Qui al Foglio ci piacerebbe che la Turchia avesse un governo laico, che rispettasse le libertà di giornalisti e accademici (e di tutti in buona sostanza) e che riuscisse a trattenere le pulsioni aggressive contro i curdi. Ma in questo articolo di oggi non si parla di quei dossier dolorosi e ci si concentra sull’equivoco enorme che molti fanno a proposito della questione dei profughi siriani e dei confini dell’Europa. Vediamo titoli come “il ricatto di Erdogan” e “Erdogan spinge i profughi verso l’Europa”. Ebbene, il fatto è semplice: Erdogan ha ragione. I profughi che scappano a milioni verso l’Europa non sono turchi, sono siriani e vengono dalla Siria in guerra. E non sono in fuga da Erdogan, sono in fuga da una campagna militare del governo di Bashar el Assad e della Russia. Se gli aerei di Assad e della Russia non li bombardassero tutti i giorni, non si sposterebbero di un metro dalle loro case in Siria. Invece scappano verso la Turchia perché è la loro unica via di salvezza e perché c’è una campagna militare che li prende deliberatamente di mira e non c’è nessuno nella comunità internazionale – nessuno – che voglia occuparsi di loro. E però piuttosto che riconoscere questa realtà lineare, diamo a Erdogan una colpa che non ha: quella di produrre milioni di sfollati disperati.
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