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L’indagine globale sull’origine del virus si farà. E sarà Cina contro Usa

Giulia Pompili

La comunità internazionale si fida sempre meno di Pechino e il fronte anticinese a Washington è ancora più compatto

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Roma. L’indagine internazionale sull’origine della pandemia si farà, e sarà guidata dall’Organizzazione mondiale della sanità. E’ quanto si apprende alla fine della prima riunione dell’Assemblea generale, l’organo decisionale dell’istituzione delle Nazioni Unite che per la prima volta si è riunito virtualmente. Dopo settimane di trattative, è stato il presidente cinese Xi Jinping, nel suo discorso di lunedì, ad aprire alla possibilità di un’inchiesta internazionale indipendente: “La Cina sostiene una revisione completa della risposta globale alla pandemia di Covid-19 guidata dall’Oms, dopo che l’epidemia sarà sotto controllo”. E’ un compromesso: la proposta iniziale dell’Australia prevedeva in realtà la creazione di una task force del tutto indipendente (quindi fuori dall’Oms) che identificasse l’“origine del virus”.

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Roma. L’indagine internazionale sull’origine della pandemia si farà, e sarà guidata dall’Organizzazione mondiale della sanità. E’ quanto si apprende alla fine della prima riunione dell’Assemblea generale, l’organo decisionale dell’istituzione delle Nazioni Unite che per la prima volta si è riunito virtualmente. Dopo settimane di trattative, è stato il presidente cinese Xi Jinping, nel suo discorso di lunedì, ad aprire alla possibilità di un’inchiesta internazionale indipendente: “La Cina sostiene una revisione completa della risposta globale alla pandemia di Covid-19 guidata dall’Oms, dopo che l’epidemia sarà sotto controllo”. E’ un compromesso: la proposta iniziale dell’Australia prevedeva in realtà la creazione di una task force del tutto indipendente (quindi fuori dall’Oms) che identificasse l’“origine del virus”.

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Poi è arrivata la risoluzione dell’Unione europea, cofirmata da altri 122 paesi, che non menziona mai la Cina nel documento e che molto probabilmente verrà votata e approvata nei prossimi giorni. Pechino si è sempre opposta a una indagine sul virus, ma adesso la autorizza a due condizioni: che sia interna all’agenzia dell’Onu e che inizierà solo a fine pandemia. L’apertura arriva dopo settimane di pressioni. Da una parte ci sono l’America e i falchi anticinesi, che hanno sostenuto traballanti accuse già smentite dalla comunità scientifica con la conseguenza di aver irrobustito il messaggio della propaganda cinese antiamericana. Dall’altra parte però, la richiesta di un’indagine indipendente, arrivata dall’Australia più di un mese fa, ha provocato una reazione molto violenta da parte di Pechino: l’orzo australiano sarà sottoposto a dazi dell’80 per cento, e sono state bloccate le importazioni di manzo, misure economiche vendicative che mirano a punire l’attivismo di Canberra. E’ un metodo già usato in passato dalla Cina con altri paesi, e che ultimamente anche l’America ha imparato a usare. La pandemia è più politicizzata che mai, proprio mentre i leader delle prime due economie del mondo chiedono di non anteporre la politica alle questioni sanitarie. 

 

Lunedì, durante il suo discorso, il presidente Xi Jinping ha rinnovato l’importanza dell’Oms alla guida della risposta globale contro il nuovo coronavirus, ha domandato ancora più collaborazione internazionale (una chiara risposta a Donald Trump che ha minacciato di tagliare i fondi all’Oms), ha messo a disposizione 2 miliardi di dollari in due anni per aiutare i paesi in via di sviluppo a contenere la Covid. Il presidente cinese ha detto che il suo paese, “a fronte di enormi sacrifici”, ha fatto di tutto per agire con “apertura, trasparenza e responsabilità”. Sin dall’inizio della pandemia Xi Jinping si sta giocando proprio il ruolo di leader di una potenza responsabile. La scarsa trasparenza dimostrata nelle prime settimane di epidemia a Wuhan, la cancellazione di campioni e di ricerche essenziali per la risposta globale, il tentativo di controllare la narrazione sul virus quando è uscito dai confini cinesi e ha colpito altri paesi hanno spinto la comunità internazionale a fidarsi sempre meno di Pechino. Allo stesso tempo, però, il fronte anticinese a Washington è ancora più compatto. Taiwan, l’isola indipendente che Pechino rivendica come suo territorio, è l’altro terreno di scontro tra America e Cina. Nelle ultime settimane, grazie anche al successo delle misure anti pandemia messe in atto da Taipei, Washington ha fatto pressioni affinché l’Oms garantisse la presenza dei rappresentanti di Taiwan come membri osservatori durante l’Assemblea in corso in questi giorni. Alla riunione di lunedì, però, è stata votata una risoluzione che rimanda alla fine dell’anno la decisione sull’apertura a Taiwan. Il segretario di stato americano, Mike Pompeo, in una dichiarazione ufficiale ha condannato la decisione: “Mentre combattiamo contro il virus, abbiamo bisogno di istituzioni multilaterali che svolgano il loro lavoro per servire gli interessi di tutti gli stati membri, non per fare politica”.

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