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Le due sessioni

La guerra tech tra Cina e America ha fatto un altro balzo: occhio ai microchip

Eugenio Cau

Comincia oggi il grande evento politico annuale del governo comunista, all’ombra del Covid e dello scontro con Trump. Taiwan e l’azienda strategica

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Milano. Cominciano oggi in Cina le “due sessioni” dei pletorici organi legislativi del regime comunista, il più grande e coreografato evento politico dell’anno nel paese più popoloso del mondo, in cui le grandi decisioni sul futuro della Cina non vengono prese (quello si fa nel Politburo, più intimo) ma sono annunciate al mondo. Le due sessioni (per i feticisti sono la sessione plenaria dell’Assemblea nazionale del popolo cinese e la sessione annuale del Comitato nazionale della conferenza consultiva politica del popolo cinese) arrivano in un momento fondamentale: sono state rimandate di due mesi causa Covid-19, e si tengono nel bel mezzo della crisi, mentre l’economia è ferma e i rapporti con gli Stati Uniti sono ai minimi storici degli ultimi 40 anni. Si parlerà dunque di pandemia e di pil, ma uno dei punti focali riguarderà la tecnologia, e nei documenti preparatori delle sessioni si parla molto dell’obiettivo di rendere la Cina indipendente nelle tecnologie strategiche. Cina e Stati Uniti sono nel mezzo di una guerra tecnologica ormai da un paio d’anni, e alcune notizie di questi ultimi giorni lasciano intendere che le cose potrebbero peggiorare.

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Milano. Cominciano oggi in Cina le “due sessioni” dei pletorici organi legislativi del regime comunista, il più grande e coreografato evento politico dell’anno nel paese più popoloso del mondo, in cui le grandi decisioni sul futuro della Cina non vengono prese (quello si fa nel Politburo, più intimo) ma sono annunciate al mondo. Le due sessioni (per i feticisti sono la sessione plenaria dell’Assemblea nazionale del popolo cinese e la sessione annuale del Comitato nazionale della conferenza consultiva politica del popolo cinese) arrivano in un momento fondamentale: sono state rimandate di due mesi causa Covid-19, e si tengono nel bel mezzo della crisi, mentre l’economia è ferma e i rapporti con gli Stati Uniti sono ai minimi storici degli ultimi 40 anni. Si parlerà dunque di pandemia e di pil, ma uno dei punti focali riguarderà la tecnologia, e nei documenti preparatori delle sessioni si parla molto dell’obiettivo di rendere la Cina indipendente nelle tecnologie strategiche. Cina e Stati Uniti sono nel mezzo di una guerra tecnologica ormai da un paio d’anni, e alcune notizie di questi ultimi giorni lasciano intendere che le cose potrebbero peggiorare.

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Queste notizie riguardano un’azienda poco nota al grande pubblico: la taiwanese Tsmc, che è il miglior produttore al mondo di microchip avanzati. Ora, siamo abituati a pensare ai microchip come ai “cervelli” di computer e telefonini, ma in realtà i microchip sono strategici per infinite altre ragioni: si trovano nei missili balistici, nei jet da guerra, nei sottomarini. Controllare i microchip è strategico, e questo preoccupa molto gli americani, perché ci sono soltanto tre posti al mondo che attualmente hanno le capacità per produrre i chip di più alto livello: l’America stessa con Intel, che però produce soprattutto per server e computer, la Corea del sud con Samsung e Taiwan con Tsmc (la Cina sta avanzando nel settore, ma ancora non è in grado di produrre i microchip di più alto livello). Basta guardare la mappa per capire il problema: Tsmc e Samsung, che producono i microchip strategici, si trovano nel cortile di casa della Cina, e questo in caso di conflitto diventerebbe una debolezza devastante. Così questa settimana l’Amministrazione Trump ha fatto due mosse: dapprima ha vietato a Huawei, il colosso tech cinese, di usare microchip di progettazione americana. In secondo luogo ha annunciato che Tsmc, l’azienda taiwanese, aprirà una fabbrica di microchip di alto livello in Arizona. L’intenzione è evidente: mettere una produzione tecnologica strategica al riparo dai missili cinesi in caso di conflitto. Questo significa anche che gli strateghi americani ritengono che la guerra tecnologica possa sfociare in qualcosa di più grave.

 

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E dunque in questi giorni alle due sessioni si parlerà molto di tecnologia e di Taiwan, l’isola indipendente che Pechino considera di sua proprietà e che ieri ha insediato per un secondo mandato presidenziale Tsai Ing-wen, contraria all’integrazione con la Cina e vicina a Washington. Taiwan, con la sua produzione tecnologica di alto livello, si trova schiacciata tra i due giganti, e negli scorsi giorni su molti blog e social cinesi non ufficiali si è detto che Pechino potrebbe perfino invadere l’isola per prendere il controllo di Tsmc, tanto è strategica la produzione di microchip. L’analista Bill Bishop, nella sua newsletter Sinocism, ha scritto che la possibilità “sembra folle, ma questi sono tempi folli”.

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