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L’ultimo bacio dei francesi, le primarie americane. Che ne sarà della normalità democratica?

Paola Peduzzi

Cos’è oggi la responsabilità, stare a casa per rispetto della collettività o esercitare uno dei diritti civili più importante che c’è, quello di voto?

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Milano. L’ultimo attimo di incoscienza, così i francesi chiamano – con un’autoindulgenza pericolosa – le passeggiate di domenica, le chiacchiere e i baci nei parchi (o quelli ostentati da Carlà, moglie di Nicolas Sarkozy), il bicchiere di vino sulle rive della Senna, anche la partecipazione al primo turno delle elezioni amministrative. L’attimo di incoscienza, l’ultimo (magari), prima della chiusura inevitabile che la Francia – come altri paesi – ha tentato di spostare in là nel tempo, come se il tempo creasse immunità e non contagio, ritrovandosi a mandare i cittadini a votare un giorno e annunciando quello dopo lo stato d’emergenza – chiusure, coprifuoco, isolamento assoluto.

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Milano. L’ultimo attimo di incoscienza, così i francesi chiamano – con un’autoindulgenza pericolosa – le passeggiate di domenica, le chiacchiere e i baci nei parchi (o quelli ostentati da Carlà, moglie di Nicolas Sarkozy), il bicchiere di vino sulle rive della Senna, anche la partecipazione al primo turno delle elezioni amministrative. L’attimo di incoscienza, l’ultimo (magari), prima della chiusura inevitabile che la Francia – come altri paesi – ha tentato di spostare in là nel tempo, come se il tempo creasse immunità e non contagio, ritrovandosi a mandare i cittadini a votare un giorno e annunciando quello dopo lo stato d’emergenza – chiusure, coprifuoco, isolamento assoluto.

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Emmanuel Macron, il presidente che non ha voluto rinviare il voto di domenica pur sapendo che il secondo turno non sarebbe stato possibile, ha detto recandosi alle urne di essere il garante della salute pubblica ma anche della “vita democratica” del paese, come a dire: non si sospendono i diritti davanti a una pandemia. E così i francesi – e noi guardavamo perché la risposta ci interessa tutti – si sono soppesati tra le mani il proprio senso civico: cos’è oggi la responsabilità, stare a casa per rispetto della collettività o esercitare uno dei diritti civili più importante che c’è, quello di voto? I francesi hanno risposto consegnando alle amministrative del 2020 un tasso di affluenza decurtato in modo drammatico rispetto al passato (record negativo storico) ma concedendosi comunque l’ultimo attimo di incoscienza nei parchi – contraddizione assoluta, che è anche quella mostrata dai governanti francesi.

 

E le elezioni come sono andate? Soprattutto: sono rappresentative o sono come l’ultimo bacio dell’incoscienza? I commentatori francesi, che non sanno come trattare questo risultato visto che non si sa che ne sarà, hanno individuato un filo rosso nel voto frastagliato che è per sua natura quello locale: la voglia di stabilità. Nel momento in cui gli esperti tornano a essere ascoltati – pendiamo dalle loro labbra – e persino Facebook ha a cuore che non proliferino troppe fake news, il voto di protesta si fa piccino. C’è voglia di continuità e non di esperimenti nuovi nel momento in cui la vita quotidiana è e sarà un esperimento nuovo, e così l’usato sicuro, se è sicuro, diventa un punto di equilibrio. La normalità diventa necessaria, ma i suoi garanti, per usare le parole di Macron, non sanno come definirla né come gestirla.

 

Bisogna quindi rinunciarci, alla normalità democratica? Questa è la domanda cui si cerca una risposta, non soltanto in Francia. L’America di Donald Trump – il presidente che corre dietro al virus ma è in ritardo e non riconosce, a differenza dei francesi, lo stato d’incoscienza in cui è immerso – è in mezzo alle primarie, il processo di selezione che porta allo scontro presidenziale a novembre. Piano piano però questa stessa America che vive il suo momento più importante degli ultimi quattro anni si sta chiudendo: in ordine sparso, i vari stati stanno mettendo a punto la loro strategia anti pandemia, scivolando verso l’isolamento. Ieri la Corte Suprema ha deciso di posticipare gli “oral argument”, i confronti che permettono ai giudici di arrivare alle sentenze che definiscono e aggiornano il patto costituzional-sociale americano – l’ultima volta che è accaduto era durante l’epidemia della Spagnola nel 1918, e tra le cause di cui avrebbe dovuto discutere la Corte in questa sessione c’è anche il caso riguardante le finanze (e la loro trasparenza) del presidente Trump. C’è forse esempio più calzante di quanto si è incrinata la normalità democratica? No. E le crepe si vedono e si vedranno sempre di più: la Georgia ha già deciso di posticipare le sue primarie previste per fine mese, ma oggi sono aperte le urne in alcuni stati americani, compresi Florida e Ohio, che sono gli stati-test per eccellenza. Ma anche questa verifica elettorale sarà viziata dalla pandemia, così come il dibattito senza pubblico dei contendenti, Joe Biden e Bernie Sanders, rimbombava domenica sera per la assenza di una strategia e di una visione oltre l’emergenza. Ma l’alternativa è sospendere le primarie, cioè di fatto prolungare il mandato di Trump, che pure vede sgretolarsi la sua proposta per la rielezione – la sfida al socialismo sull’onda di un’economia forte – e non riesce a colmare il ritardo accumulato, nemmeno la Fed riesce a farlo. C’è chi sostiene che forse si sta esagerando, ma il dottor Fauci, un altro di quegli esperti che ascoltiamo con attenzione (è il direttore dell’Istituto americano per le allergie e le malattie infettive), ha detto in tv: “Dobbiamo essere aggressivi e criticati per la nostra overreaction”. I garanti della normalità democratica si ritrovano così a dover custodire anche una nuova anormalità: è conservarla democratica il problema.

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