Nigel Farage e Vince Cable al dibattito organizzato dal Daily Telegraph (Immagine presa dal video)

I Lib-dem guidano il fronte anti Brexit (con aiuti esterni)

Gregorio Sorgi

Regno Unito al voto e i Tory cercano di far fuori la May. I numeri dell'alleanza europeista vs. il vittorioso Farage

Roma. I grandi vecchi dell’europeismo in Inghilterra hanno abbandonato il loro schieramento tradizionale e si sono riuniti in un fronte trasversale anti Brexit. I cittadini inglesi domani voteranno per le elezioni europee, i Tory stanno cercando di far fuori il

">loro premier, Theresa May, attività che riempie le loro giornate ma non le urne, e la Gran Bretagna è polarizzata fra la tribù euroscettica di Nigel Farage, spalleggiato dai brexiteers conservatori, e il fronte europeista, che ha trovato nel torpido leader dei Lib-dems, Vince Cable, il suo capofila. Ogni giorno spuntano fuori insospettabili simpatizzanti dei candidati centristi. Il conservatore Michael Heseltine, ex vicepremier ai tempi di John Major, voterà per il partito di Cable, così come Margaret Hodge, che ha trascorso una vita nel Labour.

 

I vecchi sono scesi in campo anche perché delusi dai loro figliocci. Chuka Umunna aveva abbandonato il Labour di Jeremy Corbyn per creare un’alternativa centrista ed europeista: Change Uk, che finora è stato un fallimento (vale il 4 per cento nei sondaggi). Il partito aveva l’ambizione di essere la versione inglese di En Marche! ma non è mai decollato. “Change Uk è morto prima di imparare a camminare ... al loro comizio a Bath c’erano più giornalisti che elettori”, ha commentato il Guardian. Il capolista in Scozia ha fiutato l’aria ed è passato con i Lib-dem, con cui ha più chance di essere eletto. Alcuni conservatori anti Brexit avevano aderito al progetto di Umunna, lasciando il loro ex partito nelle mani degli euroscettici. I successori della May alla guida dei Tory appartengono a diverse correnti di brexiteers, e i remainers non hanno alcuna speranza per la leadership. I Lib-dem attraggono i vecchi conservatori europeisti, ma non solo. 

 

  

La scorsa domenica l’Observer, giornale di centrosinistra, ha dichiarato il proprio sostegno al partito di Cable. Anche il direttore dell’Evening Standard George Osborne, ex ministro dell’Economia con Cameron, ha augurato “buona fortuna” ai Lib-dem dopo un durissimo attacco contro Theresa May, che lo aveva rimosso dal governo appena arrivata a Downing Street. Sembra essersi avverata la profezia dell’ex premier laburista Tony Blair: l’uscita senza accordo della Gran Bretagna darà vita “a una rivoluzione silenziosa, spazzando via sia i conservatori sia i laburisti”. Il no deal ancora non c’è stato, ma gli effetti politici sono quelli descritti da Blair. Le elezioni europee si sono trasformate in una riedizione del referendum del 2016, rigenerando gli estremi. Farage propone un divorzio brusco e senza compromessi dall’Ue, il cosiddetto no deal. Ma anche Cable non usa mezzi termini: “Dobbiamo fermare la Brexit”. Punto. I Lib-dem da sempre sostengono un secondo referendum, e questo li rende più credibili del Labour, che si è timidamente convertito al People’s Vote per ragioni di calcolo politico e senza mai schierarsi del tutto. Le forze europeiste (liberaldemocratici, Verdi, indipendisti scozzesi e gallesi) valgono il 39 per cento. Poco meno degli euroscettici (Brexit Party e Ukip) con il 41 per cento.

 

Il clima plebiscitario della campagna elettorale ha convinto Cable ad adottare uno slogan volgare (“Bollocks to Brexit”) che un politico pacato come lui non avrebbe mai usato in una circostanza normale. Nel faccia a faccia elettorale ospitato dal Daily Telegraph sono stati invitati i due volti del nuovo bipolarismo. “La posizione di Vince è chiara, non si capisce più cosa rappresentano conservatori e laburisti”, ha detto Farage con un ghigno. Nel frattempo, i due partiti storici sono spariti: negli ultimi sondaggi la somma dei loro voti non arriva al venti per cento, una situazione senza precedenti che segna il fallimento delle strategie dei leader. Corbyn ha tentato di aggregare europeisti ed euroscettici, ed è rimasto senza né gli uni né gli altri. Theresa May, dopo il suo tardivo avvicinamento alle richieste del Labour, ha perso il bacino euroscettico: il 65 per cento degli elettori conservatori al voto del 2017 pare passato al Brexit Party. La May potrebbe cedere alle pressioni interne del suo partito in questi giorni, ma se le previsioni del Labour dovessero essere confermate, anche Corbyn dovrà dare molte spiegazioni. La “rivoluzione silenziosa” che ha travolto la politica inglese e che esclude il Labour è l’esito della sua politica.

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