Manifestanti a Kolkata (foto LaPresse)

La campagna d'odio indiana

Redazione

Le proteste contro la legge antimusulmana di Modi e l’ultranazionalismo

Le manifestazioni vanno avanti sin dalla scorsa settimana, quando il Parlamento indiano ha approvato la nuova legge sulla cittadinanza. E sono proteste sempre più violente, soprattutto a Nuova Delhi, dove la polizia ha risposto con manganelli e gas lacrimogeni. Ci sarebbero già sei morti accertati, ma sui social si parla di altri morti, e molti arresti. Il partito nazionalista hindu Bharatiya Janata Party di Narendra Modi è riuscito a far passare il controverso Citizen Amendment Act. Secondo la nuova legge, il governo potrà accettare le domande di cittadinanza da parte solo di immigrati non musulmani che vengano da Pakistan, Afghanistan, Bangladesh. E’ una legge discriminatoria, che rischia di infiammare ancora di più la situazione in India, dove l’integralismo hindu sostenuto dal primo ministro sta estremizzando una convivenza etnica e religiosa già sufficientemente complicata. Soprattutto, secondo i critici, è una legge contraria al principio di laicità pur espresso nella Costituzione indiana –  quella che, secondo il luogo comune, sarebbe alla base della “più grande democrazia del mondo”. “L’opposizione odia Modi!”, ha detto ieri il primo ministro indiano durante un comizio, accusando i partiti d’opposizione di essere anti indiani e di fare propaganda d’odio, spaventando gli indiani musulmani. Ma appunto, la questione è molto più complicata: lo abbiamo visto sin dalla rielezione di Modi, con l’accelerazione su tutte le sue politiche più controverse che dovranno portare al vero progetto della sua “nuova India”, riassunto in un lunghissimo reportage di Dexter Filkins sul New Yorker della scorsa settimana: “Blood and Soil. Il governo nazionalista indù ha dichiarato nemici interni duecento milioni di musulmani”. “Quando ha iniziato la sua corsa per la poltrona da primo ministro nel 2013 si è proposto non come un crociato nazionalista ma come un manager visionario, che aveva condotto il Gujarat al boom economico”. Sono bastati pochi mesi per vedere la vera faccia del primo ministro, il culto della personalità che sta creando su di sé, l’uomo forte dell’India che sta facendo scivolare il paese verso una vera guerra civile.

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