Parigi presa d'assedio dalla protesta dei Gilet gialli (foto LaPresse)

I gilet gialli sono un danno per i commercianti

Paola Peduzzi

Al di là delle ideologie e del diritto di protestare il movimento rappresenta un costo alto per la comunità francese. Il cortocircuito dei guardiani del popolo

Milano. Ieri mattina c’è stata una riunione d’urgenza al ministero dell’Economia francese con i sindaci delle più grandi città del paese per decidere un piano di aiuti ai commercianti, “colpiti dalla crisi dei gilet gialli”, scrive il Figaro. “Abbiamo deciso di lavorare insieme a un piano d’azione globale – ha detto il titolare di Bercy, Bruno Le Maire – per dare una risposta alle richieste dei commercianti, che tenga conto dell’impatto delle manifestazioni sui bilanci delle città e che garantisca anche la sicurezza necessaria” al normale svolgimento delle attività dei negozi. In quindici giorni, massimo tre settimane, il piano sarà sottoposto al primo ministro, Edouard Philippe, “e realizzato il più rapidamente possibile”, ha detto Le Maire.

 

Al di là delle ideologie e del diritto di protestare contro il governo e contro il presidente Emmanuel Macron, il movimento dei gilet jaunes rappresenta un costo alto per la comunità francese. Accade anche altrove che i paladini dell’interesse nazionale, con l’orgoglio antisistema e la lotta a capitalismo, globalizzazione, liberalismo, Europa e Nato, finiscano per causare un danno all’interesse stesso che dicono di difendere. 

 

Le Maire ha ricordato che i commerci sono diminuiti, anche a causa degli “sciacallaggi”, del 20-40 per cento a seconda dei casi, a volte anche del 60 per cento per quei negozi del centro delle città che devono rimanere chiusi ogni sabato. Fino a due giorni fa, scrive il Monde, erano state depositate 4.962 richieste di chômage partiel (una specie di cassa integrazione) espressamente legate ai gilet gialli che riguardano 72.675 dipendenti (del costo per lo stato di 38 milioni di euro). Le richieste arrivano per il 35,5 per cento da esercizi commerciali, per il 14 da aziende edili, per il 10,9 da ristoranti e alberghi. Le associazioni di artigiani e commercianti temono che il passaggio alla disoccupazione sia rapido e ricordano: questi negozi andavano bene prima dell’avvento dei gilet gialli. A Tolosa e Montpellier molti ristoranti, macellerie e pasticcerie hanno dovuto sospendere i pagamenti ai dipendenti: siamo “presi in ostaggio” dalle manifestazioni, dicono i commercianti. Settecento di loro, a Tolosa, hanno fondato un “collettivo della rabbia dei commercianti”, che fotografa ogni nuovo cartello “vendesi” che compare sulle vetrine (parecchi sono falsi, sono una provocazione ai gilet: guardate cosa state ottenendo) e ogni saracinesca chiusa: vogliamo soltanto fare il nostro lavoro, dicono, ma non solo non siamo sicuri noi, non lo sono nemmeno i nostri clienti, che hanno smesso di uscire per negozi al sabato.

 

Il governo è già intervenuto a sostegno dei negozianti, perché il calo del giro d’affari è iniziato ai primi “atti” delle proteste, nel dicembre scorso. Ma gli incentivi non sono serviti a molto – tanti si lamentano che c’è troppa burocrazia e usufruire dei fondi del governo è pressoché impossibile – e più passa il tempo più è difficile recuperare le perdite. Le Maire assicura che il prossimo piano, discusso con i sindaci e con i rappresentanti delle associazioni, sarà più rapido e pratico, ma per molti il danno è fatto, la stagione dei saldi è già stata sprecata. I negozianti sono esasperati e anche un po’ scossi: ogni loro dichiarazione inizia con “io capisco i gilet gialli ma”. Questo tradimento, forse involontario, questo effetto boomerang dei difensori del popolo contro la globalizzazione, è stato sintetizzato da Vincent, un pasticciere di Tolosa, in un’intervista al Figaro: “I gilet gialli non avranno certo pensato che i primi a pagare saremmo stati noi commercianti. Ma ora è evidente: Amazon o i grandi supermercati non subiscono alcun danno, noi sì. Questo movimento uccide i commercianti e favorisce la globalizzazione, cioè fa il contrario di quello che dice di voler fare”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi