino, ha iniziato a combattere la sua battaglia contro Lukashenka come assistente della campagna elettorale di Viktar Barbarika, oppositore del presidente arrestato a metà luglio. Poi si è unita alla campagna di Svjatlana Tikhanovskaya assiema a Veronika Tsepkala, moglie di Valerij Tsepkala, anche lui candidato contro Lukashenka e fuggito prima a Mosca poi a Varsavia per sfuggire all’arresto. Tikhanovskaya, dopo un lungo interrogatorio, si è rifugiata a Vilnius, la Tsepkala ha raggiunto il marito in Polonia. Maria Kolesnikava è rimasta a Minsk a sostenere le proteste come membro del Consiglio di coordinamento istituito da Tikhanovkaya per portare il paese verso nuove elezioni. Uno dopo l’altro, i membri di questo consiglio sono stati arrestati o costretti a fuggire. I primi sono stati Volha Kavalkova e Siarhei Dylevski, poi Liliya Vlasova. La scorsa settimana, Pavel Latushka, ex ambasciatore in Polonia e Francia, anche lui membro del Consiglio di coordinamento, è fuggito a Varsavia per le continue minacce e così ha fatto anche Olga Kovalkava. Ieri, oltre a Maria Kolesnikava sono scomparsi Anton Rodnenkov e Ivan Kravtsov e anche il portavoce di Maria, Gleb German, non risponde più al telefono. L’opposizione in Bielorussia è sottoposta a pericoli continui e non soltanto non viene data ai cittadini la possibilità di ripetere il voto, ma viene negata la voce a chi vorrebbe essere l’alternativa al regime. Minsk non è una democrazia – è per questo che gli elettori sono piazza, per chiedere di diventarlo – e Lukashenka ha una lunga tradizione nel far sparire i suoi oppositori. Ma questa volta lo sta facendo con l’attenzione internazionale concentrata su di lui.

 

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Le proteste e le manifestazioni hanno avuto un’eco fortissima e l’attenzione si è concentrata soprattutto su quello che accadeva sui manifestanti, spesso definiti “senza leader”. Ed è vero, a Minsk non c’è un leader singolo, la stessa Tikhanovskaya, che incita e coordina dalla Lituania, non si definisce una leader e non è riconosciuta come tale. Ma c’è un’idea e c’è un’opposizione compatta e organizzata che ha rappresentato la vera forza di queste quattro settimane che sono trascorse dopo il voto. Una forza sottotraccia che Lukashenka ha deciso di colpire, intimidire e arrestare – sulla Kolesnikava non ci sono ancora notizie certe, i suoi collaboratori pensano sia stata arrestata, la polizia continua a dire di no.

 

I bielorussi hanno più volte chiesto all’Unione europea di sostenere la loro richiesta di democrazia e in questi giorni Minsk è un sorvegliato speciale. Il primo a esprimersi sul rapimento della Kolesnikava è stato Linas Linkevicius, ministro degli Esteri lituano, che ha scritto su Twitter: “I metodi stalinisti da NKVD vengono applicati nell’Europa del Ventunesimo secolo”. Il capo della diplomazia Ue, Josep Borrell, ha definito le intimidazioni contro i cittadini “inaccettabili”. Reprimere le proteste è gravissimo, ma il rapimento di uno dei membri più in vista dell’opposizione indica che Lukashenka ha una sua strategia chiara – togliere alla piazza l’organizzazione, renderla davvero senza leader – e che per riprendersi la Bielorussia è disposto a tutto, anche a usare “metodi staliniani”.

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