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Non siamo un bancomat

Micol Flammini

Sei città polacche che non rispettano i valori europei non riceveranno sussidi dall’Ue. Il prezzo dell’illiberalismo

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Roma. Questa settimana l’Unione europea ha dimostrato di non essere del tutto disarmata contro chi lede lo stato di diritto e non rispetta i suoi valori non negoziabili. Sei città della Polonia, che avevano mandato la loro candidatura per ricevere dei sussidi (nell’ambito dei progetti di gemellaggio del programma Europe for Citizens) hanno visto rifiutata la loro richiesta. Queste sei città – Bruxelles non ha fatto nomi ma la stampa polacca ne ha rivelati tre: Wielun, Tuchów e Wilamowice – si erano dichiarate zone “Lgbt free” e avevano impedito che sul loro territorio si facessero campagne per i diritti delle coppie omosessuali, una decisione poco conforme alle idee europee di libertà, rispetto e uguaglianza.

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Roma. Questa settimana l’Unione europea ha dimostrato di non essere del tutto disarmata contro chi lede lo stato di diritto e non rispetta i suoi valori non negoziabili. Sei città della Polonia, che avevano mandato la loro candidatura per ricevere dei sussidi (nell’ambito dei progetti di gemellaggio del programma Europe for Citizens) hanno visto rifiutata la loro richiesta. Queste sei città – Bruxelles non ha fatto nomi ma la stampa polacca ne ha rivelati tre: Wielun, Tuchów e Wilamowice – si erano dichiarate zone “Lgbt free” e avevano impedito che sul loro territorio si facessero campagne per i diritti delle coppie omosessuali, una decisione poco conforme alle idee europee di libertà, rispetto e uguaglianza.

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Secondo il bando a cui hanno partecipato, i sussidi erogati per svolgere le attività di gemellaggio – circa venticinquemila euro – devono essere utilizzati per realizzare dei progetti accessibili a tutti i cittadini europei senza alcuna discriminazione e la loro candidatura è stata quindi esclusa: dichiararsi “Lgbt free” non è certo un modo per mostrarsi delle città inclusive. Helena Dalli, il commissario europeo all’Uguaglianza, per commentare la decisione, ha scritto su Twitter: “I valori europei e i diritti fondamentali devono essere rispettati dagli stati membri e dalle autorità statali”.

  

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In questo periodo, all’interno del gruppo europeo, la Polonia è uno dei sorvegliati speciali per le questioni dei valori e dello stato di diritto: la scorsa settimana, per esempio, il ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, ha detto di volersi dissociare dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne perché presenta degli elementi di natura ideologica non conformi ai valori della nazione. L’ha definita “un’invenzione femminista per giustificare l’ideologia gay”. Ed è stato proprio Ziobro a protestare contro l’esclusione delle città dal programma di gemellaggio, ha detto che la decisione è ingiusta e il governo dovrebbe prendere dei provvedimenti con la Commissione. Gli ha risposto Didier Reynders, commissario europeo della Giustizia: “La discriminazione di qualsiasi tipo non può essere tollerata nell’Ue e i suoi valori devono essere confermati in tutti i programmi che finanzia”.

    

Qualche anno fa, quando era ancora tutto un parlare di exit, si vociferava anche di Polexit, in modo infondato visto che i polacchi non hanno mai smesso di essere europeisti. Jaroslaw Kaczynski, leader del partito nazionalista PiS che governa dal 2015, aveva tolto ogni dubbio dicendo che l’Ue è un bancomat e vale la pena restarci dentro. Queste parole avevano chiarito il rapporto fra tanti sovranisti e Bruxelles, ma l’Unione non era riuscita a rispondere alle affermazioni di Kaczynski e ha continuato a fare quello che il leader polacco si aspettava: dare soldi e rafforzare, suo malgrado, le politiche dei populisti.

   

L’Unione europea ha le sue regole, alcune sono negoziabili, ma ci sono dei valori sui quali proprio non è possibile discutere. Eppure quando lo stato di diritto viene maltrattato in Ungheria e in Polonia, l’Ue non sa cosa fare, non trova gli strumenti adeguati per far rispettare i suoi valori, dice che si sta armando, ma per il momento non è ancora pronta: la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha promesso che farà di tutto affinché nel prossimo budget pluriennale sia posto come condizionalità il rispetto dello stato di diritto. Con le sei città polacche l’Ue ha dimostrato che sa come non essere un bancomat, ha fatto vedere che le armi per proteggere i suoi valori può trovarle davvero. Chi è parte del gruppo europeo e non lo rispetta ha appena ricevuto un segnale: l’illiberalismo, dentro l’Unione, inizia ad avere un costo.

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