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“L’ordine sparso” sul coronavirus secondo Sassoli

David Carretta

Se c’è qualcosa per cui stanno brillando le istituzioni europee e gli stati membri è la mancanza di coordinamento. Viaggi kafkiani nei palazzi dell’Ue

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Bruxelles. Questa settimana Ursula von der Leyen ha presentato il suoCorona response team”, una squadra di commissari europei impegnati nella battaglia per arginare gli effetti del covid-19 sulla salute pubblica, la mobilità e l’economia. “Coordinamento” è il mantra della presidente della Commissione, che di formazione è medico. Eppure se c’è qualcosa per cui stanno brillando le istituzioni europee e gli stati membri è la mancanza di coordinamento. Dopo un primo vertice straordinario dei ministri della Sanità dei 27 due settimane fa, ce ne sarà un altro domani. Ma ciascun governo sta reagendo a modo suo, dimenticandosi che l’Ue è un’area di libera circolazione delle persone con i loro virus. Non si tratta di chiudere le frontiere, perché il viaggio del covid-19 dall’Asia all’Europa ne ha attraversate decine. Il problema è la cacofonia dei 27 nelle misure di contenimento, che alla fine potrebbe portare alla chiusura delle frontiere per il panico. L’Italia controlla la temperatura di chi arriva nei suoi aeroporti, ma non di chi se ne va. La Francia si è messa in moto con piglio dirigista, ma solo negli ultimi giorni. La Germania ha annullato qualche fiera e poco più. L’Olanda ha sconsigliato viaggi in tutto il nord Italia. Il Belgio fa finta di niente, tiene le scuole aperte a chi è stato in zone rosse o gialle, mantiene eventi con migliaia di persone e incrocia le dita (il presidente di un’associazione di medici, Philippe Devos, ha evocato 850 mila contagi se non ci saranno misure di precauzione più drastiche).

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Bruxelles. Questa settimana Ursula von der Leyen ha presentato il suoCorona response team”, una squadra di commissari europei impegnati nella battaglia per arginare gli effetti del covid-19 sulla salute pubblica, la mobilità e l’economia. “Coordinamento” è il mantra della presidente della Commissione, che di formazione è medico. Eppure se c’è qualcosa per cui stanno brillando le istituzioni europee e gli stati membri è la mancanza di coordinamento. Dopo un primo vertice straordinario dei ministri della Sanità dei 27 due settimane fa, ce ne sarà un altro domani. Ma ciascun governo sta reagendo a modo suo, dimenticandosi che l’Ue è un’area di libera circolazione delle persone con i loro virus. Non si tratta di chiudere le frontiere, perché il viaggio del covid-19 dall’Asia all’Europa ne ha attraversate decine. Il problema è la cacofonia dei 27 nelle misure di contenimento, che alla fine potrebbe portare alla chiusura delle frontiere per il panico. L’Italia controlla la temperatura di chi arriva nei suoi aeroporti, ma non di chi se ne va. La Francia si è messa in moto con piglio dirigista, ma solo negli ultimi giorni. La Germania ha annullato qualche fiera e poco più. L’Olanda ha sconsigliato viaggi in tutto il nord Italia. Il Belgio fa finta di niente, tiene le scuole aperte a chi è stato in zone rosse o gialle, mantiene eventi con migliaia di persone e incrocia le dita (il presidente di un’associazione di medici, Philippe Devos, ha evocato 850 mila contagi se non ci saranno misure di precauzione più drastiche).

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Ad aggravare la situazione c’è il fatto che, in gran parte dei paesi dell’Ue, la settimana scorsa era di vacanza (per il carnevale). Centinaia di migliaia di persone ne hanno approfittato per andare a sciare sulle Alpi italiane, dentro o appena fuori da zone rosse e gialle. Alcuni paesi vogliono essere rassicuranti per evitare gravi contraccolpi sull’economia. Altri non si sentono toccati perché i focolai di coronavirus sono ancora lontani da loro. La sanità è competenza nazionale e l’Ue al massimo può giocare un ruolo per facilitare il coordinamento (in particolare attraverso il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie che sta sfornando raccomandazioni di vario tipo). Ma alla fine ciascun governo è libero di fare come gli pare. “Al termine di questa prova bisognerà riflettere sulla cessione di sovranità da parte degli stati anche su materie di carattere sanitario. Perché finché non ci sarà questo noi avremo un’Europa che andrà in ordine sparso”, dice al Foglio il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. La cacofonia dei 27 sul coronavirus non è “volontà dell’Europa, ma dei suoi stati membri che sono sempre un po’ troppo egoisti delle loro politiche”.

   

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Quanto al coordinamento tra le istituzioni europee, le cose non vanno meglio: per funzionari, consulenti, lobbisti e giornalisti muoversi nei palazzi comunitari è un percorso kafkiano. Le sedi dell’Ue sono bandite a chi è stato nelle zone rosse in Italia, in Cina, Corea del sud e Giappone. Chi negli ultimi 14 giorni è transitato in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte può entrare alla Commissione, al Consiglio e nelle agenzie (ieri c’è stato il primo caso di un funzionario contagiato all’Agenzia europea di difesa e un altro caso collegato al Consiglio europeo), ma non al Parlamento europeo. Il bando però non vale per gli eurodeputati, a cui è stato solo “consigliato” di tenersi lontani dai loro seggi di Strasburgo e Bruxelles perché non si possono porre limiti al loro mandato. Sassoli ha annullato oltre 400 eventi collaterali all’Europarlamento, ma ha mantenuto un incontro e un’audizione con Greta Thunberg, nonché la sessione plenaria della prossima settimana (anche se non si sa ancora se sarà a Strasburgo perché sono in corso contatti con le autorità della Francia). La lista delle località di provenienza off limits dell’Europarlamento è aggiornata al 23 febbraio scorso e non include i focolai che si sono sviluppati successivamente in Francia, Germania e Spagna, oltre che in Italia. Solo la Banca centrale europea ha annunciato provvedimenti radicali per limitare la diffusione dal contagio. Dopo che lunedì Christine Lagarde ha detto che la Bce è pronta a “prendere misure appropriate e mirate” per sostenere l’economia, ieri sono arrivate le decisioni amministrative: fino al 20 aprile stop a tutti i viaggi non essenziali dei membri del Board e del personale; rinvio di tutte le conferenze della Bce tranne le conferenze stampa sulle decisioni di politica monetaria; blocco di tutte le visite non essenziali. Insomma, “what ever it takes”.

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