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Due fantastici vaccini europei

Claudio Cerasa

Le notizie che arrivano da Oxford e Pomezia fanno ben sperare per combattere il Covid-19. Le notizie sul Recovery fund fanno ben sperare per combattere il virus degli egoismi nazionali. Viva le riunioni fiume d’Europa, argine ai nuovi populismi

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Le buone notizie arrivate ieri dall’Europa sul tema dei vaccini sono due e sono entrambe entusiasmanti. Le due notizie hanno a che fare con due mondi distanti l’uno dall’altro ma in entrambi i casi offrono ragioni per osservare il futuro con qualche dose di ottimismo. " target="_blank" rel="noopener">La prima notizia arriva dallo Jenner Institute della Oxford University che ha comunicato, attraverso una pubblicazione su Lancet, di aver indotto, con la collaborazione dell’azienda biotech italiana Irbm di Pomezia, “una forte risposta immunitaria e anticorporale fino al cinquantaseiesimo giorno della sperimentazione in corso”. Se la sperimentazione del vaccino europeo (molti cuori) continuerà a offrire buoni risultati, una prima somministrazione limitata alle categorie più a rischio potrebbe iniziare a ottobre ed è possibile, come annunciato giorni fa proprio a questo giornale dal ministro della Salute Roberto Speranza, che tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 ci possa essere una distribuzione più allargata. " target="_blank" rel="noopener">La seconda notizia è quella che arriva da un altro angolo dell’Europa, ovvero da Bruxelles, e in particolare dalle stanze del Consiglio europeo, dove le lunghissime, meravigliose e interminabili riunioni tra i capi di stato e di governo hanno contribuito a iniettare negli organismi europei una discreta quantità di anticorpi utili a proteggere gli stati membri dal più pericoloso tra i virus politici presenti oggi nel nostro continente: gli istinti nazionalistici e gli egoismi nazionali.

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Le buone notizie arrivate ieri dall’Europa sul tema dei vaccini sono due e sono entrambe entusiasmanti. Le due notizie hanno a che fare con due mondi distanti l’uno dall’altro ma in entrambi i casi offrono ragioni per osservare il futuro con qualche dose di ottimismo. " target="_blank" rel="noopener">La prima notizia arriva dallo Jenner Institute della Oxford University che ha comunicato, attraverso una pubblicazione su Lancet, di aver indotto, con la collaborazione dell’azienda biotech italiana Irbm di Pomezia, “una forte risposta immunitaria e anticorporale fino al cinquantaseiesimo giorno della sperimentazione in corso”. Se la sperimentazione del vaccino europeo (molti cuori) continuerà a offrire buoni risultati, una prima somministrazione limitata alle categorie più a rischio potrebbe iniziare a ottobre ed è possibile, come annunciato giorni fa proprio a questo giornale dal ministro della Salute Roberto Speranza, che tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 ci possa essere una distribuzione più allargata. " target="_blank" rel="noopener">La seconda notizia è quella che arriva da un altro angolo dell’Europa, ovvero da Bruxelles, e in particolare dalle stanze del Consiglio europeo, dove le lunghissime, meravigliose e interminabili riunioni tra i capi di stato e di governo hanno contribuito a iniettare negli organismi europei una discreta quantità di anticorpi utili a proteggere gli stati membri dal più pericoloso tra i virus politici presenti oggi nel nostro continente: gli istinti nazionalistici e gli egoismi nazionali.

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Al di là dei dettagli dell’accordo finale, che con ogni probabilità non sarà ancora del tutto finale, le discussioni-fiume intorno al tema del Recovery fund sono state come dei formidabili spot contro il nazionalismo per almeno tre ragioni diverse. La prima ragione ha a che fare con una garanzia importante che, anche grazie ai cosiddetti paesi frugali, sarà contenuta all’interno delle regole del Recovery fund: le risorse che paesi come l’Italia riceveranno non saranno poche ma come ha sintetizzato bene ieri Matteo Renzi saranno vincolate alla realizzazione di progetti che saranno più simili al Jobs Act (riforme strutturali) e meno simili a quota 100 (avercene di queste condizionalità). La seconda ragione ha a che fare invece con un meccanismo implicito che verrà generato dalla creazione del Recovery fund e che è relativo a un tema solo apparentemente secondario: grazie ai miliardi del Piano Marshall europeo (a proposito: anche il Piano Marshall originale, quello del 1947, venne costruito con alcune condizionalità, utili a spingere i paesi europei ad avviare un processo di trasformazione strutturale delle proprie economie) alla Bce verrà ridata la possibilità di tornare a fare il suo mestiere, di non essere caricata eccessivamente di compiti impropri e di utilizzare così i suoi scudi protettivi solo nei momenti di vera necessità e avere una Bce non eccessivamente tirata per la giacchetta dalla politica aiuterà l’Europa ad avere più munizioni da usare nei momenti di difficoltà. La terza ragione ha a che fare invece con la natura stessa del meccanismo che verrà utilizzato per erogare i miliardi del Recovery fund. E la questione che gli ingranaggi che verranno azionati siano all’interno del Consiglio europeo e non all’interno della Commissione può essere intesa come una notizia non positiva per chi vorrebbe un’Europa ancora più veloce (anche se essere riusciti a fare negli ultimi quattro mesi ciò che non si era riusciti a fare negli ultimi dieci anni non è un risultato da buttare via) ma può essere intesa invece come una notizia estremamente positiva se si pensa a ciò che implica questo passaggio: i paesi che vorranno utilizzare i soldi del Recovery lo dovranno fare ricordandosi che l’uso di quei soldi sarà legato anche alla capacità di ciascun paese di non isolare se stesso dal resto dell’Europa. E in fondo, il senso politico delle immagini relative alle riunioni-fiume osservate in questi giorni a Bruxelles è tutto qui. E’ nell’idea che esista uno spazio condiviso all’interno del quale si può litigare, partendo da posizioni anche distanti l’una dall’altra, ma dove alla fine raggiungere un compromesso è nell’interesse di tutti. E lo è anche di tutti coloro che pur trescando con i vari nazionalismi europei (che tenerone Orbán che invia un sms all’amico Salvini per dire che l’Ungheria non sta dalla parte dei paesi che vorrebbero fare la pelle all’Italia di Conte) sanno che anche le nazioni meno europeiste hanno bisogno dell’Europa per essere protette e provare a crescere. E in questo senso, comunque andrà a finire, l’operazione del Recovery fund renderà l’Europa un posto sempre meno vivibile per tutti coloro che predicano le virtù dell’isolazionismo, per tutti coloro che sognano di poter avere un’Europa reversibile, per tutti coloro che sognano di poter avere un euro più debole, per tutti coloro che sognano di poter dimostrare che l’Europa è un soggetto immobile incapace di prendere decisioni utili a salvaguardare gli interessi di ciascun paese.

   

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Il meccanismo si studierà, i miliardi si conteranno, le condizionalità si peseranno ma ciò che resterà di queste lunghe riunioni tra i capi di stato e i capi di governo è un concetto che vale come un vaccino politico: il Recovery fund renderà il populismo nazionalista ancora meno compatibile con lo spirito europeo. E se un giorno ci dovesse essere un qualcuno deciso a rompere gli schemi della solidarietà europea per quel qualcuno sarà complicato dimostrare che il vero egoismo è quello praticato dall’Europa e non da chi l’Europa la vuole distruggere solo per non perdere la faccia su Twitter.

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