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Tamponi di purezza. Anche il silenzio adesso è violenza

Paola Peduzzi

Un impazzimento generale. Dopo le proteste americane, la comparsa del BLM, è scattata la caccia per stanare chi non si schiera

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Devi scegliere da che parte stare, con me o contro di me, non sono ammesse sfumature né cautele. Mentre in America (e anche in Europa) si protesta per tantissime ragioni, o si prende l’intero pacchetto o lo si rifiuta, chi sta in mezzo è per forza un collaborazionista o un traditore o comunque uno da mandare al rogo.

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Devi scegliere da che parte stare, con me o contro di me, non sono ammesse sfumature né cautele. Mentre in America (e anche in Europa) si protesta per tantissime ragioni, o si prende l’intero pacchetto o lo si rifiuta, chi sta in mezzo è per forza un collaborazionista o un traditore o comunque uno da mandare al rogo.

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Il pacchetto comprende (l’elenco non è esaustivo): i poliziotti killer, i loro colleghi, i sindacati della polizia, la polizia stessa, le statue della Confederazione (ma anche Cristoforo Colombo), il razzismo sistemico, il neocolonialismo, il neoliberismo e il capitalismo. E’ un pacchetto enorme e variegato, difficile trovare l’unanimità, eppure è quel che si va cercando: o con me o contro di me, scegli.

 

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Conor Friedersdorf, giornalista dell’Atlantic che abita in California e si definisce libertario, ha pubblicato un lungo elenco degli “eccessi notevoli” cui ci siamo trovati di fronte nelle ultime settimane mentre da una parte e dall’altra del dibattito si cercava un’unanimità impossibile e brutale tra chi protesta e chi è contro le proteste, senza sfumature né cautele.

 

C’è l’economista dell’Università di Chicago Harald Uhlig che scrive su Twitter: le proteste di Black Lives Matter “si sono autosilurate” abbracciando la richiesta di abolire la polizia, e molti colleghi organizzano una petizione contro di lui per levargli la direzione del giornale dell’università. E’ intervenuta persino la Federal Reserve di Chicago dicendo che avrebbe tagliato tutti i legami con il professore perché i suoi commenti erano “incompatibili con il suo impegno a garantire uguaglianza, inclusione e diversity”.

 

C’è la preside di una scuola pubblica del Vermont che ha scritto su Facebook: “Mentre voglio sostenere BLM, non penso che le persone debbano essere messe nella condizione di dover scegliere tra la razza nera e la razza umana”. Nonostante fosse molto apprezzata, il board della scuola ha ritenuto che “l’equivoco lampante” sul movimento BLM della preside fosse troppo grande, e l’ha rimossa dall’incarico.

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Di esempi ce ne sono molti altri, ma Friedersdorf introduce anche un’altra categoria di “eccessi notevoli” che comprende i silenziosi, quelli che tacciono e osservano. Uno slogan della protesta che si vede spesso è: “Silence is violence”, il silenzio è violenza, non puoi stare zitto, devi scegliere, perché se taci stai sicuramente con gli altri. In questo gruppo ricade la lista intitolata “Theaters not speaking out”, quattrocento teatri che non hanno dichiarato pubblicamente la loro rabbia per “le ingiustizie contro le persone di colore”. L’autrice della lista ha detto di essere contenta perché, una volta reso pubblico lo scempio, molti teatri hanno rilasciato comunicati promettenti, come a dire: bisogna imporre la scelta, bisogna stanare chi non si schiera (forse per i teatri non era una priorità, questa, considerando che rischiano di chiudere, quando non l’hanno già fatto, a causa della pandemia).

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In questo gruppo c’è anche la Tattered Cover, una libreria di Denver che ha spiegato la propria neutralità, “quasi cinquant’anni in cui non ci siamo schierati nel dibattito pubblico” perché anche proclamando “verità semplici e inalterabili” può mettere a rischio la loro missione: “Fornire un luogo in cui l’accesso alle idee, il libero scambio delle idee possono avvenire senza alcuna inibizione”. Ma il silenzio è violenza, anche la neutralità, così alcuni autori hanno chiesto di non voler vedere mai più i propri libri alla Tattered Cover e così i proprietari hanno finito per scusarsi dicendo: “Stare in silenzio è essere complici”.

 

La ricerca del consenso unanime, la continua richiesta: scegli, con me o contro di me e la rappresaglia contro chi non si schiera o rivela un certo dissenso sono diventati un fenomeno così comune che a tratti non ce ne accorgiamo nemmeno. Dev’essere anche che il termine che sintetizza questo fenomeno – la polarizzazione – è usato per qualsiasi cosa e finisce per perdere i suoi tratti spaventosi.

 

Così a furia di cancellare le cautele e le sfumature, a furia di pretendere che la lotta al razzismo sistemico sia anche lotta contro Cristoforo Colombo, perché se chiedi che la polizia smetta di uccidere senza motivo non è abbastanza, devi volere di più, si finisce per non ottenere nulla. Siamo qui in ebollizione permanente, insofferenti e intransigenti, alla continua ricerca di dimostrazioni di appartenenza o di risultati positivi al test di purezza, e poi rischiamo di risvegliarci uguali a prima, con me o contro di me o senza nessuno.

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