(foto LaPresse)

Focolaio New York

Daniele Raineri

In città il virus “raddoppia ogni tre giorni”, Cuomo vuole 30 mila respiratori ma ne ha avuti 400

Roma. In America l’epidemia di Covid-19 colpisce soprattutto New York con il 35 per cento dei casi e basta pensare a quello che succede in Italia per capire che la situazione è grave. In Italia i focolai più attivi sono comparsi in centri abitati poco densi e relativamente distanti dalle grandi città. New York è la città più densa d’America per popolazione ed è anche la più complessa da gestire per tutta una serie di ragioni. In questo momento lo stato di New York ha circa 26 mila casi, poco sotto i 30 mila della Lombardia – ma il contagio a New York è ancora due settimane indietro rispetto all’Italia. Debora Birx, la coordinatrice del governo americano per la crisi del coronavirus, ha detto lunedì che il tasso d’attacco del virus a New York è cinque volte più alto rispetto alle altre aree colpite negli Stati Uniti – il tasso d’attacco in epidemiologia è la percentuale di soggetti contagiati in una popolazione. I tamponi fatti a New York sono positivi nel 28 per cento dei casi contro l’8 per cento della media nazionale secondo Birx – e comunque non se ne fanno moltissimi, quindi le dimensioni reali del contagio sono più grandi.

 

In Lombardia ci sono 188 casi ogni centomila abitanti, a New York – sempre secondo il dato di due giorni fa – ce ne sono 144 ogni centomila abitanti con punte a Staten Island (172), Manhattan (158) e Queens (158). E’ un quadro che però è già vecchio perché, come diceva ieri il governatore Andrew Cuomo in conferenza stampa dal Javits Center di Manhattan, il numero di contagiati raddoppia ogni tre giorni. “Sta accelerando come un treno ad alta velocità”. Cuomo era furioso: “La gente parla, i politici parlano, mi servono azioni non parole. Dove sono i rifornimenti? Questa è la mia domanda. Dove sono?”. Il governatore è esasperato perché la Fema, l’equivalente federale della Protezione civile, ha promesso di mandare a New York 400 respiratori ma gli esperti dicono che ne serviranno almeno 30 mila – e per far capire a che livello sia l’ansia in città, soltanto lunedì il sindaco Bill De Blasio aveva detto che ne servono 15 mila e già quello era sembrato un numero enorme da raggiungere. “Vogliono una pacca sulla spalla per 400 respiratori? Cosa ci facciamo con 400 ventilatori? Venissero loro a scegliere i 26 mila newyorchesi che moriranno” (era così arrabbiato che ha sbagliato il conto: sarebbero 29.600).

 

Soltanto venerdì scorso Cuomo aveva avvertito che il picco del contagio era a circa un mese e mezzo di distanza, ma ieri ha detto che potrebbe arrivare anche nel giro di due o tre settimane. “Il picco è più alto di quello che pensavamo e arriverà prima di quando pensavamo”. De Blasio ha detto la stessa cosa alla Cnn: “Se non riceviamo i respiratori questa settimana, la gente comincerà a morire. Aprile sarà un mese peggiore di marzo e maggio potrebbe essere ancora peggio”. Code di decine di persone si sono formate davanti agli ospedali cittadini per chiedere l’ammissione alle tende dove si fa la selezione per chi sarà sottoposto al test e chi no. Da lunedì la città è in lockdown, ma l’impressione è che le misure di contenimento siano arrivate in ritardo. Gli esperti dicono che il virus è a New York da “molte settimane” e che adesso – dopo essere stato facilitato dalla struttura stessa della metropoli e dalla vulnerabilità dei suoi abitanti – starebbe emergendo. In questa situazione, Cuomo ha detto di essere in disaccordo completo con il presidente Trump che, incurante del picco in arrivo, vorrebbe che il contenimento finisse entro Pasqua per rimettere in moto l’economia. “Quello che stiamo facendo è insostenibile, fermare l’economia e spendere soldi. Ma se chiedi al popolo americano di scegliere tra la salute pubblica e l’economia non c’è gara, nessuno vuole accelerare l’economia al costo di vite umane. Cos’è, una specie di teoria darwiniana moderna sulla selezione naturale? Se non ce la fai devi metterti da una parte e morire ? Dio ce ne scampi”.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)