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Una passeggiata per Broadway a luci spente. Il virus a New York

Simona Siri

Tutti gli spettacoli sono sospesi. E al di là del sentimentalismo, chiudere i teatri di New York City non è mai una decisione facile per un semplice motivo: quello economico

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New York. La scritta principale con il nome del teatro, Majestic, è ancora accesa, così come la luminaria a forma di maschera. Le serrande però sono abbassate, non ci sono persone in fila al botteghino, persino il resto della strada, la quarantaquattresima, è quasi vuota. Il Lambs Club, tra i più antichi dopo teatro della zona, è aperto. Dentro i tavoli occupati sono due. “Fino a quando possiamo, noi ci siamo”, mi conferma il ragazzo di sala. Il mito inventato qui del the show must go on oggi non regge. Non davanti a una pandemia.

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New York. La scritta principale con il nome del teatro, Majestic, è ancora accesa, così come la luminaria a forma di maschera. Le serrande però sono abbassate, non ci sono persone in fila al botteghino, persino il resto della strada, la quarantaquattresima, è quasi vuota. Il Lambs Club, tra i più antichi dopo teatro della zona, è aperto. Dentro i tavoli occupati sono due. “Fino a quando possiamo, noi ci siamo”, mi conferma il ragazzo di sala. Il mito inventato qui del the show must go on oggi non regge. Non davanti a una pandemia.

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Broadway è al buio: dal 12 marzo tutti gli spettacoli sono sospesi fino al 12 aprile. Come molte delle cose che succedono per colpa del coronavirus e della sua diffusione, anche la decisione riguardo ai teatri newyorkesi è iniziata piano piano, e poi ha accelerato improvvisamente. Era solo martedì 10 marzo quando il produttore Scott Rudin annunciava al sito di Variety la sua proposta: biglietti scontati a 50 dollari per i suoi show, The book of Mormon e To Kill a mockingbird, di solito esauriti e con prezzi che viaggiano sui 150 dollari. “Finché New York City è aperta agli affari, il suo cuore pulsante rimane il palcoscenico di Broadway”, dichiarava in un comunicato stampa. “Questa è un’opportunità senza precedenti per tutti di vedere spettacoli a cui altrimenti non avrebbero avuto un accesso, un po’ per la difficoltà di trovare biglietti un po’ per il prezzo”. Iniziativa lodevole, peccato che non sia durata neanche il tempo di asciugare l’inchiostro sul comunicato. Giovedì la Broadway League, l’organizzazione dei proprietari e produttori di Broadway, si riuniva in seduta di emergenza per discutere un possibile fermo, nonostante il giorno prima il sindaco Bill de Blasio aveva detto alla CNN che non voleva “vedere Broadway oscurata”. Ore dopo, il divieto emanato dal governatore Cuomo che proibisce eventi con cinquecento o più persone (i teatri di Broadway, per definizione, ospitano almeno cinquecento persone o più) stabiliva la chiusura obbligatoria. Intanto, nel pomeriggio, il Times riferiva che un usciere di uno dei teatri era risultato positivo al Covid-19, dopo che la settimana scorsa aveva lavorato in due spettacoli, il musical Six e il revival di Who's Afraid of Virginia Woolf?, prodotto dallo stesso Rubin. Al di là del sentimentalismo e della metafora buio/luce, chiudere i teatri di New York City non è mai una decisione facile per un semplice motivo: quello economico. Nonostante tutti gli anni si parli di crisi, l’anno scorso Broadway ha fatturato 1,8 miliardi al botteghino, pari a quasi quindici milioni di spettatori, il 9,5 per cento in più rispetto all’anno precedente. Chiudere per un mese significa una perdita di decine di milioni di dollari, oltre a lasciare una quantità imprecisata di personale senza lavoro. La tempistica, poi, è crudele: la primavera è la stagione migliore, con nuove produzioni che debuttano in tempo per le candidature dei Tony Awards previste per fine aprile. Una decisione sofferta, ma necessaria, concordano un po’ tutti. I rischi sarebbero stati troppo elevati: personale a parte, l’età media dello spettatore di Broadway è tra i 40 e i 45 anni, con i matinée che si riempiono di ultra sessantenni.

 

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Anche le produzioni tv si sono fermate. Lo show Billions che aveva appena iniziato a girare la quinta stagione ha mandato tutti a casa. “Ci saremmo dovuti fermare per spring break”, mi dice Kelly Aucoin, l’attore che nella serie interpreta Dollar Bill. “La produzione per cautela ha deciso di prolungare la pausa”. Dopo qualche registrazione senza il pubblico, esattamente come in Italia, sia lo show di Stephen Colbert, sia quello di Jimmy Fallon, sia quelli di Trevor Noah e Seth Meyer hanno deciso di non andare in onda. Per ora fino al 30 marzo, poi si vedrà. All’industria di Broadway non era mai successo. A parte brevi stop per scioperi delle maestranze e dopo l’11 settembre quando si fermarono per 48 ore, i teatri sono sempre stati l’anima indomita della città, quella che nonostante tutto vuole uscire, divertirsi, vivere tutto quello che New York ha da offrire.

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