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Londra dice sì a Huawei

Eugenio Cau

Boris fa uno sgarbo a Trump. Il governo britannico concede ai cinesi l’accesso al 5G (con limitazioni)

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Milano. A pochi giorni dalla data ufficiale della Brexit, la prima decisione con gravi conseguenze geopolitiche presa dal governo britannico di Boris Johnson è uno schiaffo in faccia all’Amministrazione americana di Donald Trump. Londra ha annunciato ieri che non impedirà a Huawei, l’azienda di telecomunicazioni cinese, di partecipare alla costruzione delle infrastrutture 5G del Regno Unito, ma si limiterà a imporre precise restrizioni alla compagnia cinese. Il governo inglese si scontra con le richieste di Washington, che per più di un anno ha fatto pressioni dure per eliminare del tutto Huawei dalle reti di nuova generazione, citando rischi per la sicurezza e per le comunicazioni d’intelligence. Ancora la settimana scorsa, una delegazione americana è stata a Londra per cercare di convincere gli inglesi a bandire Huawei, e venerdì Trump ha chiamato Johnson per ricordargli la necessità di “rendere sicure le nostre reti di telecomunicazione”. I due si sono sentiti di nuovo ieri. Mike Pompeo, il segretario di stato, sarà a Londra tra pochi giorni per perorare la causa. Ma Boris Johnson è andato contro le richieste americane, e a costo di inimicarsi Trump, già indispettito per la web tax sui giganti tech, ha deciso che è meglio avere Huawei nel 5G piuttosto che fare contento il presidente americano.

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Milano. A pochi giorni dalla data ufficiale della Brexit, la prima decisione con gravi conseguenze geopolitiche presa dal governo britannico di Boris Johnson è uno schiaffo in faccia all’Amministrazione americana di Donald Trump. Londra ha annunciato ieri che non impedirà a Huawei, l’azienda di telecomunicazioni cinese, di partecipare alla costruzione delle infrastrutture 5G del Regno Unito, ma si limiterà a imporre precise restrizioni alla compagnia cinese. Il governo inglese si scontra con le richieste di Washington, che per più di un anno ha fatto pressioni dure per eliminare del tutto Huawei dalle reti di nuova generazione, citando rischi per la sicurezza e per le comunicazioni d’intelligence. Ancora la settimana scorsa, una delegazione americana è stata a Londra per cercare di convincere gli inglesi a bandire Huawei, e venerdì Trump ha chiamato Johnson per ricordargli la necessità di “rendere sicure le nostre reti di telecomunicazione”. I due si sono sentiti di nuovo ieri. Mike Pompeo, il segretario di stato, sarà a Londra tra pochi giorni per perorare la causa. Ma Boris Johnson è andato contro le richieste americane, e a costo di inimicarsi Trump, già indispettito per la web tax sui giganti tech, ha deciso che è meglio avere Huawei nel 5G piuttosto che fare contento il presidente americano.

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Huawei è leader nel settore 5G, e i suoi prodotti garantiscono alta qualità a prezzi bassissimi (anche grazie ai generosi aiuti dello stato cinese, come hanno rivelato inchieste giornalistiche smentite dall’azienda). Funzionari britannici sentiti dal Guardian hanno detto che senza Huawei il lancio del 5G sarebbe stato rallentato perfino di tre anni. Ma Huawei, come tutte le aziende cinesi, non può fornire garanzie chiare sulla sua indipendenza dal regime di Pechino, nonostante le rassicurazioni date dal management. Nel sistema cinese, dove lo stato di diritto è obliterato dal Partito comunista, è impossibile escludere che in una condizione limite (per esempio una guerra) Pechino deciderà di usare Huawei per prendere il controllo di una infrastruttura strategica come il 5G, che non gestirà soltanto le comunicazioni ma anche la mobilità urbana, le centrali elettriche, le strutture militari.

 

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Ma il governo britannico è convinto di aver trovato il modo di ridurre il rischio senza bandire Huawei. Dopo una riunione con il Consiglio per la sicurezza nazionale, ha pubblicato un documento in cui inasprisce le misure di salvaguardia per l’ingresso di “fornitori ad alto rischio” nella rete. Questi fornitori – Huawei non è nominata ma il riferimento è chiaro – saranno esclusi dalla parte “core” e strategica della rete, e dunque non sarà affidata loro la costruzione dei server centrali che indirizzano le comunicazioni, ma soltanto delle stazioni base e delle antenne periferiche che portano i dati agli utenti finali. Inoltre questi fornitori non potranno avere quote di mercato superiori al 35 per cento, e avranno limiti geografici: saranno esclusi dalle località sensibili, come le centrali nucleari o le basi militari. Fonti di Washington si sono dette “deluse” per la decisione britannica; Huawei invece è “rassicurata”. Secondo Stefano Zanero, professore associato del Politecnico di Milano ed esperto di sicurezza dei sistemi, “in un’ottica di rischio state-to-state, relegare gli apparati sospetti ai margini dell’infrastruttura riduce gli scenari in cui un governo può essere interessato a una violazione”. Se Huawei non ha accesso all’infrastruttura centrale, è il ragionamento, il governo di Pechino non avrà interesse ad attaccare aree periferiche e non sensibili. “La limitazione delle quote di mercato”, continua Zanero, “garantisce una molteplicità di fornitori e rende meno grave il rischio di dipendenza tecnologica: se a più fornitori è concessa una parte nella costruzione dell’infrastruttura diventa minore la possibilità che uno diventi dominante”. I rischi non sono eliminati, soltanto mitigati, ma la condizione del mercato del 5G rende obbligatorio questo tipo di scelte. La decisione del Regno Unito, che è anche membro dell’alleanza di intelligence Five Eyes, è uno smacco per la campagna americana contro Huawei. Entro l’anno sono previste le decisioni di Germania e Francia sul 5G, entrambe orientate a scelte simili a quelle di Londra. L’Italia è più indietro. Il decreto sulla cybersecurity (quello che estende i poteri di Golden Power al 5G) prevede la creazione di apparati di sicurezza come un Centro di valutazione e certificazione nazionale per le telecomunicazioni, ma “ci vorrà ancora del tempo perché diventi operativo”, spiega Zanero.

Eugenio Cau

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