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Chi è Thierry Breton, possibile nuovo commissario europeo al Mercato interno

Mauro Zanon

Un inflessibile rigorista col pallino del debito pubblico, ma criticato da diversi politici francese in ragione dei potenziali conflitti di interesse che la sua nomina potrebbe comportare

Parigi. È il parigino Thierry Breton, 64 anni, il nome proposto dalla Francia di Emmanuel Macron per ricoprire il ruolo di commissario europeo al Mercato interno, a due settimane dalla bocciatura di Sylvie Goulard. Una figura di indubbio spessore, quella di Breton, con alle spalle una lunga esperienza nel mondo dell’impresa e un passaggio apprezzato da ministro dell’Economia (2005-2007) sotto la presidenza Chirac, ma che preoccupa molte persone a Parigi, in ragione dei potenziali conflitti di interesse che la sua nomina potrebbe comportare.

 

Il più critico, questa mattina, è stato l’eurodeputato dei verdi di Eelv Yannick Jadot, che ha sottolineato l’incompatibilità tra l’attuale ruolo di pdg di Atos, leader globale nella trasformazione digitale, e il vasto portafoglio del commissario francese, che comprende anche il “numérique”, il digitale, appunto. “Thierry Breton è tuttora presidente di Atos, grande società nel campo del digitale che riceve sovvenzioni europee ed è tra i leader in Europa nel campo dei superelaboratori. E cosa c’è nel portafoglio di Thierry Breton? Il digitale. Dunque, ci sarà un problema di conflitto di interessi”, ha dichiarato Jadot a Bfm.tv, mettendo in guardia da una possibile restrizione delle competenze accordate al commissario negoziato da Macron in Europa. “Mi sembra che Breton sia ancora azionista della sua società. Piloterà il digitale, le sovvenzioni politiche, e in particolare quelle che vanno alla sua impresa. Il rischio è che il portafoglio venga ridotto”.

 

Sulla scia di Jadot, anche Manon Aubry, capogruppo degli eurodeputati Insoumis (sinistra radicale) a Strasburgo: “Un patron del Cac40, la cui società riceve milioni di sovvenzioni europee! In materia di prevenzione del conflitto di interessi non ci siamo ancora!”. Dall’Eliseo fanno valere le numerose competenze di Breton, ex pupillo di Chirac, e assicurano che la scelta è stata “discussa e approvata” con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “Thierry Breton ha delle solide competenze in tutti i settori coperti dal portafoglio, tenuto conto della sua esperienza come pdg di grandi gruppi, e ha una forte legittimità in quanto ex ministro delle Finanze”, sostiene l’entourage di Macron. È vero che da pdg di Thomson (1997-2002), e soprattutto di France Télécom (2002-2005), si è conquistato la fama di “redresseur d’entreprises”, di salvatore di aziende sull’orlo del fallimento. Ed è vero che a Bercy, sede del ministero dell’Economia, è ricordato come un inflessibile rigorista col pallino del debito pubblico e come colui che riportò la Francia in surplus di bilancio dopo dieci anni, stimolando un aumento del Pil dello 0,4 per cento, dall’1,7 al 2,1. Ma basteranno l’esperienza nel campo industriale, economico e politico per far dimenticare i potenziali conflitti di interesse a causa del suo ruolo di numero uno di Atos? O questi potenziali conflitti peseranno nella decisione degli eurodeputati membri della Commissione giustizia che attendono Breton per l’audizione entro la fine di novembre? “Thierry Breton ha sempre dato prova di rigore per evitare qualsiasi conflitto di interessi”, dice l’Eliseo. Dal canto suo, Manuel Bompard, eurodeputato Insoumis, ha già avvertito il presidente sull’accoglienza che riceverà il suo candidato: “Decisamente, Macron non impara mai le lezioni”.