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L'arte del compromesso. Così gli altri paesi raccontano il Recovery Fund

Luciana Grosso

L'accordo raggiunto dal Consiglio europeo accontenta i leader di tutti i 27 paesi, tra promesse, aspettative e stimoli economici. Una mappa  

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Al Portogallo arriveranno 15,3 miliardi di euro. Un buon risultato per Antonio Costa, il premier socialista che negli ultimi mesi si è tenuto defilato sia sul fronte Covid (48 mila casi e circa 1500 morti, su una popolazione di 10 milioni di abitanti), sia sul fronte degli scontri all’interno del consiglio d’Europa. La sua posizione, da sempre europeista, è guardata con grande interesse dagli osservatori e dai governi europei, in buona sostanza per due ragioni: il suo Paese sembra sia quasi del tutto indifferente alle istanze sovraniste e populiste che altrove stanno crescendo, ha un governo marcatamente socialista e, soprattutto, un’economia in crescita (si prevedeva +1,9 all’inizio del 2020, prima che esplodesse il Covid). 

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Portogallo

Al Portogallo arriveranno 15,3 miliardi di euro. Un buon risultato per Antonio Costa, il premier socialista che negli ultimi mesi si è tenuto defilato sia sul fronte Covid (48 mila casi e circa 1500 morti, su una popolazione di 10 milioni di abitanti), sia sul fronte degli scontri all’interno del consiglio d’Europa. La sua posizione, da sempre europeista, è guardata con grande interesse dagli osservatori e dai governi europei, in buona sostanza per due ragioni: il suo Paese sembra sia quasi del tutto indifferente alle istanze sovraniste e populiste che altrove stanno crescendo, ha un governo marcatamente socialista e, soprattutto, un’economia in crescita (si prevedeva +1,9 all’inizio del 2020, prima che esplodesse il Covid). 

  

Spagna

La Spagna, secondo maggiore destinatario dopo l'Italia, riceverà quasi 140 miliardi di euro (tra prestiti e sussidi) nei prossimi sei anni, l'importo equivalente all'11,2% del Pil nel 2019. Sembra un successo, e in parte lo è. Ma per il premier Pedro Sanchez
potrebbe trasformarsi in una enorme gatta da pelare: il suo governo di coalizione si regge sulla fragile alleanza con Unidos Podemos che potrebbe mettersi di traverso rispetto alle riforme (soprattutto quelle del lavoro) chieste dall’Ue. In particolare: Unidos Podemos esige l’aborgazione della riforma del lavoro compiuta del governo di Mariano Rajoy, accontentarli, una volta accettato il Recovery Fund, per Sanchez potrebbe essere assai difficile.

   

Eire

Per la Repubblica di Irlanda il bottino potrebbe sembrare magro, 1,8 miliardi, ma non lo è: l’Eire ha infatti avuto accesso a un fondo di riserva da 5 miliardi di euro disponibile per i settori e i paesi più colpiti dalla Brexit. Si stima che l’economia irlandese possa essere la più penalizzata dall’uscita del Regno Unito dall'Ue e l’accesso a questo fondo servirà ad arginarli. Questo, più ancora dei fondi per la crisi Covid (piuttosto blando sull’isola: 25 mila casi, 1700 morti su una popolazione di 5 milioni di persone) era quello che stava a cuore agli irlandesi. Lo hanno avuto.

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Francia

Tutti contenti a Parigi, per due ragioni. La prima è tutta politica e riguarda Emmanuel Macron che è riuscito a confermare il suo ruolo di leader europeista, può candidarsi alla carica di leader più importante d’Europa nel caso in cui Angela Merkel si ritiri davvero, e porta a casa un bottino abbastanza ricco da poter tacitare, almeno per un po’, lepenisti e fautori di Frexit. La seconda è economica: 40 miliardi che, ha come ha già detto Gabriel Attal, portavoce del governo, finanzieranno le "principali priorità" del piano francese e l’ambizioso piano di riforme di EM, a partire dalla spinosa faccenda pensioni.

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Belgio

Per il Belgio vale un discorso simile a quello dell’Irlanda. Un bottino piuttosto magro (circa 5 miliardi) ma l’accesso al fondo di
garanzia anti Brexit, che al Belgio stava particolarmente a cuore. Detto questo, la faccenda, fuori dai palazzoni di cristallo dell’Ue
sembra non essere al centro dell’agenda di Bruxelles (nel senso di capitale del Belgio, non d’Europa) tanto che il principale giornale nazionale, Le Soir, dedica all’accordo solo un taglio basso sulla homepage del suo sito.

   

  

Olanda

Qui hanno fatto proprio tombola: Mark Rutte è passato alla storia e si è autonominato leader dei frugali, quei paesi che sarebbe inesatto definire anti Ue e sovranisti, ma potrebbero diventarlo. Sono i Paesi che, pur volendo restare nell’Unione europea, vogliono dare meno soldi al bilancio comune e vogliono avere voce in capitolo su come i singoli paesi spendono i fondi. L’Olanda ha ottenuto entrambe le cose. Due vittorie importanti, assai più dei 6 miliardi di fondi cui avrà accesso. Potrebbe esserci un rinculo, nell’ipotesi che l’Ue voglia stringere i rubinetti della gestione fiscale dell’Olanda, ma chi vivrà vedrà.

  

Lussemburgo

Il piccolo e ricco stato porterà a casa circa 300 milioni. Più una mancia che altro. Passeranno alla storia di questo vertice per il loro premier, Xavier Bettel, tornato a casa a cambiarsi tra una riunione e l’altra.

  

Germania

La vittoria politica non si discute, perché c’è Angela Merkel di mezzo e non c’è niente da dire. Quella economica, comunque, non è da poco, perché oltre ad averla sfangata con il Covid, la Germania porta a casa anche un ‘rebate’, uno sconto sul suo contributo al bilancio europeo. E circa 30 miliardi di grants.

  

Austria

Il poliziotto cattivo della coppia Rutte-Kurtz, oggi esulta: la linea tenuta dai frugali come lui è riuscita a istituire un sistema di
vigilanza sulla spesa dei fondi e, allo stesso tempo a mettere in salvo le economie di Francia, Italia e Spagna, evitando di mandare a scatafascio l’Ue. Ma non è tutto. Dopo quattro giorni di dibattito può presentarsi ai suoi elettori dicendo loro di aver portato a casa il raddoppio dei rebates: l’Austria riceverà un rimborso di 565 milioni di euro, il doppio del 237 milioni previsti.

   

Italia

Conte esulta, e fa bene: ha portato a casa più soldi di quanti i suoi predecessori avrebbero mai potuto sognarne, in patria la sua popolarità è alle stelle e le armi dell’opposizione sovranista appaiono spuntate. Gli consigliamo di goderseli questi giorni di gloria, perché per averli davvero, i soldi, dovrà presentare dei progetti concreti entro ottobre e attuare un piano di riforme efficaci (anche se probabilmente impopolari) entro i prossimi anni. Non sarà facile.

   

Polonia

Il fatto stesso che un paese con serie difficoltà di democrazia e stato di diritto come la Polonia abbia accesso normalmente ai fondi Recovery (tra l’altro una buona fetta: circa 30 miliardi di grants, il quarto maggior beneficiario, dopo Italia, Spagna e Francia) segna una capitolazione dell’Ue, che pur di portare avanti un accordo, china il capo dinanzi a chi nega i suoi valori più fondamentali. Sarà per la prossima volta.

  

Lettonia

La Repubblica di Lettonia ha spuntato circa 3 miliardi di fondo recovery, che si sommeranno ai circa 7 previsti dal bilancio. In tutto fa 10.

  

Estonia

Per l’Estonia arriveranno dal Recovery Fund circa 1,5 miliardi, che si sommeranno ai circa 7 previsti dal bilancio a lungo 2021-2027. Il primo ministro estone Jüri Ratas ha commentato gongolante: “Per ogni euro pagato dall'Estonia all'Ue nei prossimi sette anni, l'Estonia riceverà indietro da 2,8 a 3,5 euro”.

  

Lituania

Sono circa 2,5 i miliardi di fondi recovery cui la Lituania potrebbe avere accesso.

  

Danimarca

Stato frugale, ha portato a casa, come gli altri, un significativo aumento dei rebates, e si stima, riceverà indietro 322 milioni di euro l’anno, circa un terzo in più dei 197 milioni che riceveva sino ad ora.

  

Svezia

Paese storicamente frugale, la Svezia, porta a casa poco più di 4 miliardi di fondi, uno sconto sul budget, a fronte del quale le saranno restituiti 1,06 miliardi invece dei 798 milioni previsti e un’importante vittoria politica. Soprattutto per un paese che aveva detto che il Covid non era poi un gran problema.

  

Finlandia

Unitasi in corso d'opera al fronte dei frugali, la Finlandia porta a casa poco più di tre miliardi di fondi e una pesante verità politica: non basta avere una giovane premier donna, figlia di una coppia di lesbiche, socialista, brillante e simpatica per stare per forza dalla parte della spesa pubblica e della solidarietà. La sinistra italiana in cerca di leader stranieri da venerare a prescindere, prenda appunti.

  

Repubblica Ceca

Il paese del gruppo di Visegrad porterà a casa circa 15 miliardi tra sussidi e prestiti. La notizia è stata salutata con entusiasmo dal premier Andrej Babis, uno dei politici più opachi dell’intera Unione. Fossimo in Mark Rutte, vigileremmo con pignoleria.

  

Slovacchia

La Slovacchia riceverà 7,5 miliardi di euro dal fondo di recupero. Il premier, l’euroscettico Igor Matovič, ha commentato “Questa non è una buona notizia, è una notizia fantastica!”, per dire l’andazzo.

   

Ungheria

L’Ungheria si alza dal tavolo con un accesso al fondo per circa 10 miliardi, ma soprattutto con la cosa che a Viktor Orban stava più a cuore: il fatto che in Ue c’è ancora chi gli rivolge parola e anzi sembra disposto a rivedere l’attivazione dell’articolo 7, mandandolo di fatto assolto. Una capitolazione, quella dell’Ue sui diritti e sulla democrazia in Ungheria, di cui, davvero, un giorno la storia chiederà il conto.

  

Romania

Sono circa 20 i miliardi che porta a casa la Romania, a cui si sommano quelli previsti dal budget Ue, per un totale di 80 miliardi. Il presidente Klaus Iohannis ha detto che quei soldi saranno usati per rilanciare l'economia e ricostruire le infrastrutture, principalmente scuole e ospedali.

   

Bulgaria

Si racconta che, durante una delle cene del vertice, il premier bulgaro Boyko Borisov abbia alzato la voce con Mark Rutte accusandolo di voler fare "la polizia europea, arrogandosi il diritto di decidere se i piani di riforma nazionali dei paesi fossero abbastanza ambiziosi da giustificare il sostegno finanziario dell'Ue" e ha detto che mai avrebbe acconsentito. Invece, alla fine, sì. Con l’aiuto di poco meno di 9 miliardi.

  

Slovenia

Il paese più giovane dell’Ue porta a casa circa 6 miliardi di grants.

  

Croazia

Per la repubblica di Croazia, il recovery fund mette a disposizione circa 7 miliardi a fondo perduto. La decisione è stata salutata dal premier croato Andrej Plenkovć come una vittoria, soprattutto contro il forte fronte sovranista del suo paese: “Le conseguenze di questa crisi causata dal coronavirus sono senza precedenti ed è proprio in momenti come questo che deve uscire fuori la solidarietà, l’unità e la leadership europea – ha detto –. Il Fondo per la Ripresa dimostra ancora una volta quanto sia importante fare parte dell’Unione europea, nonostante qualcuno non la pensi in questo modo”.

  

Grecia

Chissà che pensano i greci della grande crisi, ora che vedono che l’Europa, volendo, può non essere solo rigore, ma anche solidarietà. Questa volta la Grecia incassa l’accesso a circa 20 miliardi di euro e giura di farne buon uso: "Non abbiamo intenzione di spargere i soldi con l'atteggiamento spensierato del nuovo ricco – ha detto il primo ministro Kyriakos Mitsotakis –. Non abbiamo intenzione di sprecare questo significativo capitale europeo a nostra disposizione. Lo investiremo a beneficio di tutti i greci". Prosit.

  

Cipro

Cipro porta a casa 1,25 miliardi di euro dal recovery fund, ma soprattutto una promessa politica importante: “Occhio alla Turchia”. La faccenda è parecchio complicata e spinosa. Cipro e Turchia si detestano, l’Ue per la questione migranti gira (un sacco di) soldi alla Turchia. Cipro vuole che Bruxelles la pianti, ma non si può, perché altrimenti Recep Erdogan apre i confini. Di questa storia sentiremo ancora parlare.

   

Malta

La sintesi di quanto successo con Malta la lasciamo al Corriere di Malta, il notiziario in lingua italiana dell’isola: “Malta, dal canto suo, riceverà il più importante stimolo economico della sua storia”. 2,25 miliardi in sette anni. Chissà che non ne facciano buon
uso.

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