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Le “Karen” erano petulanti, adesso sono dovunque e supercattive

Daniele Ranieri

Cosa vuol dire se in America senti dire che “quella è una Karen” e perché si usa sempre più spesso

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Roma. Due giorni fa c’è stato il picco del fenomeno Karen. Karen negli Stati Uniti è il nome usato per indicare un tipo preciso di persona, la donna bianca di mezz’età che si sente sempre in diritto di lamentarsi, che è molto sicura a dispetto della propria ignoranza e che non capisce perché il mondo tardi così tanto ad adeguarsi agli standard già decisi da lei. E’ quella che si fa chiamare il manager del ristorante o del supermercato o di qualsiasi posto si trovi per fare una scena. E quando è all’aperto chiama la polizia, che del resto fa le veci del manager del ristorante per tutto quello che succede nel mondo, perlomeno il suo mondo. Karen è un modo per tagliare corto un discorso: “Quella è una Karen”. Come “Ok, boomer”.

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Roma. Due giorni fa c’è stato il picco del fenomeno Karen. Karen negli Stati Uniti è il nome usato per indicare un tipo preciso di persona, la donna bianca di mezz’età che si sente sempre in diritto di lamentarsi, che è molto sicura a dispetto della propria ignoranza e che non capisce perché il mondo tardi così tanto ad adeguarsi agli standard già decisi da lei. E’ quella che si fa chiamare il manager del ristorante o del supermercato o di qualsiasi posto si trovi per fare una scena. E quando è all’aperto chiama la polizia, che del resto fa le veci del manager del ristorante per tutto quello che succede nel mondo, perlomeno il suo mondo. Karen è un modo per tagliare corto un discorso: “Quella è una Karen”. Come “Ok, boomer”.

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La Karen si sente entitled, è la sua condizione permanente, pensa di avere un diritto scontato a fare sentire la sua opinione e a reclamare un trattamento adeguato al suo livello. A volte un nome finisce per rappresentare un’intera categoria. Per esempio gli incel – i fanatici rancorosi che hanno problemi con le donne – usano il nome Chad per definire i maschi vincenti. L’Atlantic, che sulle Karen ci ha fatto un articolo documentato all’inizio di maggio, ha sentito una ricercatrice dell’Università della Virginia che assicura che molti anni fa la figura della bisbetica che si sente superiore era già inquadrata con il nome di “Becky”.

  

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Karen era nata come una frecciata contro la petulanza, poi si è trasformata in una questione razziale – perché la Karen è sempre molto bianca – e poi in una questione politica – perché Trump è un presidente molto Karen – e anche epidemiologica, perché le Karen durante la pandemia sono diventate irriducibili partigiane contro le misure restrittive. La categoria per colpa della crisi coronavirus si è gonfiata a dismisura come un mostro in un film di fantascienza. L’idea che i saloni di bellezza fossero chiusi per una stupidaggine come un virus era considerata dalle Karen come un insulto personale.

  

Due giorni fa, come si diceva, c’è stato il picco del fenomeno. Un newyorchese nero a passeggio per Central Park ha rimproverato una donna perché aveva tolto il guinzaglio al cane in un’area dove invece il guinzaglio era obbligatorio – è un’area dedicata agli uccelli, i cani devono stare sotto controllo. La donna ha detto all’uomo che avrebbe chiamato la polizia e che avrebbe detto “un afroamericano minaccia di farmi del male”. Ed è quello che ha fatto, davanti all’uomo che intanto la filmava con il suo telefono. Da lì è successo qualcosa di molto prevedibile: il filmato della donna che prima spiega all’uomo il suo piano e poi lo esegue è finito sui social media, è stato visto moltissimo, un tizio che portava a passeggio il cane della donna l’ha identificata (non è una che conquista la simpatia del prossimo), indignazione collettiva, il datore di lavoro l’ha licenziata, lei ha restituito il cane da dove l’aveva preso.

 

Due cose spiccano nella faccenda.

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La prima è che lunedì la polizia di Minneapolis ha ucciso un afroamericano, George Floyd, mentre lo arrestava su un marciapiede e davanti a testimoni che filmavano la scena. Un agente ha messo un ginocchio sul collo dell’uomo e lo ha tenuto così per dieci minuti, a dispetto del fatto che lui implorasse di respirare e che la gente attorno chiedesse di toglierlo da quella posizione. Il dipartimento di polizia ha emesso un comunicato falso che fa sembrare la morte dell’uomo come la conseguenza di un malore, ma quattro poliziotti sono stati licenziati e due giorni fa c’è stata una protesta molto agitata per le vie della città. E questo ci riporta a Central Park. Se una donna telefona alla polizia per dire che un afroamericano minaccia di farle del male in un parco sta innescando una sequenza di eventi che può finire molto male. La telefonata è fatta per manipolare in modo intenzionale la reazione della polizia e per lanciare una rappresaglia immediata contro l’uomo. La seconda è che “Karen” ricorreva nei commenti molto spesso. Lo stesso afroamericano che ha fatto il filmato ha poi spiegato: quando l’ho rimproverata ho scatenato la sua Karen interiore. I social media hanno preso la vicina insopportabile e l’hanno fatta diventare una figura universale d’odio.

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