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Il ritorno di Guaidó è un autogol di Maduro

Maurizio Stefanini

In Venezuela il regime ha provato a sabotare la rielezione del leader dell'opposizione alla presidenza dell'Assemblea nazionale. Ma il tentativo grottesco è andato molto male

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“A Maduro se le salió el tiro por la culata”. Popolarissima in spagnolo, la metafora della pallottola che scoppia in faccia allo sparatore è usata da Nelson Bocaranda per spiegare al Foglio quello che è successo tra domenica e martedì a Caracas. Bocaranda è il giornalista famoso per aver anticipato sia la malattia di Chávez sia la sua morte.

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“A Maduro se le salió el tiro por la culata”. Popolarissima in spagnolo, la metafora della pallottola che scoppia in faccia allo sparatore è usata da Nelson Bocaranda per spiegare al Foglio quello che è successo tra domenica e martedì a Caracas. Bocaranda è il giornalista famoso per aver anticipato sia la malattia di Chávez sia la sua morte.

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Domenica era in agenda il rinnovo della presidenza dell’Assemblea nazionale, che Maduro ha esautorato con un golpe istituzionale, dopo che alle ultime politiche 112 seggi su 167 sono stati presi dall’opposizione. Ma che continua a riunirsi, e che giusto un anno fa aveva infine risposto al golpe continuato dichiarando la decadenza di Maduro, e proclamando il suo presidente Juan Guaidó capo dello stato ad interim, in una sessione tenuta all’aperto in presenza dei cittadini. “Cabildo abierto”, secondo una formula che risale alla Spagna medioevale e che ridivenne importante ai tempi delle guerre di indipendenza.

  

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Scadeva infatti il mandato di Guaidó, e bisognava rinnovarlo per un altro anno. Ma quando i deputati dell’opposizione hanno provato a entrare sono stati respinti. Intanto, però, venivano fatti entrare i deputati governativi, e anche una quindicina di deputati che eletti con l’opposizione hanno recentemente rotto con Guaidó. Loro si presentano come “responsabili”, ma in realtà sono stati espulsi dai loro partiti perché coinvolti in un grave scandalo. E un deputato ha denunciato che gli erano stati offerti 750 mila dollari per prestarsi alla manovra per cui è stato eletto nuovo presidente dell’Assemblea nazionale il “responsabile” Luis Parra, con un ufficio di presidenza tutto composto da addomesticati.

 

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Il regime ha fatto sapere che Parra era stato votato con il quorum minimo necessario di 84 presenti, e che Guaidò non aveva osato presentarsi “perché sapeva di essere in minoranza”. Proprio per smontare questa tesi, Guaidó si è prima fatto filmare mentre cercava di entrare in Assemblea nazionale scavalcando una inferriata, e veniva respinto. Poi ha riunito i deputati rimasti fuori nella sede del quotidiano “El Nacional”, dove la sua elezione è stata convalidata all’unanimità da 100 presenti.

 

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Sottratti al numero di 167 membri dell’Assemblea nazionale, è stato dimostrato che Parra non poteva avere raggiunto il quorum. Il respingimento sull’inferriata e il voto al Nacional sono risultati una cosa talmente clamorosa che Maduro è giudicato tuttora il legittimo presidente dell’Assemblea nazionale da Stati Uniti, Unione europea, Osa e Gruppo di Lima. Anche i governi di sinistra di Messico, Uruguay e Argentina hanno dichiarato che secondo loro Parra era stato eletto in maniera irregolare.

 

 

Secondo quanto spiega Bocaranda al Foglio, “il fatto che perfino il Messico e l’Argentina abbiano respinto questo tentativo di assalto di Maduro all’Assemblea nazionale ha fatto traballare la determinazione del regime”. È la stessa opinione che ci manifesta Gustavo Tovar, regista di un film molto critico verso il chavismo: “La reazione di Argentina e Messico li ha sorpresi. La foto di Guaidó che affrontava i militari che non lo facevano entrare ha fatto il giro del mondo e li ha lasciati senza argomenti. Il regime si è reso conto che aveva fatto un errore”.

 

Di questa esitazione ha approfittato Guaidó presentandosi ieri di nuovo di fronte all’Assemblea nazionale, ma stavolta con 100 deputati. Alcuni tra i più fisicamente robusti si sono piantati di fronte al pugno di Guardie Nazionali spaurite e anche minute che erano state messe di guardia al portone. Mostrando i tesserini di deputati, gridando che erano al servizio della Costituzione, infine facendo anche forza fisica li hanno letteralmente travolti, spalancando il portone.

  

 

 

Deputati e giornalisti al seguito si sono proiettati dentro quasi d’assalto, conquistando l’emiciclo in cui poco prima Parra aveva provato a fare una seduta con non più di una ventina di presenti. I “traditori”, come sono stati definiti, se ne sono andati via. Testimonianze e filmati suggeriscono una vera e propria fuga, di fronte alla presumibile ira dei colleghi.

 

 

Come racconta sempre Bocaranda, “è stata la sorpresa più grande. I militari si sono fatto travolgere, i 100 sono arrivati all’emiciclo e gli altri sono scappati via”. Secondo il giornalista, l’autogol più grande di Maduro è che a questo punto Guaidó non solo si è insediato come presidente dell’Assemblea, “ma ha giurato come presidente della Repubblica ad interim nella stessa Assemblea nazionale. L’anno scorso lo aveva fatto in Cabildo Abierto. Maduro lo ha costretto a fare questo gesto ulteriore che ha aumentato la sua legittimità”.

 

Per il giornalista Casto Ocando, esperto negli scandali del regime, “il regime di Maduro era rimasto senza opzioni e il tentativo di comprare deputati per arrivare al quorum non ha funzionato. Questa strategia, apparentemente escogitata dal numero due del regime Diosdado Cabello, ha rappresentato per Guaidó un regalo su un vassoio d’argento. Ha riattizzato una popolarità in declino, ha riunificato l’opposizione, ha epurato gli elementi infidi ed è tornata a rilanciare Guaidó come unico leader riconosciuto a livello internazionale. In più ha reso chiaro al mondo che Maduro non vuole lasciare il potere: né con il dialogo, né con le elezioni”.

 

Concorda Mariela Magallanes, deputata che era stata costretta a rifugiarsi nell’ambasciata d’Italia a Caracas e che è ora venuta in Italia con Pier Ferdinando Casini. “Il golpe non è riuscito, malgrado lo show. La nuova giunta si è insediata con 100 voti, ratificando Juan Guaidó come presidente dell’assemblea Nazionale e come Presidente a interim del Venezuela. La sfida si è risolta in un trionfo per i democratici in Venezuela”. Ex componente del Consiglio nazionale elettorale venezuelano a sua volta ora esule in Italia, Carlos Castillo para di un “tentativo di confondere e continuare la strategia di non rispettare la Costituzione come strumento di potere”. Una “barbarica commedia” che si è risolta in “un errore immenso”, rivelando al mondo “la follia e l’istinto dittatoriale di Maduro” senza riuscire a impedire a Guaidó di rafforzare la propria legittimità. “La figura di Guaidó si stava deteriorando: adesso si è rafforzata e la gente si è rianimata”.

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