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Netanyahu (ri)vince in Israele, ma riuscirà a fare il governo? Due strade, anzi tre

Rolla Scolari

E’ ancora una volta Lieberman, l’ex alleato di Bibi, ad avere forse in mano i poteri per portare il paese fuori dallo stallo

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Milano. Quando si pone la stessa domanda a una persona per tre volte consecutive a distanza di poche ore, è molto probabile che la risposta ottenuta sia sempre la stessa. Vale anche per un’elezione, come ha fatto notare la stampa israeliana. E benché i risultati parziali del voto di lunedì in Israele raccontino un altro successo elettorale del premier Benjamin Netanyahu, il paese si trova ora nella stessa situazione in cui era alla chiusura delle urne ad aprile e settembre 2019: in stallo.

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Milano. Quando si pone la stessa domanda a una persona per tre volte consecutive a distanza di poche ore, è molto probabile che la risposta ottenuta sia sempre la stessa. Vale anche per un’elezione, come ha fatto notare la stampa israeliana. E benché i risultati parziali del voto di lunedì in Israele raccontino un altro successo elettorale del premier Benjamin Netanyahu, il paese si trova ora nella stessa situazione in cui era alla chiusura delle urne ad aprile e settembre 2019: in stallo.

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Con il 90 per cento dei voti contati martedì pomeriggio, la destra del Likud di Benjamin Netanyahu avrebbe conquistato 36 seggi, quattro in più rispetto all’avversario principale, il generale Benny Gantz. Al terzo scrutinio in meno di un anno, però, sia i politici sia gli elettori hanno capito che in Israele si celebra il vincitore soltanto quando è in grado di formare una coalizione. E da aprile a oggi, né Netanyahu né Gantz sono ancora riusciti a farlo. Assieme ai suoi alleati, Bibi, come è conosciuto il premier al potere da undici anni consecutivi, è al momento in grado di assicurare un blocco di 59 seggi. Due in meno di quanto serva per governare – alla Knesset siedono 121 deputati. Un deputato, due deputati, tre deputati: sembra nulla, ma è per un solo seggio che ad aprile Netanyahu non è riuscito ad avere una maggioranza. E si è tornati al voto.

 

 

Il presidente Reuven Rivlin, quando i risultati saranno certi, avrà sette giorni per consultarsi con i partiti e dare l’incarico per la formazione di un governo. Il politico scelto avrà 28 giorni – e un’estensione di 14 – per creare una coalizione stabile. Netanyahu è già alla ricerca di nuovi alleati, di quei due o tre numeri che possono garantirgli un governo. Uno scenario possibile è che il primo ministro attiri a sé quelli che la stampa israeliana definisce già “disertori”: politici pronti ad abbandonare movimenti come la coalizione di sinistra (Labor, Gesher e Meretz) crollata a sette seggi, o a lasciare gruppi di centro o di destra come Blu e Bianco di Gantz, Yisrael Beiteinu dell’ex ministro Avigdor Leiberman. E’ ancora una volta proprio lui, Lieberman, l’ex alleato di Bibi, ad avere forse in mano i poteri per portare il paese fuori dallo stallo. E’ stato il suo rifiuto a sostenere prima Netanyahu poi Gantz a costringere Israele a tre elezioni in pochi mesi, e oggi pesano su di lui pressioni per evitare una nuova impasse. Non è detto però che, proprio a causa della sua inaffidabilità, sia il premier sia il suo rivale siano disposti ora a negoziare.

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Non ci sono soltanto le pressioni su Lieberman. Gli elettori sono stufi di votare, e l’affluenza record di lunedì, la più alta dal 1999, ha confermato che gli israeliani vogliano uscire da questa situazione. Proprio per questo non manca chi chiede ai due principali sfidanti, Netanyahu e Gantz, un compromesso: la formazione di un governo di unità nazionale capace di traghettare il paese fuori dallo stallo. Non esistono enormi differenze ideologiche tra i due blocchi su temi come la sicurezza, l’economia, la politica estera. Il generale Benny Gantz ha detto però in passato di essere sì favorevole a un esecutivo di unità nazionale, ma soltanto a condizione che al suo interno non sieda Netanyahu, incriminato per corruzione, frode e abuso di potere, reati per i quali sarà processato a partire dal 17 marzo. Se, nonostante tutto, nelle prossime settimane i due sfidanti trovassero invece un accordo, il capo dell’opposizione diventerebbe, in una prima storica assoluta, Ayman Odeh, politico arabo alla testa di un raggruppamento di partiti arabi arrivato terzo alle urne, con 15 seggi. Resta comunque aperta la possibilità di una nuova paralisi. E quindi di una quarta elezione in pochi mesi. E’ una strada che tutti in Israele preferirebbero evitare. O forse non proprio tutti, considerato che l’ennesimo voto si terrebbe mentre il premier Netanyahu siede sul banco degli imputati.

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