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In Polonia c’è chi teme che il governo abbia una sua strategia per la exit: farsi cacciare

Micol Flammini

Varsavia non rinuncia alle sue riforme illiberali e il PiS è sempre più indifferente ai rimproveri dell'Ue

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Roma. La chiamano l’uscita silenziosa, oppure per sfinimento. Se davvero il PiS ha in mente il progetto di portare la Polonia fuori dall’Unione europea, vuole farlo usando una tattica diversa rispetto agli inglesi: vuole farsi cacciare. Così dicono i commentatori e l’opposizione, che nei litigi sempre più aspri tra Varsavia e Bruxelles vedono il tentativo del partito di governo di arrivare a uno scontro sulla riforma giudiziaria. Questa exit però silenziosa non lo è affatto, fa rumore, scalpita, mobilita e, cosa strana, sta anche costringendo l’Unione europea a perdere la pazienza. Vera Jourová, che martedì è arrivata a Varsavia piena di buone intenzioni ha lasciato la capitale polacca ammettendo di non avere visto nemmeno uno spiraglio “per un compromesso concreto”.

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Roma. La chiamano l’uscita silenziosa, oppure per sfinimento. Se davvero il PiS ha in mente il progetto di portare la Polonia fuori dall’Unione europea, vuole farlo usando una tattica diversa rispetto agli inglesi: vuole farsi cacciare. Così dicono i commentatori e l’opposizione, che nei litigi sempre più aspri tra Varsavia e Bruxelles vedono il tentativo del partito di governo di arrivare a uno scontro sulla riforma giudiziaria. Questa exit però silenziosa non lo è affatto, fa rumore, scalpita, mobilita e, cosa strana, sta anche costringendo l’Unione europea a perdere la pazienza. Vera Jourová, che martedì è arrivata a Varsavia piena di buone intenzioni ha lasciato la capitale polacca ammettendo di non avere visto nemmeno uno spiraglio “per un compromesso concreto”.

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La vicepresidente della Commissione per i Valori e la Trasparenza aveva spiegato, prima di partire, di avere l’intenzione di usare il dialogo per rimettere tanto l’Ungheria quanto la Polonia sulla buona strada. Lo stato di diritto però non è in cima alle priorità del partito di governo, che nell’ottobre scorso ha vinto la seconda elezione consecutiva e che quest'anno ha un altro test elettorale importante: le presidenziali. In cima alle priorità c’è lo stravolgimento della democrazia polacca attraverso una riforma che assicuri al partito la permanenza al potere. La lotta del PiS contro la magistratura è iniziata nel 2018 quando il presidente Andrzej Duda firmò una legge che imponeva ai giudici della Corte suprema il pensionamento anticipato. Anche la presidente della Corte, Malgorzata Gersdorf, avrebbe dovuto lasciare il suo posto, ma continuò ad andare nel suo ufficio tutti i giorni. Fuori c’erano le proteste dei polacchi che invocavano l’intervento dell’Europa e tanto fu forte la protesta, tanto fu forte il trauma, che Lech Walesa, uno dei padri fondatori della Polonia democratica, decise di tornare in campo.

 

 

La legge, diceva il governo, serviva a epurare la magistratura dai vecchi giudici che avevano collaborato con il regime comunista. Una bugia, nessuno dei giudici aveva avuto legami con la dittatura. Dell’unico magistrato di cui si conoscono i trascorsi nel Partito comunista, si sa che lo scorso anno è stato scelto da PiS per il Tribunale costituzionale. Il governo quest’anno si è spinto oltre e ha rimosso il vecchio sistema per il quale i nuovi giudici venivano nominati da un organo controllato dalla magistratura. Ora le nomine le fa il Parlamento. La Corte suprema ha giudicato alcune delle nuove nomine illegittime, e il governo ha risposto con una nuova legge che penalizza chi mette in discussione le riforme.

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La Commissione europea ha condannato il nuovo sistema, ha chiesto alla Corte di giustizia europea di congelare la legge, ma Varsavia va dritta, non ascolta, non rinuncia alle sue riforme illiberali. Da anni l’opposizione prova a organizzare una reazione forte. Le rispondono le città più grandi, il resto della Polonia rimane fedele al PiS che si è presentato come il difensore dei valori tradizionali ed è riuscito a convincere il suo elettorato anche con un generoso sistema di bonus e tagli di tasse. Il lavoro non è soltanto economico, la macchina della propaganda messa su dal governo è composta da troll, che in questi anni hanno ripetutamente attaccato i giudici, e dalla televisione. Il canale TVP porta avanti campagne di odio contro gli oppositori del governo. Ha mandato in onda una serie televisiva chiamata “Kasta” che descrive i giudici come corrotti e avidi, presenta storie di magistrati che rubano (salsicce) e che bevono (wódka). Un messaggio pericoloso, al quale gli elettori danno ascolto. L’Unione europea promette di prendere delle misure serie contro chi viola lo stato di diritto, ma il governo polacco non le crede.

 

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L’obiettivo del PiS non è ottenere un’uscita silenziosa o per sfinimento dall’Ue – dove lo troverebbe un altro bancomat così generoso – ma non teme le eventuali punizioni di Bruxelles. Si impunta, fa il duro, lo ha fatto anche con il Green deal: la Polonia è stata l’unica nazione a non approvare l’obiettivo di raggiungere “un’Unione europea neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050”. Il governo ha detto di voler vedere prima quanti soldi avrà a disposizione, l’Ue gli ha messo a disposizione due miliardi.

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