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Macron e Erdogan fanno a schiaffi nel mezzo di un’operazione Nato

Luca Gambardella

Francia e Turchia usano l'Alleanza atlantica per lanciarsi schermaglie e difendere le rispettive posizioni in Libia. La mediazione della Merkel

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Roma. Quando lo scorso novembre Emmanuel Macron parlò all’Economist della “morte cerebrale” della Nato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non mancò di replicare con durezza: “Controlli il suo cervello, piuttosto”, rispose al capo dell’Eliseo. Ora, a distanza di qualche mese, c’è ancora l’Alleanza atlantica come campo di scontro tra Francia e Turchia. Lo scorso 10 giugno, una nave cargo battente bandiera della Tanzania scortata da tre navi militari turche è stata intercettata nel Mediterraneo orientale dalla fregata francese Courbet, che faceva parte della missione Nato Sea Guardian. La nave commerciale era sospettata di avere violato l’embargo dell’Onu in Libia e di essere una tra le tante che sono usate dai turchi per trasferire armi ai loro alleati del governo di unità nazionale a Tripoli. Quando la Courbet ha chiesto informazioni sul carico della Cirkin – questo è il nome della nave cargo – e ha tentato di avvicinarsi per ispezionarla, una delle fregate turche ha “agganciato” con il suo radar la Courbet, con un’azione di dissuasione esplicita e pericolosa. Parigi ha definito l’evento un atto ostile sul quale si sarebbe dovuta esprimere la Nato. Ma l’Alleanza atlantica, al termine di un’indagine, ha deciso di dare ragione ai turchi, che negavano ogni tentativo di aggressione. Per questo motivo, mercoledì Parigi ha annunciato che si sarebbe ritirata dalla missione Sea Guardian – che compie pattugliamenti nel Mediterraneo – finché la Nato non avesse fatto chiarezza su come intenda garantire l’embargo delle armi in Libia se, all’atto pratico, prende le difese di uno stato accusato di violare il diritto internazionale. “Non ha senso condividere i propri mezzi con degli alleati che non rispettano l’embargo”, ha detto a Reuters un funzionario del ministero della Difesa francese.

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Roma. Quando lo scorso novembre Emmanuel Macron parlò all’Economist della “morte cerebrale” della Nato, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non mancò di replicare con durezza: “Controlli il suo cervello, piuttosto”, rispose al capo dell’Eliseo. Ora, a distanza di qualche mese, c’è ancora l’Alleanza atlantica come campo di scontro tra Francia e Turchia. Lo scorso 10 giugno, una nave cargo battente bandiera della Tanzania scortata da tre navi militari turche è stata intercettata nel Mediterraneo orientale dalla fregata francese Courbet, che faceva parte della missione Nato Sea Guardian. La nave commerciale era sospettata di avere violato l’embargo dell’Onu in Libia e di essere una tra le tante che sono usate dai turchi per trasferire armi ai loro alleati del governo di unità nazionale a Tripoli. Quando la Courbet ha chiesto informazioni sul carico della Cirkin – questo è il nome della nave cargo – e ha tentato di avvicinarsi per ispezionarla, una delle fregate turche ha “agganciato” con il suo radar la Courbet, con un’azione di dissuasione esplicita e pericolosa. Parigi ha definito l’evento un atto ostile sul quale si sarebbe dovuta esprimere la Nato. Ma l’Alleanza atlantica, al termine di un’indagine, ha deciso di dare ragione ai turchi, che negavano ogni tentativo di aggressione. Per questo motivo, mercoledì Parigi ha annunciato che si sarebbe ritirata dalla missione Sea Guardian – che compie pattugliamenti nel Mediterraneo – finché la Nato non avesse fatto chiarezza su come intenda garantire l’embargo delle armi in Libia se, all’atto pratico, prende le difese di uno stato accusato di violare il diritto internazionale. “Non ha senso condividere i propri mezzi con degli alleati che non rispettano l’embargo”, ha detto a Reuters un funzionario del ministero della Difesa francese.

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In questi giorni i contatti diplomatici per tentare di ricomporre la crisi tra Francia e Turchia sono stati tenuti dalla Germania. La cancelliera Angela Merkel, dopo avere incontrato Macron lunedì, ha definito l’incidente “molto grave”. Ieri, il ministro degli Esteri turco, Mevlüt Çavuşsogğlu, è volato a Berlino per parlare della crisi con la Francia.

 

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Sullo sfondo però restano due questioni ulteriori e ben più ampie. La prima è quella della Nato. Nell’ultimo anno, Ankara ha fatto irritare più o meno chiunque, dentro e fuori all’Alleanza atlantica: dall’invasione della Siria settentrionale, all’acquisto dei missili russi fino all’interventismo in Libia, Erdogan sembra essere sempre più isolato ma, allo stesso tempo, è riuscito a mettere un piede nella porta di tutti i grandi negoziati della regione. D’altra parte, Parigi e Ankara usano la Nato per lanciarsi schermaglie e difendere le rispettive posizioni in Libia, dove si sta giocando la vera partita. I turchi, che con il loro intervento diretto hanno permesso al governo di Tripoli di respingere l’avanzata verso ovest del generale della Cirenaica Khalifa Haftar – sostenuto da Macron – hanno attaccato i francesi: “A parole sono campioni di democrazia e diritti umani, ma quando si arriva ai fatti proteggono i golpisti tenendoli sotto la loro ala”, ha detto Erdogan riferendosi al sostegno offerto finora dai francesi ad Haftar. Ed è proprio l’ ambiguità dell’Eliseo sul dossier libico a non convincere gli altri paesi europei. Dal canto suo, Macron afferma che il contenimento della Turchia sia nell’interesse di tutti. A rischio, per Parigi, non c’è solo la stabilità della Libia, ma anche i progetti energetici su cui da tempo sta investendo l’Europa – come l’EastMed, il gasdotto che dovrebbe congiungere Cipro, Grecia e Italia al Mediterraneo orientale e osteggiato dai turchi. Eppure, sono proprio i partner europei a restare cauti nei loro toni nei confronti dei turchi. Nel comunicato congiunto siglato lo scorso 25 giugno da italiani, francesi e tedeschi contro ogni ingerenza straniera in Libia, Ankara non è mai stata menzionata. Come a dire: di Erdogan non possiamo certo fidarci, ma nemmeno dei francesi e del loro alleato Haftar, dopo tutto.

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