Frank-Walter Steinmeier (foto LaPresse)

“Un banco di prova per la nostra umanità”. Il discorso di Frank-Walter Steinmeier

Frank-Walter Steinmeier

Il presidente tedesco spiega che la rinascita dopo il coronavirus dipenderà dalla capacità di dare il meglio gli uni con gli altri. L’obbligo alla solidarietà, anche in Europa

Pubblichiamo il discorso sulle conseguenze della pandemia da coronavirus che il presidente federale Frank-Walter Steinmeier ha rivolto ai cittadini tedeschi in occasione della Pasqua 

 


 

Buonasera, care concittadine e cari concittadini, 

 

Tra poche ore inizia la Pasqua. Fuori la natura fiorisce e noi sentiamo il desiderio di uscire all’aperto e di stare in compagnia: assieme ai nostri cari, ai familiari, agli amici. Erano queste le nostre consuetudini. Così eravamo abituati a fare. Quest’anno, però, è tutto diverso. E’ doloroso rinunciare a far visita ai genitori. E’ straziante per i nonni non poter abbracciare i nipoti almeno a Pasqua. Tante altre cose, poi, sono diverse quest’anno: nei parchi e nei caffè all’aperto manca la folla vociante e colorata. Per molti di voi non ci sarà la tanto attesa vacanza. Per i ristoratori e gli albergatori non ci sarà un inizio  soleggiato della stagione. Per i credenti non ci sarà la preghiera comune. E per noi tutti l’angosciante incertezza: come si andrà avanti? Proprio a Pasqua, la festa della resurrezione, quando i cristiani in tutto il mondo celebrano il trionfo della vita sulla morte, dobbiamo sopportare delle limitazioni, affinché la malattia e la morte non sconfiggano la vita. Tante migliaia di persone sono morte. Da noi nel nostro paese. E a Bergamo, in Alsazia, a Madrid, a New York e in tanti altri luoghi nel mondo. Queste immagini ci addolorano. Piangiamo per chi muore in solitudine. I nostri pensieri vanno ai loro familiari che non hanno potuto nemmeno prendere commiato. Ringraziamo chi nel settore sanitario con instancabile abnegazione salva vite umane. E per quanto questa crisi sconvolga la vita di noi tutti, i nostri pensieri vanno a chi ne è particolarmente colpito: chi è malato o solo, chi è angosciato per il lavoro, per la sua azienda; i liberi professionisti, gli artisti che hanno sempre meno entrate; le famiglie, i genitori single in appartamenti piccoli senza balcone e giardino. 

 

La pandemia ci dimostra che siamo vulnerabili. Forse per troppo tempo abbiamo creduto di non esserlo; di poter andare sempre più veloci, più in alto e più avanti. Ci sbagliavamo. Ma la crisi non ci mostra solo questo, ci mostra anche quanto siamo forti! Su quali basi possiamo poggiare. Sono molto colpito dal grande sforzo che il nostro paese ha compiuto nelle scorse settimane. Il pericolo non è ancora debellato. Tuttavia, già oggi possiamo dire: ognuno di voi ha cambiato radicalmente la sua vita, facendolo ognuno di voi ha salvato vite umane e continua a salvarne ogni giorno. E’ un bene che adesso lo stato intervenga con vigore – in una crisi per cui mancava un copione. Chiedo a voi tutti di continuare ad avere fiducia – poiché chi governa a livello federale e regionale è consapevole di avere un’enorme responsabilità. Tuttavia le decisioni sul da farsi e sul quando e sul come si possano allentare le restrizioni non dipendono dai politici e dagli esperti da soli. Dipendono invece da noi tutti, dalla nostra pazienza e dalla nostra disciplina, proprio ora, in un momento in cui questo ci pesa più che mai. Il grande sforzo che compiamo in questi giorni, non lo facciamo perché c’è una mano di ferro a costringerci, ma perché siamo una democrazia vitale con cittadini responsabili. Una democrazia in cui abbiamo fiducia l’uno nell’altro per ascoltare i fatti e gli argomenti, per agire con buon senso, per fare la cosa giusta. Una democrazia, in cui ogni vita conta e in cui ognuno ha un ruolo indispensabile: dall’operatore sanitario alla cancelliera federale, dal Comitato scientifico fino ai pilastri visibili e invisibili della società, alle casse dei supermercati, alla guida di autobus e camion, nei panifici, in campagna o nella nettezza urbana. 

 

State superando voi stessi. Ve ne sono grato. E naturalmente so che noi tutti abbiamo voglia di normalità. Ma cosa significa questo? Solo tornare il più rapidamente possibile alla routine di prima, alle vecchie abitudini? No, il mondo sarà diverso. Come sarà? Dipende da noi. Mettiamo a frutto le esperienze, quelle buone e quelle cattive, che noi tutti facciamo, ogni giorno, in questa crisi.

 

Credo che noi ora siamo a un bivio. Già nell’emergenza si prospettano le due direzioni che possiamo imboccare: ognuno per sé, facendo incetta di provviste a gomitate e cercando di mettersi in salvo? Oppure rimarrà la rinata dedizione reciproca e per la società? Manterremo la creatività che è esplosa e la disponibilità? Resteremo in contatto con l’anziano vicino che abbiamo aiutato a fare la spesa? Continueremo a dimostrare alla cassiera e al fattorino la stima che meritano? E non è tutto: ci ricorderemo, dopo la crisi, del valore da attribuire a lavori imprescindibili – nell’assistenza, nell’approvvigionamento, nelle professioni sociali, nelle scuole materne e nelle scuole? Chi uscirà economicamente indenne dalla crisi aiuterà chi è stato maggiormente colpito a rimettersi in piedi? E cercheremo nel mondo la via d’uscita assieme o ricadremo nell’isolamento e nelle soluzioni unilaterali? Dobbiamo condividere tutto il sapere, tutta la ricerca per trovare più rapidamente vaccini e terapie e fare in modo che, nel quadro di un’alleanza globale, vi abbiano accesso anche i paesi più poveri, più vulnerabili.

 

No, questa pandemia non è una guerra. Non ci sono nazioni che combattono nazioni, soldati che combattono soldati. E’ un banco di prova per la nostra umanità. In questa pandemia la gente dà il peggio e il meglio di sé. Dimostriamoci l’un l’altro il meglio di noi. E dimostriamolo anche in Europa. La Germania non può uscire da questa crisi forte e sana se i nostri vicini non saranno anche loro forti e sani. Questa bandiera blu non è qui per caso. A trent’anni dall’Unità tedesca, a settantacinque anni dalla fine della guerra noi tedeschi non siamo solo chiamati, siamo obbligati alla solidarietà. Solidarietà, lo so, è una parola grossa. Ma al momento ognuno di noi sperimenta, effettivamente, il valore della solidarietà molto concretamente e a livello esistenziale. Per la sopravvivenza degli altri le mie azioni sono fondamentali. Facciamo tesoro di questa preziosa esperienza. Della solidarietà che dimostrate ogni giorno avremo ancora più bisogno in futuro.

 

Dopo questa crisi saremo un’altra società. Non vogliamo diventare una società timorosa, diffidente. Possiamo, invece, essere una società con più fiducia, più rispetto e più ottimismo. E’ sperare troppo, anche se è Pasqua? A questo proposito il virus non ha potere. Qui decidiamo solo noi. Sicuramente molte cose in futuro non saranno più semplici. Ma noi tedeschi non sempre ci semplifichiamo le cose. Pretendiamo molto da noi stessi e facciamo molto affidamento sugli altri. Anche in questa situazione possiamo crescere e lo faremo. 

 

Buona Pasqua, tanti auguri, e prendiamoci cura gli uni degli altri.

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