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Facce, luoghi, segreti (al motel). Così la Corea del sud traccia “gli untori”

Giulia Pompili

Il modello di contenimento di Seul, un esperimento sociale

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Roma. “Una persona che era stata al ristorante X tra le 12 e le 13 è risultata positiva al test. Abbiamo disinfettato l’area e chiuso il ristorante”, dice il messaggio che arriva sugli schermi delle persone presenti nell’area. Per chi frequenti il Giappone o la Corea del sud le notifiche push – per intenderci, quelle che arrivano direttamente sullo schermo del vostro iPhone – sono la normalità durante le emergenze. Nei paesi ipertecnologici asiatici si usano per tutto, specialmente come “early warning”, cioè per prepararsi se c’è un tifone in arrivo, se c’è un terremoto in arrivo, se arriva troppo caldo o troppo freddo. L’applicazione, attraverso il gps, vi localizza e vi dice le informazioni che vi servono per quella specifica area in cui vi trovate. Utile, no? Ma cos’è utile sapere nel caso di una pandemia, con un nemico invisibile, a parte lavarsi le mani spesso?

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Roma. “Una persona che era stata al ristorante X tra le 12 e le 13 è risultata positiva al test. Abbiamo disinfettato l’area e chiuso il ristorante”, dice il messaggio che arriva sugli schermi delle persone presenti nell’area. Per chi frequenti il Giappone o la Corea del sud le notifiche push – per intenderci, quelle che arrivano direttamente sullo schermo del vostro iPhone – sono la normalità durante le emergenze. Nei paesi ipertecnologici asiatici si usano per tutto, specialmente come “early warning”, cioè per prepararsi se c’è un tifone in arrivo, se c’è un terremoto in arrivo, se arriva troppo caldo o troppo freddo. L’applicazione, attraverso il gps, vi localizza e vi dice le informazioni che vi servono per quella specifica area in cui vi trovate. Utile, no? Ma cos’è utile sapere nel caso di una pandemia, con un nemico invisibile, a parte lavarsi le mani spesso?

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La Corea del sud, il paese con il più alto caso di contagi dopo la Cina per il nuovo coronavirus, il paese che ha “dichiarato guerra” alla pandemia, sta sperimentando un nuovo servizio, quello del “traccia il contagiato”. All’inizio dell’emergenza globale le informazioni sulla localizzazione “degli infetti” arrivavano su Naver, una specie di Google map coreano. Poi però alcune autorità sanitarie e governi locali hanno deciso di aumentare i dettagli sui contagi. E quindi basta cliccare sul link per entrare nel database e consultare tutti gli spostamenti delle ultime ore della persona contagiata. Hyung Eun Kim, corrispondente della Bbc, ha raccontato l’altro ieri che non solo il continuo arrivare di messaggi d’emergenza produce ansia, ma soprattutto rischia di essere un morboso Grande fratello che segue i movimenti delle persone. I nomi dei pazienti non sono pubblici, ma basta avere il numero del codice paziente e cercare sui social network: ci sono interi forum di persone che si improvvisano “cacciatori di untori”, e incrociano i dati, e scoprono anche cose che fanno parte della vita privata, privatissima dei cittadini.

 

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Per esempio, se due contagiati nella stessa ora si trovavano nello stesso love motel – gli hotel a ore dove si va a riposare oppure a scambiarsi tenerezze senza problemi di privacy – ecco: beccati gli amanti, decide il popolo di internet. E come se non bastasse la “caccia all’untore” rischia di aumentare la psicosi, e lo stigma sociale. Goh Jae-young, funzionario del Centro di controllo delle malattie infettive sudcoreano, ha detto alla Bbc che all’inizio intervistavano i contagiati, provando a raccogliere le informazioni, ma “per riempire i buchi e per verificare i dati abbiamo pensato che fosse necessario usare i dati gps, le riprese delle telecamere di sorveglianza, le transazioni delle carte di credito”. “Sappiamo di essere nel territorio dei dati personali importanti delle persone”, ha detto Goh, però si tratta di una questione di salute pubblica, e quindi (quasi) tutto può essere concesso e necessario. Durante l’epidemia di Mers nel 2015, il governo sudcoreano fu molto criticato per aver tenute nascoste alcune informazioni, preferendo tutelare la privacy dei cittadini. Anche la Cina sta utilizzando intelligenza artificiale e Big data per il controllo dell’epidemia, solo che lì il problema è che i dati vengono gestiti dal Partito comunista cinese – e di certo non solo per scopi di salute pubblica. In Corea del sud la questione è opposta: eccesso di trasparenza e tutela della collettività. E c’è anche una contraddizione su un tema cruciale, che è quello della fiducia: perché se da una parte la Corea del sud, con una tradizione profondamente confuciana, vive anche di regole collettive insindacabili – ed è questo uno dei motivi per cui finora si è riusciti a evitare in tutti i modi il lockdown di intere metropoli, perché quasi tutta la collettività segue e si fida delle istituzioni e dell’altro – il tracciamento pubblico dei contagiati ci dice che poi, alla fine, perfino loro la vera fiducia la ripongono negli smartphone e nei dati. In ogni caso, il modello di contenimento sudcoreano è tra i più creativi finora, ed è un test per tutti gli altri paesi contagiati.

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