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Where’s the beef?

Daniele Ranieri

Nell’anno elettorale americano rischia di mancare la carne nei supermercati per colpa del virus

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Roma. Il virus ha colpito in modo così duro gli stabilimenti americani dove si lavora la carne che a maggio la quantità di prodotto comincerà a scarseggiare nei supermercati e le riserve enormi di carne surgelata potrebbero non bastare a compensare la riduzione. Il settore farà degli aggiustamenti molto rapidi per riuscire a tornare al regime di produzione normale, ma per ora c’è una riduzione del 24 per cento e la situazione potrebbe ancora peggiorare. C’è il rischio che la carne negli Stati Uniti diventi rara per un periodo di tempo – è un altro degli effetti collaterali del disastro pandemia in America, che ieri ha oltrepassato la soglia dei cinquantamila morti. Tra tutte le previsioni che si potevano fare su questo anno elettorale in America la mancanza del bacon a colazione e della bistecca nel piatto non erano contemplate e questo potrebbe avere conseguenze sull’umore di un elettorato che quattro anni fa chiedeva che la nazione tornasse Great Again.

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Roma. Il virus ha colpito in modo così duro gli stabilimenti americani dove si lavora la carne che a maggio la quantità di prodotto comincerà a scarseggiare nei supermercati e le riserve enormi di carne surgelata potrebbero non bastare a compensare la riduzione. Il settore farà degli aggiustamenti molto rapidi per riuscire a tornare al regime di produzione normale, ma per ora c’è una riduzione del 24 per cento e la situazione potrebbe ancora peggiorare. C’è il rischio che la carne negli Stati Uniti diventi rara per un periodo di tempo – è un altro degli effetti collaterali del disastro pandemia in America, che ieri ha oltrepassato la soglia dei cinquantamila morti. Tra tutte le previsioni che si potevano fare su questo anno elettorale in America la mancanza del bacon a colazione e della bistecca nel piatto non erano contemplate e questo potrebbe avere conseguenze sull’umore di un elettorato che quattro anni fa chiedeva che la nazione tornasse Great Again.

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I giornali scrivono che circa 2.200 lavoratori in 48 stabilimenti sono già stati trovati positivi e alcuni sono morti, come anche due ispettori del dipartimento dell’Agricoltura. Il punto non è soltanto che il virus ha colpito gli impianti dove si lavora la carne, ma che gli impianti per la loro natura e per le condizioni di lavoro potrebbero essere dei focolai molto attivi di infezione. Il Midwest Center for Investigative Reporting ha preso la mappa delle aree dove il virus è più forte negli Stati Uniti, l’ha confrontata con la mappa degli stabilimenti per la lavorazione della carne e ha trovato che almeno 150 – circa un terzo – si trovano nelle contee più colpite. Il sospetto è che le condizioni di lavoro dentro agli stabilimenti, che già prima della pandemia attiravano molte critiche, funzionino come un acceleratore del contagio. Per un po’ si è provato a ignorare questo sospetto ma ora mentre il numero dei contagi registrati negli Stati Uniti va verso il milione non è più possibile.

 

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Mercoledì uno dei giganti del settore, Tyson Foods, ha sospeso le attività in uno stabilimento in Iowa che è fondamentale per fornire di carne di maiale il mercato americano – può processare quasi ventimila maiali al giorno, che è il quattro per cento della capacità di lavoro nazionale. La contea di Black Hawk, dove è lo stabilimento, ha visto di recente una crescita molto rapida di contagi e circa 180 sono stati collegati a quel lavoro, che ora i funzionari locali considerano “la fonte più grande di trasmissione”. Ieri sono cominciati i test per i circa 2.800 dipendenti. La Tyson aveva ottenuto di essere esentata dal lockdown e il governatore dell’Iowa, la repubblicana Kim Reynolds, era intervenuta di persona per stabilire che il potere di chiudere oppure no la fabbrica era nelle sue mani e non delle autorità locali. Il comitato di salute della contea aveva già chiesto la sospensione dell’attività, molti operai non si presentavano più al lavoro e domenica un lavoratore di 65 anni è morto per Covid-19. A quel punto il governatore e la Tyson hanno cambiato idea. Il giorno prima la stessa azienda aveva riaperto un altro impianto che era stato chiuso per due settimane perché tra gli operai c’erano state centinaia di infezioni e due di loro erano morti.

 

Come si è capito il problema non è la scarsità di carne, ma il fatto che tutta la lavorazione passa per relativamente pochi stabilimenti che fanno da collo di bottiglia. Se chiudono, da una parte i consumatori trovano gli scaffali vuoti e dall’altra gli allevatori restano con troppi animali. Poiché il periodo in cui i maiali sono adatti alla macellazione non è infinito, alcuni allevatori hanno già cominciato a ucciderli perché non possono più venderli e non vogliono mantenerli a tempo indeterminato. Per provare a mitigare la crisi, il governo federale ha annunciato sedici miliardi di dollari per il settore – che però sono considerati pochi – e l’acquisto di tre miliardi di dollari di carne e latticini da distribuire nelle banche del cibo, dove la fila dei nuovi poveri questo mese si è allungata di molto.

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