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La missione d’autunno della Merkel è evitare un “no deal” post Brexit

David Carretta

Dopo l'ibernazione dovuta al Covid-19, l'economia europea non può permettersi un'altra crisi. Si lavora a un'intesa da chiudere entro novembre 

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Bruxelles. Dopo lo storico accordo del Consiglio europeo sul Recovery fund, la missione impossibile di Angela Merkel sarà evitare un “no deal” con Boris Johnson sul post Brexit in autunno. L’intesa su un accordo commerciale che regoli le relazioni tra l’Unione europea e il Regno Unito dal 1 gennaio 2021 è la seconda priorità che si è fissata la cancelliera tedesca, dopo che la Germania ha assunto la presidenza di turno dell’Ue. Le trattative tra i due capi-negoziatori Michel Barnier e David Frost finora non hanno permesso passi avanti decisivi, anche se Bruxelles ha segnalato la disponibilità a diverse concessioni, mentre Londra ha mostrato una certa flessibilità su alcuni capitoli. A giugno, dopo una teleconferenza con Charles Michel e Ursula von der Leyen, Johnson aveva detto di volere un’intesa generale sulle grandi linee di un accordo entro la fine di luglio. Ma su due linee rosse fissate dall’Ue – l’allineamento del Regno Unito sulle regole della concorrenza e la pesca – è stallo. Un accordo commerciale è “improbabile”, ha avvertito Barnier la scorsa settimana, dopo l’ultima serie di discussioni con Frost: “Finché le posizioni del Regno Unito saranno bloccate, c’è un rischio obiettivo di no deal”. Il messaggio è sempre lo stesso. “L’Ue non accetterà di pagare il conto per le scelte politiche del Regno Unito”, ha detto Barnier. Il suo omologo britannico si è mostrato appena più ottimista. “Rimangono distanze considerevoli nelle aree più difficili” (parità di condizioni sulla concorrenza e pesca), ma “la mia valutazione è che ancora possibile raggiungere un accordo in settembre”, ha detto Frost.

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Bruxelles. Dopo lo storico accordo del Consiglio europeo sul Recovery fund, la missione impossibile di Angela Merkel sarà evitare un “no deal” con Boris Johnson sul post Brexit in autunno. L’intesa su un accordo commerciale che regoli le relazioni tra l’Unione europea e il Regno Unito dal 1 gennaio 2021 è la seconda priorità che si è fissata la cancelliera tedesca, dopo che la Germania ha assunto la presidenza di turno dell’Ue. Le trattative tra i due capi-negoziatori Michel Barnier e David Frost finora non hanno permesso passi avanti decisivi, anche se Bruxelles ha segnalato la disponibilità a diverse concessioni, mentre Londra ha mostrato una certa flessibilità su alcuni capitoli. A giugno, dopo una teleconferenza con Charles Michel e Ursula von der Leyen, Johnson aveva detto di volere un’intesa generale sulle grandi linee di un accordo entro la fine di luglio. Ma su due linee rosse fissate dall’Ue – l’allineamento del Regno Unito sulle regole della concorrenza e la pesca – è stallo. Un accordo commerciale è “improbabile”, ha avvertito Barnier la scorsa settimana, dopo l’ultima serie di discussioni con Frost: “Finché le posizioni del Regno Unito saranno bloccate, c’è un rischio obiettivo di no deal”. Il messaggio è sempre lo stesso. “L’Ue non accetterà di pagare il conto per le scelte politiche del Regno Unito”, ha detto Barnier. Il suo omologo britannico si è mostrato appena più ottimista. “Rimangono distanze considerevoli nelle aree più difficili” (parità di condizioni sulla concorrenza e pesca), ma “la mia valutazione è che ancora possibile raggiungere un accordo in settembre”, ha detto Frost.

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Un “no deal” sul post Brexit avrebbe gli stessi risultati del “no deal” sulla Brexit. Il 31 gennaio scorso il Regno Unito è uscito formalmente dall’Ue, ma di fatto rimane nei suoi meccanismi economici – mercato interno e unione doganale – senza impatti significativi per gli scambi, l’industria e i servizi (a cominciare da quelli finanziari). Senza un accordo commerciale, oltre ai controlli alle frontiere sulle merci, tornerebbero dazi doganali e quote. Il Regno Unito si troverebbe in una posizione più svantaggiosa di Giappone, Canada, Vietnam, Corea del sud. Anche se in misura minore, i danni si farebbero sentire anche nell’Ue. Merkel vuole evitare di ritrovarsi nella posizione di dover smontare una catena di approvvigionamento altamente integrata e trovarsi con barriere all'accesso del mercato britannico. Una nuova crisi, nel momento in cui le economie del continente cercano di riprendersi dai danni dell'ibernazione dovuta al Covid-19, è qualcosa che l'Ue non può permettersi. Johnson, invece, ha un vantaggio. E' nella posizione di nascondere i danni del “no deal” dietro a quelli del coronavirus, senza pagare un prezzo politico vero. Il sospetto che si sta diffondendo a Bruxelles è che il premier britannico preferisca la scelta populista di una rottura netta con l’Ue a un compromesso ragionevole con Bruxelles. In una riunione con gli ambasciatori europei venerdì con Barnier – spiega al Foglio una fonte europea – i 27 hanno criticato la “mancanza di realismo” da parte di Johnson.

    

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In realtà Johnson punta molto sul pragmatismo di Merkel. Spera che alla fine sarà la cancelliera a convincere gli altri 26 a chiudere un accordo commerciale minimo, senza guardare troppo alla parità di condizioni sulla concorrenza, che preservi gli interessi dell’industria tedesca, anche a costo di sacrificare la pesca così cara alla Francia (ma anche a Belgio, Olanda e Danimarca). “La presidenza tedesca dovrebbe prestare più attenzione a ciò che sta sta accadendo e essere d’aiuto”, ha detto una fonte di Downing Street dopo l’ultimo incontro tra Barnier e Frost. A Berlino rispondono che, almeno per il momento, Merkel non ha alcuna intenzione di farsi trascinare nei negoziati. “Le trattative sono condotte da Barnier. La presidenza fa la mediazione tra i 27”, spiega un diplomatico tedesco. Ma anche a Berlino riconoscono che “tra settembre e ottobre servirà più attenzione politica”. Il calendario di Barnier prevede un accordo tra negoziatori a inizio a ottobre, da sottoporre ai capi di Stato e di governo nel Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre, in modo che poi possa esserci la ratifica del Parlamento europeo in dicembre. La presidenza tedesca ritiene che l’ultima data utile per un’intesa sia “inizio novembre. Altrimenti sarà “hard Brexit”, avverte il diplomatico. L’errore di Johnson potrebbe essere di pensare che Merkel metterà gli interessi di breve periodo della Germania davanti a quelli di tutta l’Ue. Da quando ha la presidenza, la cancelliera ripete sempre lo stesso messaggio: “Continuerò a spingere per una buona soluzione, ma dobbiamo anche prepararci per la possibilità di no deal”.

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