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Merkel accoglie Rutte e tra “disciplina e parsimonia” scopre il prezzo di un “sì”

Micol Flammini

Il premier olandese usa le negoziazioni europee per fini interni, ma anche lui sa che bisogna arrivare a un compromesso

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Roma. A febbraio, quando i capi di stato e di governo si erano incontrati a Bruxelles per discutere il bilancio pluriennale, e se ne erano tornati a casa senza nulla di fatto, si diceva che Angela Merkel si fosse infastidita per “il comportamento infantile” del premier olandese. Il coronavirus non era ancora un affare europeo e discutere del budget era, come ora, una questione di fazioni. I frugali di qua e gli amici della coesione di là. C’erano più sfumature di adesso, i semifrugali e i defilati, ma discutere di denaro non era ancora una questione legata alla sopravvivenza dell’Unione europea, ma già in quei giorni la cancelliera non vedeva bene l’atteggiamento di Mark Rutte, che dei frugali è il capo informale.

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Roma. A febbraio, quando i capi di stato e di governo si erano incontrati a Bruxelles per discutere il bilancio pluriennale, e se ne erano tornati a casa senza nulla di fatto, si diceva che Angela Merkel si fosse infastidita per “il comportamento infantile” del premier olandese. Il coronavirus non era ancora un affare europeo e discutere del budget era, come ora, una questione di fazioni. I frugali di qua e gli amici della coesione di là. C’erano più sfumature di adesso, i semifrugali e i defilati, ma discutere di denaro non era ancora una questione legata alla sopravvivenza dell’Unione europea, ma già in quei giorni la cancelliera non vedeva bene l’atteggiamento di Mark Rutte, che dei frugali è il capo informale.

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Giovedì si sono incontrati a Berlino, è stato lui ad andare da lei contrariamente a quanto fatto finora: nelle scorse settimane il primo ministro olandese ha ricevuto alla sua corte Emmanuel Macron e Charles Michel e la prossima sarà la volta di Pedro Sánchez e di Giuseppe Conte. A Berlino l’argomento era sempre lo stesso, Merkel e Rutte si sono visti per parlare del Recovery fund, il piano di ripresa da 750 miliardi di euro proposto dalla Commissione per aiutare le economie europee più colpite dal coronavirus, che sarà al centro del Consiglio europeo del 17 e 18 luglio. L’argomento è caro alla Merkel, convinta che dalla decisione comune di salvare l’economia europea con misure straordinarie dipenda il futuro di tutta l’Ue. Rutte invece è determinato a non concedere troppo, vuole che il piano si regga sui prestiti e non sui contributi e giovedì a Berlino ha ripetuto le parole “disciplina e parsimonia”.

 

 

Rutte è l’uomo da convincere e il via vai di leader all’Aia, arrivati per agevolare un compromesso, gli è piaciuto molto. Lo aiuta anche sul fronte interno, il prossimo anno ci saranno le elezioni e il suo partito con questa crisi e questa fermezza contro il piano dell’Ue sta incrementando i consensi. Gli piace questo corteggiamento, gli piace dettare il ritmo degli incontri e soprattutto Rutte è contento che il ruolo che un tempo era del Regno Unito – battersi per un budget più modesto e avanzare pretese per i rebate, gli sconti per quei paesi che contribuiscono di più – adesso sia passato ai Paesi Bassi. Secondo alcuni analisti non è un bel segnale per l’Unione, gli olandesi hanno spesso fatto resistenze nei negoziati europei ma, come hanno notato diversi osservatori, questa volta si ha la sensazione che si stiano spingendo oltre. Mark Rutte si è riscoperto all’improvviso in una posizione di forza anche con i suoi alleati naturali o con chi, come Emmanuel Macron, era convinto di poter utilizzare il suo rapporto preferenziale e l’appartenenza alla stessa area politica per poterlo convincere. I Paesi Bassi vogliono che i paesi beneficiari attuino riforme economiche, fiscali, pensionistiche e vogliono che le tranche di denaro vengano rilasciate soltanto ai governi che mantengono le promesse, è questo quanto è emerso dalla conferenza degli ambasciatori dell’Ue di mercoledì. Come ha raccontato il Financial Times: per Rutte il prezzo da pagare per una maggiore solidarietà finanziaria è un maggior coinvolgimento negli affari nazionali dei singoli paesi. Durante la visita di Macron, ha raccontato il quotidiano britannico, mentre i due leader scamiciati cenavano e si facevano scattare fotografie, tra un sorriso e l’altro, Rutte continuava a chiedere al presidente francese come intendesse riformare il mercato del lavoro e quando avesse intenzione di riprendere in mano la riforma delle pensioni, tanto contestate dai francesi. Il premier greco Mitsotakis ha già detto che non è pronto ad accettare nessun monitoraggio: la Grecia è cresciuta e sa quali riforme fare.

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In Europa tutti e ventisette i leader sanno già che un compromesso dovrà essere trovato, ne va della stabilità di tutti e nei giorni che conducono al vertice del 17 e 18 luglio, ognuno cerca di imporre il suo ritmo. Ballare con Rutte in questo momento non è facile, ma anche il primo ministro olandese sa che c’è bisogno di un accordio, qualcosa dovrà cedere anche lui. I capricci che tanto funzionano con gli olandesi rischiano di stancare gli europei, anche qualche frugale.

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