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Lo strano caso dei grillini, amici della Cina in Italia ma anticinesi in Europa

Giulia Pompili

Tiziana Beghin, capo delegazione del M5s all'Europarlamento, spiega perché difficilmente l'Ue chiuderà entro il 2020 il negoziato con Pechino per l'accordo sugli investimenti: "C'è un problema di reciprocità", dice

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La guerra commerciale e di propaganda tra America e Cina, la pandemia, il nuovo protezionismo. E' un momento particolarmente complicato, dice al Foglio Tiziana Beghin, eurodeputata del Movimento cinque stelle sin dal 2014 e capo delegazione a Bruxelles del partito al governo, in Italia, con il Pd. “Josep Borrell ha proposto l'Europa come una terza via, un ruolo di mediazione per chi non vuole essere costretto a scegliere tra America e Cina, ma non è facile, non c'è solo una nuova Guerra fredda ma anche una guerra commerciale che ci tocca direttamente”.

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La guerra commerciale e di propaganda tra America e Cina, la pandemia, il nuovo protezionismo. E' un momento particolarmente complicato, dice al Foglio Tiziana Beghin, eurodeputata del Movimento cinque stelle sin dal 2014 e capo delegazione a Bruxelles del partito al governo, in Italia, con il Pd. “Josep Borrell ha proposto l'Europa come una terza via, un ruolo di mediazione per chi non vuole essere costretto a scegliere tra America e Cina, ma non è facile, non c'è solo una nuova Guerra fredda ma anche una guerra commerciale che ci tocca direttamente”.

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Il governo americano di Donald Trump minaccia nuovi dazi contro l'Europa come conseguenza della disputa tra Airbus e Boeing: “L'Ue deve fare i propri interessi. Stiamo lavorando per difendere le nostre imprese”. Però le cose con Pechino non vanno altrettanto bene: “Noi vorremmo fare progressi sull'accordo per gli investimenti, ma anche durante l'ultimo vertice sono cadute le speranze di siglarlo entro la fine dell'anno. Manca l'ambizione, e ci preoccupa il vero, solito problema: quello della reciprocità”. Chi è che si oppone alla reciprocità? “La Cina”.

 

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Eppure il dialogo con l'Unione europea sembra importantissimo, almeno ufficialmente, per Pechino: in un intervento pubblicato lunedì dal Sole 24 ore, l'ambasciatore cinese in Italia, Li Junhua, ribadisce che c'è la volontà di “concludere entro quest'anno il negoziato per l'accordo sugli investimenti”. Ma ha detto pure che Cina ed Europa devono dialogare nonostante ci siano “differenze su aspetti come i sistemi sociali o le visioni valoriali”.

  

 

A febbraio Beghin, al momento della ratifica dell'accordo commerciale tra Ue e Vietnam, aveva proposto di rinviare la firma fino a quando Hanoi non avesse fatto “passi concreti” sul lato dei diritti umani. E allora, non si applica lo stesso principio con la Cina? “La Cina ha una realtà molto differente. Noi non abbiamo mai aperto a un trattato commerciale con Pechino”, dice l'europarlamentare pentastellata. “Siamo legati alla Cina per l'accordo sugli investimenti, mentre un accordo di libero commercio, in un paese dove gran parte delle imprese sono governative, non è mai stato sul tavolo. Senza contare che tutti i nuovi trattati prevedono lo sviluppo sostenibile, e di base il rispetto dei diritti dei lavoratori: mentre il Vietnam ha fatto dei passi avanti ed è in una fase evolutiva, quelli con la Cina non possiamo inserirli”.

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Mi sembra chiaro il motivo. E allora perché il suo partito ha firmato la Via della Seta nel marzo del 2019, e continua a difendere “l'amicizia” dell'Italia con la Cina? “Se parliamo di accordi bilaterali nazionali gli obiettivi sono diversi. La politica estera nell'Unione europea non esiste, e quando viene utilizzata la politica commerciale per raggiungere obiettivi di politica estera, allora la responsabilità della diplomazia si scarica sulle imprese, l'abbiamo visto diverse volte”.

 

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Ma scusi, il suo partito ha portato il commercio estero alla Farnesina, il sottosegretario Manlio Di Stefano, che si occupa di diplomazia e commercio, ha detto che la nuova legge sulla Sicurezza a Hong Kong è un “affare interno cinese”. Ma sappiamo che non è vero, dato che avrà un impatto anche sul commercio. Molte aziende stanno andando via. “A Hong Kong abbiamo una presenza commerciale importante, ed è chiaro che ci saranno dei rischi sia sul fronte della cybersicurezza sia sull'autonomia. In Europa questa decisione di Pechino avrà un impatto sulle negoziazioni con la Cina”.

 

E allora il Movimento cinque stelle in Europa è anticinese e in Italia è amico della Cina? “Noi abbiamo la necessità di avere a che fare con un grandissimo player, e dobbiamo riuscire a essere equidistanti da posizioni ideologiche e trovare soluzioni migliori per le nostre aziende, e perché no, esercitare anche una certa influenza con i nostri valori. Tutti condannano alcune pratiche cinesi, diverso però è prendere posizioni che oggi creerebbero problemi alle nostre aziende su questioni che non possono essere risolte a livello locale. Bisogna essere realisti e considerare le dimensioni dei rapporti di forza: certe questioni che devono essere risolte a livello europeo”, conclude Beghin.

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