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Così gli annunci di Trump compromettono la lotta al virus. Il caso Google

Eugenio Cau

Il presidente americano annuncia alla nazione un sito miracoloso di Google per combattere il virus, nonostante i dirigenti dell’azienda non ne sapessero nulla

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Milano. Durante la conferenza stampa di venerdì nel Giardino delle rose della Casa Bianca, quella in cui il presidente americano Donald Trump ha dichiarato lo stato di emergenza a causa del coronavirus – per l’occasione Trump ha radunato attorno a sé il vicepresidente Mike Pence e le autorità politiche, sanitarie ed economiche, e ha tenuto tutti uno vicino all’altro senza che fossero rispettate le distanze di emergenza, ha stretto la mano a ciascun presente e ha toccato molte volte il microfono sul podio, che poi sarebbe stato usato dagli altri partecipanti –, un annuncio ha colpito più degli altri gli esperti di tecnologia: Google sta lavorando a un sito internet pronto per essere lanciato a livello nazionale che aiuterà tutti gli americani a fare un triage delle loro condizioni di salute ed eventualmente li dirigerà al laboratorio mobile più vicino per fare il tampone. Un sistema di screening di massa stile sudcoreano e powered by Google, un sogno proibito per tutti gli epidemiologi d’occidente. Trump ha detto che 1.700 ingegneri di Google stavano lavorando al progetto facendo “enormi progressi”, e contando che gli ingegneri di Google sono tra i più brillanti del mondo non c’è niente di più rassicurante del sapere che sono al lavoro per una soluzione. Mike Pence ha aggiunto che entro domenica Google avrebbe reso nota la disponibilità del sito, e la nuova coordinatrice per il coronavirus nominata dalla Casa Bianca, la dottoressa Debbie Birx, ha pure presentato uno schema per mostrare come grazie a Google gli americani sarebbero riusciti a fare test in maniera facile e ordinata.

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Milano. Durante la conferenza stampa di venerdì nel Giardino delle rose della Casa Bianca, quella in cui il presidente americano Donald Trump ha dichiarato lo stato di emergenza a causa del coronavirus – per l’occasione Trump ha radunato attorno a sé il vicepresidente Mike Pence e le autorità politiche, sanitarie ed economiche, e ha tenuto tutti uno vicino all’altro senza che fossero rispettate le distanze di emergenza, ha stretto la mano a ciascun presente e ha toccato molte volte il microfono sul podio, che poi sarebbe stato usato dagli altri partecipanti –, un annuncio ha colpito più degli altri gli esperti di tecnologia: Google sta lavorando a un sito internet pronto per essere lanciato a livello nazionale che aiuterà tutti gli americani a fare un triage delle loro condizioni di salute ed eventualmente li dirigerà al laboratorio mobile più vicino per fare il tampone. Un sistema di screening di massa stile sudcoreano e powered by Google, un sogno proibito per tutti gli epidemiologi d’occidente. Trump ha detto che 1.700 ingegneri di Google stavano lavorando al progetto facendo “enormi progressi”, e contando che gli ingegneri di Google sono tra i più brillanti del mondo non c’è niente di più rassicurante del sapere che sono al lavoro per una soluzione. Mike Pence ha aggiunto che entro domenica Google avrebbe reso nota la disponibilità del sito, e la nuova coordinatrice per il coronavirus nominata dalla Casa Bianca, la dottoressa Debbie Birx, ha pure presentato uno schema per mostrare come grazie a Google gli americani sarebbero riusciti a fare test in maniera facile e ordinata.

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Ma quando i giornalisti sono corsi dai responsabili della comunicazione di Google per chiedere conto del sito miracoloso, quelli sono caduti dalle nuvole: non avevano idea dell’annuncio di Trump, non c’era un comunicato stampa pronto e non c’era nessun sito di Google. Quello che è in sviluppo è il sito di un’altra compagnia del gruppo Alphabet, che si chiama Verily e che effettivamente aveva cominciato a lavorare a un sito per facilitare il triage dei possibili malati (anche se il giornale online The Verge sostiene che all’inizio era stato pensato soltanto per gli operatori sanitari). Ma il sito, hanno detto i responsabili di Verily, era ancora “nelle prime fasi dello sviluppo” (che significa: abbiamo appena cominciato a lavorarci e non c’è quasi niente di pronto), e destinato a un test locale molto ristretto nella Bay Area in California, la zona di San Francisco: non è certo adatto per gestire la logistica dei tamponi per tutti gli Stati Uniti. Anche i 1.700 ingegneri al lavoro per risolvere l’epidemia non esistono: Verily ha soltanto 1.000 dipendenti, e i 1.700 sono gli ingegneri di Google che un giorno prima avevano dato una generica disponibilità a contribuire a generici progetti legati al coronavirus nel loro tempo libero.

 

 

Quando i giornali americani hanno scritto che il sito sbandierato dal presidente praticamente non esisteva (fonti del New York Times hanno rivelato che l’annuncio è il frutto di alcune telefonate private tra Jared Kushner, il genero di Trump, e il ceo di Verily Andy Conrad, in cui Conrad aveva paventato lo sviluppo di un sito fornendo però pochi particolari) Trump è andato su tutte le furie, ha accusato le “Fake and Corrupt News” e ha trascinato tutti nella solita melma twittarola.

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Ma ormai la frittata era fatta: Trump aveva annunciato alla nazione un sito di Google per combattere il virus, e i dirigenti dell’azienda hanno dovuto fare i salti mortali per coordinarsi con l’Amministrazione e produrre qualcosa. Così ieri Verily ha lanciato un sito di scopo eccezionalmente limitato (è poco più che un questionario) e che è attivo soltanto per i residenti nella Bay Area, mentre Google ha annunciato un ulteriore sito per “informare” i cittadini. Non è così che si gestisce una colossale crisi pubblica, e qui la colpa non è certo di Google: qualsiasi progetto avesse in mente l’azienda, la completa impreparazione dell’Amministrazione americana l’ha compromesso.

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