Pete Buttigieg (foto LaPresse)

Pete Buttigieg, l'outsider tranquillo

Greta Privitera

Il candidato alle primarie dem raccontato da chi lo conosce bene. Forze, debolezze e il fascino della “can do attitude”

Milano. “Dovete parlare con Jack, lui sa tutto di Pete”, ci dice Alan Achkar, direttore del South Bend Tribune, il quotidiano della cittadina dell’Indiana da cui prende il nome. Jack è Jack Colwell editorialista storico del giornale che scrive di politica dal 1964 e Pete è Buttigieg, trentotto anni, ex sindaco della città, candidato alle primarie dei democratici per la corsa alla Casa Bianca, che a sorpresa si trova in testa nei risultati – controversi – dei caucus in Iowa. Si chiamano per nome perché si conoscono da sempre, vivono poco distanti l’uno dall’altro, mangiano negli stessi ristoranti. (Privitera segue a pagina quattro)

 

A Colwell viene spontaneo parlare del candidato presidente sulla bocca di tutti per la sua performance al primo appuntamento in Iowa come di un nipote che ha visto crescere: se ne rende conto e cerca di mascherarlo provando a chiamarlo “mayor Pete”, ma dura poco. “Secondo i sondaggi che precedevano il voto dei caucus in Iowa, sarebbe dovuto arrivare terzo o quarto, sicuramente dietro Joe Biden e Bernie Sanders, magari anche dopo Elizabeth Warren. Mai avremmo pensato che guidasse la carovana – dice Colwell – Peccato quel pasticcio con la app del voto. La polemica sulla disorganizzazione dei democratici e i risultati arrivati in gran ritardo, e in concomitanza con il discorso sconvolgente sullo stato dell’Unione di Donald Trump, oscurano la straordinaria ascesa di Pete. La prima tappa dell’Iowa serve a dare una forte spinta iniziale al candidato che vince, temo che qui si sia persa nel caos”.

 

Come ha fatto un giovane millennial, outsider, gay, ex sindaco di una piccola città poco conosciuta anche negli Stati Uniti a superare i grandi della politica, tra cui Biden, il vicepresidente di Barack Obama, ce lo prova a spiegare Colwell: “Si è rimboccato le maniche. Da quando ha annunciato la sua candidatura e ha lasciato il ruolo da sindaco di South Bend, ha concentrato i suoi sforzi sull’Iowa. Lì ha messo in piedi un team di persone preparate e un headquarter da fare invidia ai veterani della politica. Ha fatto molta personal campaign, ha incontrato e ascoltato centinaia di storie, ha organizzato incontri nei licei. Si è fatto conoscere come il giovane, serio e moderato di sinistra quale è”. Buttigieg non ha il portafoglio di Michael Bloomberg né la popolarità di Sanders per finanziarsi chissà quale campagna televisiva, ma ha avuto l’intelligenza di capire l’importanza di fare rete e tornare per le strade. “Di sicuro ha preso spunto dal Barack Obama del 2008 – dice Colwell – e di sicuro c’entra la sua esperienza da sindaco a contatto con i problemi reali delle persone”.

 

Dopo la laurea in Storia e Letteratura ad Harvard e poi in Filosofia, Politica ed Economia a Oxford, Buttigieg è stato eletto sindaco di South Bend la prima volta a 29 anni, nel 2012, promettendo di ridare vita alla città che la rivista Newsweek definiva “una delle più morenti d’America”. “Quando si è ricandidato nel 2015, dopo il coming out, e una breve esperienza in Afghanistan, ha ottenuto l’80 per cento dei voti – dice Colwell – South Bend è a maggioranza democratica, ma l’80 per cento delle preferenze vuol dire riuscire a convincere anche i repubblicani. Ce l’ha fatta perché gli elettori lo percepiscono come un uomo concreto, di parola”.

 

Un esempio: come tutti i paesi della Rust Belt, anche South Bend ha subìto la deindustrializzazione. Qui si viveva grazie alla Studebaker, una casa automobilistica che ha chiuso negli anni Sessanta trascinando l’intero paese in una forte depressione. La popolazione è passata da 130 mila abitanti a 100 mila, con un calo del 23 per cento. “Il centro era deserto, le fabbriche e le case abbandonate. Nel febbraio 2013, Pete era sindaco da poco e ha annunciato un’iniziativa molto ambiziosa dal nome ‘1000 houses in 1000 days’. Ha promesso di riparare o demolire mille case abbandonate in soli mille giorni per ripopolare la downtown fantasma. Per me un’operazione folle, e gliel’avevo anche detto, ma ce l’ha fatta. Ha riaperto negozi, costruito ciclabili, dato fiducia agli abitanti disillusi dalle promesse non mantenute dei sindaci precedenti. Ha portato nella comunità quella che qui chiamiamo la ‘can do attitude’”. Nel suo passato da sindaco ha incontrato anche degli oppositori. “Non è riuscito a convincere gli afroamericani che lo hanno accusato di aver dimenticato le periferie. Nel 2019 c’è stata una sparatoria a rendere i rapporti ancora più tesi. Un poliziotto bianco ha ucciso un ragazzo afroamericano armato di coltello, il caso è ancora sotto inchiesta. Visti gli avvenimenti degli ultimi anni tra la polizia e i giovani di colore, molti della comunità afroamericana tendono a essere sospettosi e, in questo caso, si aspettavano una presa di posizione da parte del sindaco che invece è stato cauto”. Secondo i sondaggi, dice Colwell, Buttigieg ha grande supporto tra le donne, gli anziani che lo vedono come un giovane rassicurante, gli ispanici e una parte dei millennial (quelli non di Sanders), e “anche a livello nazionale dovrà provare ad avvicinarsi di più agli afroamericani che non sono ancora convinti dalle sue parole”.

 

La prossima tappa è l’11 febbraio in New Hampshire, “la strada è lunga. Se Pete vuole provare a vincere, deve continuare a fare il moderato che è. Quando Sanders e Warren gridano Medicare for all, lui deve continuare a ribattere ‘for all who want it’. E ancora: Free college for all? Tranne per i figli dei milionari. Sono progetti meno ambiziosi e romantici rispetto a quelli dei suoi sfidanti, ma piacciono perché più reali. Sembra che gli elettori americani siano stanchi di essere divisi in due squadre così agli estremi. Cercano qualcuno che possa mettere fine al dramma degli ultimi 4 anni e dare un po’ di pace”.

Alla fine della nostra conversazione, Colwell confessa che gli piacerebbe moltissimo vedere un confronto fra Trump e Buttigieg in tv, “uno così esuberante e pomposo, l’altro così calmo e preparato. Mr boombastic vs Mr secchione”.