PUBBLICITÁ

I populisti hanno capito l’importanza dei musei, campi di battaglia culturali

Micol Flammini

Rifare l’arte e la storia. L’esempio polacco e ungherese

PUBBLICITÁ

Per i populisti la cultura è importante. Talmente importante da suscitare un interesse ossessivo. Talmente centrale per il loro potere che, una volta al potere, i populisti sanno che per mantenerlo devono far qualcosa per la cultura. Cambiarla. In Polonia e in Ungheria, dove due partiti fratelli sono al governo da diversi anni e sembra che siano anche in trattativa per far parte, un giorno, della stessa famiglia europea, l’attenzione per la cultura si è concentrata sui suoi templi: i musei. E su chi amministra i musei: i direttori. È tutto un continuo riscrivere, un continuo camuffare, un continuo manifestare ai polacchi e agli ungheresi che quello che hanno imparato, celebrato, amato finora non era degno di essere imparato, né celebrato, né amato. Ma riscrivere la storia e rifare l’arte è complicato, bisogna entrare appunto nei loro templi e il PiS in Polonia e Fidesz in Ungheria lo stanno facendo.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Per i populisti la cultura è importante. Talmente importante da suscitare un interesse ossessivo. Talmente centrale per il loro potere che, una volta al potere, i populisti sanno che per mantenerlo devono far qualcosa per la cultura. Cambiarla. In Polonia e in Ungheria, dove due partiti fratelli sono al governo da diversi anni e sembra che siano anche in trattativa per far parte, un giorno, della stessa famiglia europea, l’attenzione per la cultura si è concentrata sui suoi templi: i musei. E su chi amministra i musei: i direttori. È tutto un continuo riscrivere, un continuo camuffare, un continuo manifestare ai polacchi e agli ungheresi che quello che hanno imparato, celebrato, amato finora non era degno di essere imparato, né celebrato, né amato. Ma riscrivere la storia e rifare l’arte è complicato, bisogna entrare appunto nei loro templi e il PiS in Polonia e Fidesz in Ungheria lo stanno facendo.

PUBBLICITÁ

 

Lo scorso anno a Varsavia ci fu la rivolta delle banane, dopo che il direttore del Museo nazionale della capitale polacca, da poco nominato dal PiS, fece rimuovere un’installazione perché “scandalosa e diseducativa”: un volto di ragazza e una banana in un video, tanto è bastato a Jerzy Miziolek per decidere che non voleva più roba del genere nel suo museo. Non aveva però previsto che Varsavia si sarebbe riempita di banane, che i personaggi più famosi avrebbero deciso di andare in giro con banane in mano, tra i capelli, in borsa e anche in bocca. Il governo era dalla parte del direttore e dopo un po' il frutto, oltre che dal museo, scomparve anche dalle strade. In Ungheria la pratica va avanti già da alcuni anni, Viktor Orbán è riuscito a portare le sue trasformazioni con rapidità prendendosela soprattutto con la storia. Lo scorso anno gli storici dell’Istituto 1956, l’organizzazione che si occupa di fare ricerche sull’anno della rivolta contro il regime comunista, scoprirono dai media che il loro istituto non esisteva più, o meglio, era stato accorpato a Veritas, un altro istituto creato da Fidesz che si occupa di produrre materiale che testimoni che la storia è andata come racconta il governo.

 

PUBBLICITÁ

Il PiS in Polonia ha da poco nominato un nuovo direttore per il museo di arte contemporanea Ujazdowski, a Varsavia. Il museo è tra i più importanti della città, ha ospitato opere anche di artisti internazionali come Barbara Kruger e Kara Walker e ha spesso cercato di rappresentare il lato più progressista del paese, che non è di certo al governo ma è molto battagliero nella capitale che si è schierata contro il nuovo direttore Piotr Bernatowicz. Gli artisti che hanno collaborato con il museo Ujazdowski e i curatori delle mostre hanno detto che Bernatowicz non ha nulla a che vedere con la cultura e con la storia del museo – è in corso un’esposizione sull’omosessualità nell’Europa orientale – e questo creerà un problema a chi è abituato a vedere nel museo un punto di riferimento anche politico. Bernatowicz ha promesso che porterà avanti la missione politica, ma lo farà agevolando gli artisti più emarginati, lo ha ripetuto anche in un’intervista al New York Times, dove per emarginati intende quelli non impegnati nel combattere il cambiamento climatico, il fascismo o nel promuovere i diritti gay: “L’arte è dominata da un’ideologia di sinistra, proprio neo-marxista”, ha detto. Nelle sale dell’Ujazdowski, come chiede il PiS, troveranno spazio artisti patriottici e conservatori.

 

I musei si stanno trasformando nei campi delle battaglie culturali del partito di governo, che ha capito l’importanza dell’arte ma insiste di più sulla storia. Nella città di Poznan, a ovest, il nuovo direttore, sempre nominato dal PiS e senza un concorso, scrive la Gazeta Wyborcza, c’è il progetto di cambiare il Museo dell’Indipendenza, di accorparlo al Museo nazionale per ottenere dei soldi dal PiS che ne consentano la ristrutturazione, che secondo molti non sarebbe necessaria in questo momento. Ma ottenere dei soldi dal governo vuol dire poi cedere alla logica del PiS che vuole raccontare la storia a modo suo – è già successo a Danzica con il museo della Seconda guerra mondiale, avverte l’opposizione – e ha capito, come Orbán in Ungheria, che la cultura, la storia e l’arte sono importanti: cambiano un popolo e rendono il potere più forte.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ