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Un culto folle si mangia i repubblicani

Daniele Ranieri

C’è una battaglia tra filo e anti QAnon dentro al partito di Trump

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Roma. Come i trumpiani si sono mangiati da dentro il Partito repubblicano in poco tempo nel 2016, adesso c’è chi comincia a temere che i seguaci di QAnon, un culto complottista di estrema destra che negli Stati Uniti raccoglie un grosso seguito, conquisteranno sempre più peso dentro al partito. Domenica un deputato repubblicano, Adam Kinzinger, ha chiesto ai leader repubblicani, quindi anche al presidente Trump, di prendere posizione contro QAnon. “Fino a poco tempo fa – ha detto Kinzinger, un veterano della guerra in Iraq – non c’era bisogno di dargli attenzione, ma ora sta diventando mainstream. Abbiamo un candidato che è seguace di QAnon e ha vinto le elezioni primarie. Il presidente non ha ancora denunciato il culto, ma adesso è il momento per i leader di farsi avanti e di parlare”. Si riferiva a Marjorie Taylor Greene, una repubblicana della Georgia che i sondaggi danno come favorita per vincere un seggio al Congresso alle elezioni di novembre. La Greene ha detto in pubblico di credere a QAnon e quindi di credere che una cabala di satanisti/pedofili/cannibali domini il mondo e sia al lavoro anche dentro alla Casa Bianca per ostacolare la lotta di Trump contro il male e che questa cabala sia guidata dai leader del Partito democratico. Questo non le ha impedito di ricevere un’ottima risposta da parte degli elettori. Dopo la vittoria alle primarie, Trump l’ha celebrata con un tweet che la definiva “una futura stella del Partito repubblicano”.

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Roma. Come i trumpiani si sono mangiati da dentro il Partito repubblicano in poco tempo nel 2016, adesso c’è chi comincia a temere che i seguaci di QAnon, un culto complottista di estrema destra che negli Stati Uniti raccoglie un grosso seguito, conquisteranno sempre più peso dentro al partito. Domenica un deputato repubblicano, Adam Kinzinger, ha chiesto ai leader repubblicani, quindi anche al presidente Trump, di prendere posizione contro QAnon. “Fino a poco tempo fa – ha detto Kinzinger, un veterano della guerra in Iraq – non c’era bisogno di dargli attenzione, ma ora sta diventando mainstream. Abbiamo un candidato che è seguace di QAnon e ha vinto le elezioni primarie. Il presidente non ha ancora denunciato il culto, ma adesso è il momento per i leader di farsi avanti e di parlare”. Si riferiva a Marjorie Taylor Greene, una repubblicana della Georgia che i sondaggi danno come favorita per vincere un seggio al Congresso alle elezioni di novembre. La Greene ha detto in pubblico di credere a QAnon e quindi di credere che una cabala di satanisti/pedofili/cannibali domini il mondo e sia al lavoro anche dentro alla Casa Bianca per ostacolare la lotta di Trump contro il male e che questa cabala sia guidata dai leader del Partito democratico. Questo non le ha impedito di ricevere un’ottima risposta da parte degli elettori. Dopo la vittoria alle primarie, Trump l’ha celebrata con un tweet che la definiva “una futura stella del Partito repubblicano”.

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Il presidente prima di questa settimana aveva evitato di parlare della faccenda QAnon e aveva mantenuto una reticenza strategica. Il suo calcolo era semplice. Se parlo bene di loro sarò criticato perché si tratta di un culto di fanatici di estrema destra che l’Fbi descrive “a rischio terrorismo”. Se ne parlo male, deludo decine di migliaia di persone che mi votano e che mi venerano come un eroe epico. Mercoledì, a domanda diretta di una giornalista, ha fatto finta di non sapere di cosa si trattasse. Quando la giornalista gli ha detto che si tratta di una teoria del complotto che vede Trump in lotta contro una cabala mondiale di satanisti pedofili, lui ha risposto in tono canzonatorio: “E’ questa sarebbe una cosa cattiva o una cosa buona?”. Poi ha detto: “Ho sentito che si tratta di gente che ama il proprio paese, non so altro”.

   

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La solita reticenza questa volta non ha funzionato e – tre giorni dopo la richiesta di Kinzinger di denunciare i fanatici – Trump ha detto che i seguaci di QAnon sono dei patrioti americani. C’è da considerare che i seguaci di QAnon per la loro natura complottista sono inclini a dare un significato simbolico e importantissimo a molte cose, quindi questo appoggio presidenziale non poteva arrivare in modo più scoperto e chiaro di così.

  

Venerdì mattina la questione è ritornata, del resto era inevitabile dopo l’endorsement del presidente. Nel corso di un’intervista in tv al vicepresidente Mike Pence, il conduttore ha chiesto se Trump crede davvero a QAnon e se anche Pence ci crede. Il vicepresidente prima ha tentato di svicolare, “non ne so nulla”, poi quando il conduttore gli ha fatto notare che con questa ambiguità si continua a dare ossigeno al culto ha risposto: “Non ne so nulla, ma è una cosa che respingo senza nemmeno discutere”. Dunque Pence non ci crede, ma lui conta meno di Trump e il suo rifiuto di QAnon conta meno delle parole del presidente, che è Q+ nel gergo dei fanatici perché è un gradino sopra al profeta Q. Sembra una gag di Paolo Guzzanti, ma è la conversazione attuale dentro al Partito repubblicano americano. E l’Fbi ha messo QAnon nell’elenco delle minacce terroristiche, perché è un culto che chiede l’incarcerazione di massa, il trasferimento a Guantanamo e l’esecuzione di migliaia di persone.

  

Dentro al Partito ci sono voci contrarie e secondo i giornali molti grandi donatori sono orripilati dall’ascesa di QAnon. Liz Cheney, la numero tre della gerarchia repubblicana al Congresso, ha detto che il culto “è una follia pericolosa che non dovrebbe avere spazio nella politica americana” il giorno dopo l’endorsement di Trump. Il deputato repubblicano David Riggleman dice che “è la gonorrea mentale delle teorie del complotto. È disgustosa e dovremmo sbarazzarcene il prima possibile”, ma ha perso alle primarie e quindi non sarà più eletto. La maggioranza del partito guarda al presidente per sapere cosa fare e per ora da lui non arrivano segni di ostilità verso QAnon, anzi. Su Twitter ha già rilanciato più di 200 tweet di sostenitori del culto (messaggi che non erano apertamente legati alla fede qanonista, ma sono stati letti come un appoggio concesso con discrezione). E quindi, anche soltanto per opportunismo, per ora i repubblicani lasciano la porta aperta a una setta di complottisti. Circa sessanta candidati al Congresso hanno condiviso messaggi qanonisti e a fine luglio il Partito repubblicano del Texas ha lanciato il suo slogan: We are the Storm, che è un motto di QAnon (the Storm, la tempesta, è il momento dell’incarcerazione e della esecuzione dei cattivi). Così, mentre il Partito repubblicano invece di bloccare e respingere i fanatici li asseconda, le grandi piattaforme social come Twitter e Facebook stanno eliminando centinaia di loro membri e gruppi perché vedono il problema della crescente responsabilità legale. Se qualcuno dei fanatici prendesse l’iniziativa e uccidesse l’attore Tom Hanks, uno dei bersagli del gruppo, qualcuno potrebbe chiedersi: perché non avete fatto nulla?

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