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editoriali

Come leggere la tregua in Libia

Redazione

I grandi sponsor hanno deciso un cessate il fuoco. Noi non ci siamo

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Ieri il premier di Tripoli, Fayez al Serraj, e il presidente dell’Assemblea di Tobruk, Aguila Saleh, hanno annunciato un cessate il fuoco congiunto. E’ la fine della guerra civile in Libia, scatenata dal generale Haftar nell’aprile 2019. Hanno persino parlato di “elezioni a marzo”. Bene, ma ora torniamo nella realtà. Le due parti, Tripoli e Tobruk, hanno fatto l’annuncio ma non sono che mere portavoci della volontà degli stati sponsor. Turchia e Qatar da una parte, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Russia dall’altra. E infatti nelle ultime settimane c’è stato un gran viavai di voli diplomatici per decidere questo annuncio nei dettagli. Se gli sponsor esterni domani decidessero di riprendere la guerra in Libia, la guerra riprenderebbe ma grazie al cielo per ora non conviene a nessuno perché c’è una situazione di sostanziale parità. Non è una pace, è uno stallo. Il risultato pratico è che la Libia rimane divisa in due e resterà così per lungo tempo. Il generale Haftar per ora non parla, del resto non può dire nulla: questo cessate il fuoco è figlio del suo fallimento, ha aggredito Tripoli con l’idea di prenderla in due giorni e poi è stato preso a calci fino a Sirte. L’uomo non ha più molti fan. Persino i suoi sponsor si stanno lambiccando per trovare un sostituto.

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Ieri il premier di Tripoli, Fayez al Serraj, e il presidente dell’Assemblea di Tobruk, Aguila Saleh, hanno annunciato un cessate il fuoco congiunto. E’ la fine della guerra civile in Libia, scatenata dal generale Haftar nell’aprile 2019. Hanno persino parlato di “elezioni a marzo”. Bene, ma ora torniamo nella realtà. Le due parti, Tripoli e Tobruk, hanno fatto l’annuncio ma non sono che mere portavoci della volontà degli stati sponsor. Turchia e Qatar da una parte, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Russia dall’altra. E infatti nelle ultime settimane c’è stato un gran viavai di voli diplomatici per decidere questo annuncio nei dettagli. Se gli sponsor esterni domani decidessero di riprendere la guerra in Libia, la guerra riprenderebbe ma grazie al cielo per ora non conviene a nessuno perché c’è una situazione di sostanziale parità. Non è una pace, è uno stallo. Il risultato pratico è che la Libia rimane divisa in due e resterà così per lungo tempo. Il generale Haftar per ora non parla, del resto non può dire nulla: questo cessate il fuoco è figlio del suo fallimento, ha aggredito Tripoli con l’idea di prenderla in due giorni e poi è stato preso a calci fino a Sirte. L’uomo non ha più molti fan. Persino i suoi sponsor si stanno lambiccando per trovare un sostituto.

   

In questa storia manca l’Italia, che ormai non ha più voce in capitolo. In Libia c’è stato un momento cruciale, una finestra di opportunità di pochi mesi da cui dipendeva il futuro del paese, ma siamo stati a guardare. Era prevedibile. Non è nemmeno questione di incapacità del governo italiano di prendere una decisione: nessun governo italiano, chiunque fosse alla sua guida, potrebbe permettersi di fare quello che ha fatto la Turchia per far vincere Tripoli. Siamo stati a guardare durante la guerra, quello adesso sarà il nostro ruolo.

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