Perché Kurz non è riuscito a tenere a bada i suoi alleati (3 ragioni) e qual è la sua scommessa elettorale
Rauscher, editorialista dello Standard, ci accompagna nella crisi politica austriaca: occhio al ministro dell’Interno Kickl, a quel che accade domani e al partito liberale Neos
Milano. Una crisi come quella scatenata dall’“Ibiza-video” – reso pubblico da due media tedeschi, la Süddeutsche Zeitung e lo Spiegel venerdì sera – non si era mai vista in Austria. Estate 2017, una villa a Ibiza, il futuro vicecancelliere Heinz-Christian Strache, allora solo capo del partito nazionalista di destra Fpö, in compagnia di Johann Gudenus, responsabile per i rapporti con la Russia e fino a venerdì anche capogruppo parlamentare, promette affari mirabolanti in cambio di un sostegno politico (attraverso il tabloid Kronen Zeitung) e finanziario (Strache spiega come si può aggirare la Corte dei conti austriaca per quel che riguarda i finanziamenti ai partiti): se l’Fpö arriva primo alle elezioni d’autunno, il premio è assicurato e generosissimo.
Trappola o non trappola, ordita da non si sa chi – i giornali tedeschi non hanno intenzione ovviamente di rilevare la fonte – l’esperimento di addomesticare la destra è fallito, come ha dovuto ammettere il cancelliere e capo del partito popolare Övp, Sebastian Kurz, annunciando elezioni anticipate in settembre. La decisione è stata inevitabile perché, come lui stesso ha detto, gli incontri avuti nel corso della giornata di sabato “non hanno evidenziato alcuna volontà da parte dell’Fpö di cambiare radicalmente rotta”. Per esempio, Kurz aveva chiesto di rimuovere dall’incarico il ministero dell’Interno Herbert Kickl, braccio agguerrito di Strache nonché uno dei terminali di tutto quel che si è raccontato da ultimo sull’intelligence austriaca e le sue attività per censurare i nemici interni, con alleanze o ispirazioni internazionali che hanno fatto preoccupare molto tutti i servizi segreti internazionali. Kurz voleva mettere il ministero dell’Interno nelle mani di un politico della Övp, ma la risposta è stata: qualora dovesse andarsene Kickl, se ne andranno tutti i ministri dell’Fpö. Kurz non si è fatto intimorire oltre e lunedì sera durante una conferenza stampa ha annunciato di aver proposto al capo di stato, Alexander Van der Bellen, di licenziare il ministro dell’Interno. E se, come preannunciato, si dimetteranno tutti i ministri dell’Fpö, questi posti verranno ricoperti da tecnici o alti funzionari.
E adesso che succede? “Stiamo a vedere mercoledì”, risponde Hans Rauscher, editorialista di punta del quotidiano progressista Der Standard, al telefono con il Foglio. “Il gruppo parlamentare di Jetzt (partito di estrema sinistra, ndr) ha formalmente avanzato la richiesta di un voto di sfiducia. La votazione si terrà mercoledì. L’Fpö certo non sosterrà Kurz e l’Spö in teoria nemmeno”. Bisogna dunque vedere se il capo di stato riuscirà a convincere i socialdemocratici a non far cadere il governo, in nome della stabilità nazionale. Il presidente potrebbe riuscirci: i socialdemocratici si sono fino a ora ben guardati dal fare la voce troppo grossa, sanno che l’affaire Strache non necessariamente porterà voti a loro, anche perché loro stessi governano in alcuni comuni e in una regione con l’Fpö (lunedì uno di questi accordi di coalizione è stato sospeso).
Diversamente dal suo compagno di partito e predecessore, il cancelliere Wolfgang Schüssel, Kurz non è riuscito a mettere in riga gli alleati, o almeno non abbastanza per evitare lo scandalo, la rottura repentina e le elezioni anticipate (che comunque saranno a settembre: manca ancora molto tempo). “Il perché è presto detto. Ci sono tre fattori che caratterizzano l’Fpö e rendono questo partito non in grado di governare – spiega Rauscher – Il primo è che sono di estrema destra, lo sono stati in passato e lo sono ancora oggi, come hanno dimostrato ora. Questi 17 mesi di governo sono stati uno stillicidio di provocazioni: il vicesindaco di Graz che parla dei migranti paragonandoli a ratti, la canzone di estrema destra che inneggia allo sterminio degli ebrei e via dicendo. Il secondo motivo è che sono assolutamente incompetenti, non hanno le basi, non conoscono il mestiere del governare. E terzo, sono corrotti, corrotti fino al midollo”. E anche questo non da ieri: ci sono innumerevoli processi a loro carico, che si riferiscono ancora al periodo 2000-2006, cioè all’era Schüssel. Alcuni procedimenti si sono già chiusi con condanne definitive. Kurz di tutto questo avrebbe dovuto tenere conto, ma come hanno scritto molti commentatori austriaci critici nei confronti del cancelliere, è così assetato di potere, da aver ingoiato più di una provocazione estremista, pur di non perdere la guida del governo. C’è dunque da chiedersi se oltre alla Fpö, gli elettori puniranno anche Kurz. Questa domanda probabilmente se l’è posta anche lui stesso. Indossando le vesti della vittima e del tradito, sabato sera sottolineava di voler continuare il lavoro di riforme avviate in questi mesi. Ma visto che ciò non è più possibile con l’Fpö, mentre l’Spö non è disponibile a seguirlo, faceva appello ai cittadini che vogliono invece proseguire nel cammino di modernizzazione del paese. “E potrebbe anche farcela, se riuscisse a ottenere il 40 per cento dei voti e il partito liberale Neos, guidato da Beate Meinl-Reisinger, una donna molto capace, il 10 per cento” osserva Rauscher. Infine, non è da escludere che in campagna elettorale Kurz non sposti la barra ancora più a destra per pescare tra l’elettorato deluso dell’Fpö. Durante questi mesi di governo non ha mai bloccato le iniziative legislative del partner di governo, le ha spesso soltanto rivestite di toni più pacati.