L'Unione europea rimane senza voce dopo la morte di Qassem Suleimani
Ognuno degli (ormai) 27 paesi dell'Ue ha le sue ragioni per non condannare l'Iran e usa parole ricorrenti: moderazione e de-escalation
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L'Europa alla finestra
Roma. Ieri è arrivato un comunicato senza voce, vago, in cui il presidente del consiglio europeo, Charles Michel non ha nominato né gli Stati Uniti né l’Iran. La mattina dopo la morte del generale iraniano Qassem Suleimani in Iraq, ucciso durante un raid americano, l’Unione europea è rimasta immobile e si è affidata a qualche voce, a qualche sussurro, che non si è distanziato troppo dall’atteggiamento cauto e amichevole che l’Unione ha mantenuto finora nei confronti di Teheran. Nel suo comunicato, Michel si è limitato a dire che “il ciclo di violenze, provocazioni, ritorsioni che abbiamo visto in Iraq deve finire” e poi ha citato i rischi che un aumento delle violenze nell’area potrebbero portare, come l’ascesa di nuove forze terroristiche. L’Alto rappresentante per la politica estera, Josep Borrell, in serata ha pubblicato il suo comunicato, dicendo che era stata una giornata intensa. Nemmeno lui ha nominato gli Stati Uniti né l’Iran, ha detto che l’Ue dialogherà con tutti per evitare nuove tensioni: medierà. Tutti gli altri europei, in fila, hanno ripetuto le stesse parole: moderazione, stabilità, fragilità, preoccupazione.
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