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Cosa stanno facendo le navi turche al largo della Libia

Luca Gambardella

Fregate della Marina militare di Ankara scortano un carico di armi diretto a Tripoli e salvano 30 migranti riportandoli indietro. Almeno una di queste unità è inquadrata in una missione Nato. Brutte notizie per l'Italia

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Nelle ultime ore cinque unità navali della Marina militare turca si sono avvicinate alle coste libiche: alcune hanno scortato almeno una nave cargo che era diretta al porto di Tripoli, mentre un’altra ha salvato 30 migranti che si trovavano su un barcone. Una volta recuperati i naufraghi, i militari turchi hanno offerto loro cure mediche ma subito dopo li hanno ricondotti in Libia e li hanno affidati alla cosiddetta "Guardia costiera libica", violando così le convenzioni internazionali del diritto del mare, dato che Tripoli è considerata dall’Onu un porto non sicuro. A confermare quanto accaduto al largo della Libia c'è anche Moonbird, l'aereo dell'ong SeaWatch che pattugliava la zona. "La Turchia, paese membro della Nato, firmatario della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e della Convenzione di Ginevra, si è resa complice di una ennesima grave violazione dei diritti dell'uomo. Un rifugiato, secondo il principio di non-refoulment, non può infatti essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate", ha commentato l'ong in un comunicato. 

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Nelle ultime ore cinque unità navali della Marina militare turca si sono avvicinate alle coste libiche: alcune hanno scortato almeno una nave cargo che era diretta al porto di Tripoli, mentre un’altra ha salvato 30 migranti che si trovavano su un barcone. Una volta recuperati i naufraghi, i militari turchi hanno offerto loro cure mediche ma subito dopo li hanno ricondotti in Libia e li hanno affidati alla cosiddetta "Guardia costiera libica", violando così le convenzioni internazionali del diritto del mare, dato che Tripoli è considerata dall’Onu un porto non sicuro. A confermare quanto accaduto al largo della Libia c'è anche Moonbird, l'aereo dell'ong SeaWatch che pattugliava la zona. "La Turchia, paese membro della Nato, firmatario della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e della Convenzione di Ginevra, si è resa complice di una ennesima grave violazione dei diritti dell'uomo. Un rifugiato, secondo il principio di non-refoulment, non può infatti essere deportato, espulso o trasferito verso territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate", ha commentato l'ong in un comunicato. 

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A salvare i 30 naufraghi, come confermato da video e foto pubblicate dalla stessa Marina turca sul suo sito, è stata la fregata TCG Gaziantep, inquadrata in una missione Nato antiterrorismo, la Sea Guardian. La missione è sostenuta dal Secondo gruppo marittimo permanente della Nato, che da dicembre è comandato da un sottammiraglio italiano, Paolo Fantoni.

  

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Due foto scattate da Moonbird, l'aereo dell'ong SeaWatch


 

Con ogni probabilità, i turchi non si trovavano al largo della Libia per salvare migranti. Un giornalista libico, Faraj Aljarih, ha scattato delle foto alle navi turche che si trovano a poche miglia dal porto di Tripoli. Si tratta della TCG Gökova, TCG Göksu, TCG Gediz, TCG Yarbay Kudret Güngör e appunto della TCG Gaziantep che ha recuperato i migranti. Secondo Aljarih, ci sono pochi dubbi sul fatto che il cargo scortato da una delle fregate trasportasse armi e mezzi militari diretti al governo di unità nazionale di Serraj. Una versione confermata anche dal corrispondente dell’emittente giordana al Hadath, che si trova a Tripoli, la nave cargo scortata avrebbe scaricato carri armati e armi dirette al governo di Serraj. Alcune foto e video di carichi sospetti diretti arrivati nel paese erano stati riferiti anche lo scorso 17 gennaio.

 


 Una delle foto diffuse dalla Marina militare turca delle operazioni di salvataggio dei migranti


 

La presenza delle fregate turche nel Mediterraneo centrale era stata annunciata dalla stessa Marina militare di Ankara il 19 gennaio. Con un comunicato, si dava notizia che la TCG Gaziantep e la TCG Gediz avevano appena concluso un’esercitazione in quell’area con la fregata italiana Grecale e che le due navi sarebbero rimaste ormeggiate al porto siciliano di Augusta dal 18 al 21 gennaio prima di riprendere la navigazione.

 


 Una delle foto diffuse dalla Marina militare turca delle operazioni di salvataggio dei migranti 


 

Il caso è grave per diversi motivi, che riguardano da vicino, direttamente o indirettamente, anche l’Italia. Innanzitutto, si conferma che la Turchia continua a fornire sostegno militare al suo alleato Fayez al Serraj, dopo le prime “consegne” di armi all’inizio del mese. Qualunque tregua tra Serraj e Haftar concepita a Berlino, come si temeva, è lontana dal realizzarsi. Sul fronte dell’immigrazione, si crea un precedente pericoloso in tema di immigrazione e operazioni sar, con una nave militare che viola il diritto internazionale e recupera dei migranti riportandoli in un porto non sicuro. Infine, è la prova che le acque al nord della Libia sono ormai turbolente non solo per mano dei miliziani libici ma anche per via di navi inquadrate in missioni Nato.

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