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Editoriali

La sai quella dell’Autostrada della pace?

Redazione

In Libia ha vinto Erdogan, che usa il petrolio libico per finanziare i suoi debiti

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Per farsi un’idea di come l’Italia sia stata sorpassata dalla Turchia in Libia, basta guardare alla mole di accordi economici che Tripoli e Ankara stanno siglando da mesi. Alcune ore prima che il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio arrivasse in Libia per incontrare il premier Fayez al Serraj (quasi in contemporanea un attentatore suicida si era fatto saltare in aria, forse per sbaglio, poco fuori Tripoli, senza fare vittime), il presidente della Banca centrale libica, Sadiq al Kabir, e quello della Banca centrale turca, Murat Uysal, si sono seduti a un tavolo e hanno siglato il terzo accordo finanziario tra i due paesi nel giro di appena tre mesi.

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Per farsi un’idea di come l’Italia sia stata sorpassata dalla Turchia in Libia, basta guardare alla mole di accordi economici che Tripoli e Ankara stanno siglando da mesi. Alcune ore prima che il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio arrivasse in Libia per incontrare il premier Fayez al Serraj (quasi in contemporanea un attentatore suicida si era fatto saltare in aria, forse per sbaglio, poco fuori Tripoli, senza fare vittime), il presidente della Banca centrale libica, Sadiq al Kabir, e quello della Banca centrale turca, Murat Uysal, si sono seduti a un tavolo e hanno siglato il terzo accordo finanziario tra i due paesi nel giro di appena tre mesi.

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I due si sono stretti la mano e si sono scattati qualche foto. Il sorriso più largo era quello di Uysal: l’accordo segreto prevede, con ogni probabilità, un versamento di miliardi di dollari da parte dei libici al proprio angelo custode, Recep Tayyip Erdogan. Tripoli non conferma, ma un paio di mesi fa è successo lo stesso. Il 29 giugno, poco dopo la vittoria del governo di Tripoli sul generale Khalifa Haftar, Al Kabir ha incontrato Erdogan a Istanbul. Anche in quel caso, c’è da immaginare, il sorriso più grande era quello del presidente turco: Tripoli si era impegnata infatti a versare 8 miliardi di dollari ad Ankara a zero interessi per quattro anni. Un affare vero. Sapere da dove i libici stiano prendendo questi soldi non è troppo difficile: dal petrolio.

   

Serraj e Haftar hanno deciso di riprendere la produzione del greggio e gli introiti saranno versati su un conto bancario all’estero. Più produzione significa più denaro e più possibilità per i libici di “ripagare” gli alleati turchi per lo sforzo bellico. Per Erdogan è un (piccolo) respiro di sollievo: la svalutazione della lira, l’inflazione e l’elevato debito privato rendono l’economia turca più fragile di quanto il sultano non voglia far credere. Gli analisti prevedono un lungo periodo di recessione per la Turchia, alla faccia di provocazioni e prove di forza nel Mediterraneo. Ma tant’è, e mentre l’Italia prova a rivendere ai libici progetti vecchi di 15 anni, i turchi sono già a un livello successivo. Ad agosto, Turchia, Qatar e governo di Tripoli avrebbero firmato un accordo che garantirebbe a turchi e qatarini l’utilizzo del porto di Misurata come base navale per i prossimi 99 anni.

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