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Per la prima volta l’elezione del capo dell’Eurogruppo è una faccenda molto politica (e agitata)

David Carretta

La spagnola Nadia Calviño, l’irlandese Paschal Donohoe e il lussemburghese Pierre Gramegna hanno presentato la loro candidatura

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Bruxelles. Per la prima volta dalla creazione dell’Eurogruppo, i ministri delle Finanze della zona euro oggi si trovano di fronte a un’elezione politica nella scelta del successore di Mario Centeno come loro presidente, in un voto a scrutinio segreto che si annuncia più incerto che mai. La spagnola Nadia Calviño, l’irlandese Paschal Donohoe e il lussemburghese Pierre Gramegna hanno presentato la loro candidatura, dopo che il portoghese ha annunciato le dimissioni da ministro delle Finanze per andare a presiedere la Banca centrale del Portogallo. Centeno, così come i suoi predecessori, il lussemburghese Jean-Claude Juncker e l’olandese Jeroen Dijssebloem, era stato eletto senza troppa concorrenza a seguito di intese che tenevano conto di equilibri geografici e politici nella ripartizione delle cariche anche in altre istituzioni, come la Commissione, la Banca centrale europea o l’Euro Working Group. Questa volta la tempistica dell’uscita di Centeno, il profilo diverso dei tre candidati e gli obiettivi che hanno fissato nei loro programmi rendono l’elezione un voto sulla direzione politica che prenderà la zona euro negli anni a venire. Calviño è il voto per gli stimoli senza guardare troppo al debito. Quello a Donohoe è il voto per reintrodurre rigore e disciplina. Gramegna è il compromesso che rischia di far restare l’Eurogruppo quello che è diventato con Centeno: un’istituzione debole, dove si discute molto, ma si conclude poco.

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Bruxelles. Per la prima volta dalla creazione dell’Eurogruppo, i ministri delle Finanze della zona euro oggi si trovano di fronte a un’elezione politica nella scelta del successore di Mario Centeno come loro presidente, in un voto a scrutinio segreto che si annuncia più incerto che mai. La spagnola Nadia Calviño, l’irlandese Paschal Donohoe e il lussemburghese Pierre Gramegna hanno presentato la loro candidatura, dopo che il portoghese ha annunciato le dimissioni da ministro delle Finanze per andare a presiedere la Banca centrale del Portogallo. Centeno, così come i suoi predecessori, il lussemburghese Jean-Claude Juncker e l’olandese Jeroen Dijssebloem, era stato eletto senza troppa concorrenza a seguito di intese che tenevano conto di equilibri geografici e politici nella ripartizione delle cariche anche in altre istituzioni, come la Commissione, la Banca centrale europea o l’Euro Working Group. Questa volta la tempistica dell’uscita di Centeno, il profilo diverso dei tre candidati e gli obiettivi che hanno fissato nei loro programmi rendono l’elezione un voto sulla direzione politica che prenderà la zona euro negli anni a venire. Calviño è il voto per gli stimoli senza guardare troppo al debito. Quello a Donohoe è il voto per reintrodurre rigore e disciplina. Gramegna è il compromesso che rischia di far restare l’Eurogruppo quello che è diventato con Centeno: un’istituzione debole, dove si discute molto, ma si conclude poco.

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Calviño è considerata da molti osservatori come la favorita. Ministra di un governo socialista, ex alta funzionaria della Commissione europea, la spagnola ha il vantaggio di essere donna. Una sua elezione andrebbe a completare il trio rosa della leadership economica europea con Ursula von der Leyen e Christine Lagarde. Calviño ha il sostegno dei paesi del club Med – Francia, Italia, Portogallo, Malta – ma anche della Germania. “Non è un segreto che c’è sostegno per la candidatura di Nadia Calviño nel governo tedesco”, ha detto Angela Merkel in un’intervista a una serie di giornali europei. Tuttavia “non decido io. Tocca all’Eurogruppo decidere”. E il profilo neokeynesiano che Calviño ha voluto dare alla sua candidatura rappresenta anche il suo principale handicap. La sua lettera programmatica di sei pagine è infarcita di passaggi che non sono piaciuti ai paesi del nord, come “la necessità di evitare di ritirare le politiche di sostegno troppo presto” o la revisione del Patto di Stabilità considerata una “opportunità unica” per introdurre nuovi obiettivi in termini di “occupazione di qualità” e “creazione di posti di lavoro”. Così il fronte dei paesi rigoristi si è organizzato lanciando una contro-campagna a favore dell’irlandese Donohoe.

 

 

Risvegliandosi da un lungo letargo, martedì l’account twitter della Lega Anseatica – una coalizione formata da Olanda, Irlanda, Finlandia Estonia, Lituania, Lettonia – ha pubblicato un messaggio criptico, ma chiarissimo per gli addetti ai lavori. “Scegli 3 per cento. Scegli Mes. Scegli Patto di Stabilità e Crescita. Scegli Aqr (il risanamento dei bilanci delle banche, ndr). Scegli Cac (la ristrutturazione del debito, ndr). Scegli riforme. Scegli resilienza. Scegli saggiamente. Il 9 luglio Make Eurogroup Great Again”. Anche se in modo meno esplicito, nella sua lettera Donohoe ha promesso di muoversi nella stessa direzione. L’Eurogruppo deve avere un “ruolo più politico”, compreso nella gestione del Recovery fund. “La responsabilità prima per la gestione delle nostre economie deve continuare a restare a livello nazionale”. Secondo Donohoe, dopo il liberi tutti dovuto alla crisi Covid-19, “è importante concordare un percorso per tornare alle regole sugli aiuti di stato e al Patto di stabilità e crescita nel medio termine”. L’Austria ha già annunciato che voterà per lui. La Slovacchia potrebbe fare altrettanto.

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Il lussemburghese Gramegna si è presentato come un possibile compromesso tra Calviño e Donohoe. “Sono pienamente consapevole della diversità di punti di vista su tutte le questioni”, ha scritto nella sua lettera: “Cercherò di identificare la via di mezzo che ci accomuna”. Gramegna è nettamente sfavorito, anche se il Benelux voterà per lui: scommette in uno stallo al primo turno. Per essere eletto presidente dell’Eurogruppo servono dieci voti su 19 ministri. Calviño spera di arrivarci al primo turno, ma non sembra avere i numeri. Donohoe appare più forte tra i molti paesi piccoli. Al ballottaggio tutto è possibile. Comunque andrà l'elezione del nuovo presidente mostra un Eurogruppo più spaccato che mai.

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