Zuzana Caputovà è stata eletta il 30 marzo scorso, qualcuno la paragona a Václav Havel per l'impegno politico, qualcuno a Erin Brockovich per la passione ambientalista (Foto LaPresse)

Caputova Europae

Micol Flammini

Zuzana va veloce. Dopo aver conquistato la presidenza della Slovacchia, ha vinto le elezioni di domenica. E c’è chi la sogna al Consiglio europeo

I primi risultati di quella forza irrequieta che stava tentando di smuovere la Slovacchia, paesino piccolissimo – poco più di cinque milioni di abitanti, ai confini

">dell’area di Visegrád – erano arrivati fin da subito con le dimissioni del primo ministro Robert Fico. Quella forza, tenace, ritmica, insonne che da dopo l’omicidio del giornalista Ján Kuciak – ucciso assieme alla fidanzata Martina Kusnírová – aveva organizzato veglie, manifestazioni, cortei, aveva la forma della piazza, della folla scontenta. Si esprimeva con la costanza e con il caos delle proteste, mai violente, ma aveva difficoltà a trasformare i desideri in richieste. A questa energia vitale, mai stanca, mai arrogante, sonora ma non rumorosa, lei, Zuzana Caputová, eletta presidentessa della Slovacchia il 30 marzo scorso, con il suo tocco liberale e fatato, ha dato una forma. Ha preso la piazza e l’ha trasformata in qualcosa di più, in un programma politico che dopo le presidenziali è risultato vincente anche per le elezioni europee del 26 maggio, alle quali il suo partito Slovacchia progressista (Sp), assieme all’altro gruppo di opposizione ed europeista Spolu, ha preso il 40 per cento. Caputová è entrata in politica così, con l’eleganza e la calma di chi è sicuro delle ragioni della propria lotta e della forza dei propri argomenti, rompendo il monopolio populista che da anni domina i paesi dell’Europa orientale.

 

Appassionata, combattiva, europeista, cattolica, liberale, la Caputová è un avvocato di quarantacinque anni e se non provenisse da una piccola cittadina nella piccola Slovacchia, di nome Pezinok, la sua storia non sarebbe la stessa. Pezinok è vicina a Bratislava ed è famosa per due cose: il vino, duro come i vini dell’est, e un’enorme discarica. Per quattordici anni la Caputová ha lottato per fermare chi continuava a inquinare la zona, con gravi danni per l’economia di chi possedeva vigne e produceva vino, “è stata un’esperienza contro il male – ha detto l’avvocato quando nel 2016 è stata premiata a San Francisco con il Goldman Environmental Prize per la sua battaglia –, una lezione di coraggio”. Da Pezinok ha iniziato a conoscere le istituzioni, ha imparato a sopportare gli attacchi personali e le vittorie, i cambiamenti in meglio creano dipendenza e se Pezinok stava cambiando, perché non avrebbe potuto farlo tutta la Slovacchia. Da lì ha deciso di spostare la battaglia a livello nazionale, di portarla a Bratislava e di candidarsi come presidente. Non sapeva che avrebbe vinto, anzi all’inizio era quasi convinta che mai ci sarebbe riuscita, ma quel sorriso morbido e disponibile è piaciuto a molti. “Sono un’ottimista – ha spesso ripetuto in campagna elettorale – credo che sempre sia possibile cambiare le cose”. Tutto è cambiato nell’ultimo mese, durante i dibattiti in televisione, lei unica donna in mezzo a quindici candidati, lei unica che riusciva a spiegare con pacatezza e logica le ragioni della democrazia, dell’atlantismo e dell’europeismo.

 

Alla Slovacchia che non smetteva di protestare dopo la morte di Ján Kuciak, ha dato un programma politico e una speranza

Dopo la morte di Kuciak, ucciso da dei sicari per conto di un imprenditore locale perché stava indagando sui legami con la criminalità organizzata, la Slovacchia si è ricoperta di simboli: anche il funerale del giornalista e della sua compagna, lui vestito con l’abito da sposo, i loro due volti che appaiono ancora oggi in tutta la capitale, le candele i fiori e le bandiere dell’Unione europea come segno di protezione. Senza l’Ue le indagini non sarebbero andate avanti, è stato l’Europarlamento a fare pressioni, a chiedere che si continuasse a indagare e durante le manifestazioni tutti invocavano l’intervento di Bruxelles. Le indagini hanno portato all’arresto e alla condanna dell’imprenditore Marian Kocner, e la Caputová ha promesso di riformare la procura generale e la polizia, accusate di avere cercato di intralciare l’inchiesta.

  

Il candidato rivale della Caputová e vicepresidente della Commissione europea Maros Sefcovic (Foto LaPresse)


 

In uno spot elettorale, uno dei primi e più criticati, appariva lei in un bar, di fronte un uomo dall’aria minacciosa e molto simile a Kocner che le dice in tono intimidatorio: “Allora affare fatto?”, lei lo fissa, respira, attorno a lei ci sono molte persone che la guardano con trepidazione, risponde di no, la gente si alza e si schiera al suo fianco. “Non hai paura?”, le chiede l’uomo. “Non sono sola”, risponde lei. Il video voleva essere un messaggio alla criminalità organizzata, al mondo dell’imprenditoria, alla classe politica che aveva tentato di non dare risposte alla morte di Ján Kuciak, di nascondere il più possibile le responsabilità. Ma era anche un ricordo, di quella volta in cui lei un caffè con Kocner lo ha preso davvero. Zuzana Caputová è diventata la forma, l’essenza di tutte quelle proteste, delle notti insonni, della voglia di legalità e di democrazia di cui in tanti, dai più giovani ai meno giovani, sentono e sentivano la necessità.

  

Il suo modello è unico: una rivoluzione gentile, contro la corruzione e contro l’establishment senza la rabbia del populismo 

Durante i dibattiti televisivi i suoi avversari, tutti uomini, discutevano, urlavano, si offendevano, lei guardava, osservava, spiegava i dati e la Slovacchia, dopo mesi di scontento e paura, aveva voglia di questo. Quando Stefan Hrabin, ex ministro della Giustizia, nazionalista ed euroscettico, la accusava di voler riempire la nazione di migranti musulmani, lei lasciava da parte lo sdegno e in un clima politico che, ovunque, è stato viziato dalla scompostezza, dallo stridore, dalla crudezza, dal linguaggio basso, lei si aggrappava alla decenza e alla professionalità. Dopo aver vinto il primo turno delle elezioni presidenziali, è arrivata al ballottaggio con il vicepresidente della Commissione europea Maros Sefcovic, un duello finale tutto europeista. Di lei, più che di lui, è piaciuta la chiarezza, è piaciuta la trasparenza: Sefcovic, nonostante la sua carriera a Bruxelles ha compiuto l’errore di cedere alla facile scorciatoia populista, alle lusinghe dei particolarismi, alla parlata semplicistica e a tratti rabbiosa dei sovranisti. Lei mai.

  

 

In un attimo si è ritrovata tutti a suo favore, gli studenti, i lavoratori, le campagne e le città, ha unito il centrodestra e il centrosinistra, ha respirato, ha condotto ogni comizio con passione, ha partecipato a ogni ospitata televisiva con la grazia e la preparazione di chi sa e non ha bisogno di urlare. È così che è diventata un’icona: “Non ricordo di aver aver mai visto un politico così preparato nei dibattiti e in grado di parlare in modo così aperto, diretto, normale come Zuzana Caputová – scriveva Matus Kostolny del quotidiano Dennik N – Deve essere un errore del sistema, un cambiamento che non avevamo mai visto negli ultimi trent’anni”. Qualcuno l’ha paragonata a Václav Havel, ex presidente della Cecoslovacchia, instancabile oppositore del regime comunista e leader della Rivoluzione di Velluto, altri invece a Erin Brockovich, l’attivista ed ecologista americana.

 

Da avvocato ha condotto molte battaglie ambientaliste, se l’è sempre presa con le élite che hanno governato la Slovacchia – anche lì vanno molto di moda gli attacchi a Soros e quando il primo ministro Robert Fico è stato costretto a dimettersi dopo le proteste ha subito dato la colpa al filantropo americano – senza mai cedere alle sbavature dei politici che si proclamano antisistema. Voleva porsi come l’alternativa, lei avvocato, lei quarantacinquenne, lei divorziata, lei mamma di due ragazze che ha cresciuto da sola. “Combattiamo il male insieme”, è stato il suo motto e ai suoi oppositori che la accusavano di volerli identificare con il male, ha sempre risposto che il male per lei non è rappresentato dalle persone, ma dalle azioni che vengono compiute. Teoria radical chic, hanno sostenuto in molti, soprattutto dopo aver scoperto che ama lo yoga e lo pratica regolarmente. I suoi avversari hanno cercato di appigliarsi a tutto contro di lei, al suo divorzio e anche a quella pratica che, dicevano, non è di certo da cattolici. E invece Zuzana Caputová è stata in grado di attrarre anche i voti dei credenti, nonostante la destra estrema e alcuni esponenti della chiesa slovacca avessero apertamente chiesto agli elettori di non votare per il suo “ultraliberismo e le sue teorie sul gender”, “vuole distruggere le famiglie”, “ama l’immigrazione”, “farà entrare gli eserciti stranieri in Slovacchia”. Ma anche a questo ha saputo rispondere, “sono cattolica e non ritengo che i valori liberali siano in contraddizione con il mio credo”.

  

Avvocato, divorziata, cattolica, europeista e combattiva. È di Pezinok, cittadina famosa per due cose: il vino e una discarica 

Da metà giugno si trasferirà dal suo quartier generale disordinato e pieno di scatole a un palazzo del diciottesimo secolo nel centro di Bratislava, continua a raccontare che ancora non ha realizzato, che soltanto quando inizierà a lavorare capirà di essere arrivata alla presidenza della Slovacchia. Pragmatica e idealista, ha detto che al primo posto vuole mettere la lotta contro la corruzione e una maggiore integrazione europea, “Il Parlamento europeo sarà di nuovo in mano a forze europeiste – ha esultato su Facebook domenica scorsa – Spargere paura non sarà mai una soluzione ai problemi”. E in una campagna elettorale fatta di paure, di noi contro loro, di muri, di radici e di urla, la sua politica, la sua vittoria indica la voglia di altro. La voglia di proposte, di chiarezza, di toni pacati, di logica e anche di sorrisi. Di quei sorrisi lunghi e avvolgenti che hanno contribuito a rendere Zuzana Caputová il volto di un’altra Europa, quella che ragiona, quella che accoglie, quella ambiziosa e pronta a lottare. Quella del buonsenso, ma quello vero. Si è fatta conoscere in pochissimo tempo e c’è anche chi per lei desidera un percorso all’interno dell’Unione europea, una carica a Bruxelles: nei tanti rumors attorno alla prossima leadership dell’Ue, c’è chi ipotizza per lei il ruolo di presidente del Consiglio europeo, dopo Donald Tusk. Sarebbe la terza slovacca tra i nomi che circolano a Bruxelles, uno è quello di Miroslav Lajcak, ex ministro degli Esteri dimessosi dopo la bocciatura a Bratislava del Global compact dell’Onu, come Alto rappresentante per la politica estera e poi il suo sfidante Sefcovic, che gli altri di Visegrád hanno proposto come successore di Jean-Claude Juncker alla Commissione.

  

Ha unito gli studenti e i lavoratori, le città e le campagne, il centrodestra e il centrosinistra vincendo contro il sovranismo

I sorrisi, i bouquet – l’hanno riempita di fiori quando è stata eletta, anche Sefcovic glieli ha inviati: “Credo che la prima presidente donna della Slovacchia meriti un bouquet”, ha detto –, il suo abito viola e la spilla preziosa, i ringraziamenti continui e l’entusiasmo sono diventati il simbolo di una piccola rivoluzione, di velluto anche questa. Zuzana Caputová è il simbolo di un europeismo ancora forte, di un credo europeo pieno di speranza, di una lotta al populismo fatta con costanza e tanta, tantissima preparazione.

   

L’Europa può ricominciare anche da qui, dal pragmatismo di un avvocato risoluto, dalla determinazione di una madre con due figlie adolescenti da crescere, da una politica che non è l’ideologia, da un’antiestablishment che non odia le élite, ma esige da loro giustizia e trasparenza. Una rivoluzione compiuta con le stelle dell’Europa come simbolo – è anche riuscita a spiegare agli elettori delle campagne che non è vero che l’Ue non li aiuta, come avevano sostenuto gli euroscettici prima di lei, ma che finora i fondi che Bruxelles destinava anche a loro sono stati usati in modo inappropriato – e con la determinazione di chi vuole rompere il vizio sovranista di Visegrád. Questa rivoluzione gentile ha svegliato la Slovacchia, il suo non sarà un mandato semplice, da presidente a livello politico non potrà fare molto, ma ha già rimesso ordine e tracciato la strada che alla nazione converrà seguire: dritta dritta verso Bruxelles. Gli slovacchi sono già in cammino, in una mano la foto la Ján Kuciak, nell’altra la bandiera blu.

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