La leader dell'opposizione venezuelana, Corina Machado (Foto LaPresse)

"Maduro se ne deve andare", ci dice Machado

Maurizio Stefanini

"L’unica trattativa possibile con il dittatore venezuelano è decidere la data delle dimissioni". Parla la leader dell'opposizione venezuelana

Roma. Come andrà a finire la crisi del Venezuela tra due presidenti? “Il Venezuela ha un solo presidente e si chiama Juan Guaidó! Nicolás Maduro è un dittatore che si trova trincerato con la forza a Miraflores”. Considerata una della leader storiche dell’ala più intransigente dell’opposizione venezuelana, Corina Machado al Foglio testimonia il suo pieno appoggio a Juan Guaidó. La maggior parte degli analisti di Venezuela osserva che questa ritrovata unità dell’opposizione è quasi un miracolo politico. Che però rischia di essere insufficiente, senza un deciso appoggio della comunità internazionale.

 

“La comunità internazionale che ancora non ha riconosciuto Juan Guaidó lo deve fare. In particolare quei paesi democratici che conoscono la realtà della situazione venezuelana, che è umanamente insopportabile o moralmente inaccettabile”, dice al Foglio Corina Machado. “Inoltre quei paesi che hanno già riconosciuto Juan Guaidó devono procedere con altre azioni, in modo da elevare al massimo per Nicolás Maduro il costo di restare al potere. Bisogna fargli capire che è per lui ora di lasciare il potere per il suo stesso bene. In Venezuela stiamo vivendo un momento decisivo per poter riprendere il percorso democratico e sloggiare dal potere il regime criminale di Nicolás Maduro. Si è applicato in maniera perfettamente costituzionale quell’articolo 233 che stabilisce come il presidente dell’Assemblea Nazionale davanti a un vuoto di potere debba assumere immediatamente la presidenza della repubblica. Per questo Juan Guaidó è il presidente incaricato, riconosciuto dalle principali democrazie dell’emisfero e da vari altri paesi del mondo. Adesso chiediamo che allo stesso modo anche i paesi dell’Unione europea ci riconoscano nella loro totalità”.

 

Fonti vicine all’opposizione sostengono che un quarto tentativo di negoziato con il governo fu fatto non più tardi di dicembre, e fallì per l’intransigenza di Maduro. L’ultimatum europeo secondo cui se Maduro non indice libere elezioni entro otto giorni allora verrebbe riconosciuto Guaidó di fatto considera lo stesso Maduro come il presidente legittimo. Ci sono ancora margini per una trattativa? “L’unico negoziato possibile in questo momento è per stabilire la data in cui Nicolás Maduro se ne andrà e le garanzie che gli si offriranno per la sicurezza sua e della sua famiglia. Per anni questo regime ha ingannato la società venezuelana, ha ingannato la comunità internazionale, ha ingannato perfino il Vaticano e Papa Francesco, col parlare di un dialogo che mai è stato fatto in buona fede. Quello che Maduro cercava era solo guadagnare tempo e ossigeno per restare al potere e distruggere le forze democratiche. Per questo siamo ormai arrivati a un punto in cui né la comunità internazionale né i venezuelani possono più credere alla parola di un Nicolás Maduro che ormai è solo un presidente de facto. Ripeto: l’unica opzione di negoziato sul tavolo è quella per stabilire la sua dipartita senza più nessun indugio”.

 

Resta però il nodo delle forze armate. “Nella misura in cui sempre più nazioni e organismi multilaterali e venezuelani manifestano appoggio a Juan Guaidó e all’esigenza che Nicolás Maduro lasci il potere anche per il proprio bene, evidentemente la pressione cresce anche dentro l’istituzione militare. Una cosa sono gli alti comandi, che sono compromessi con attività illecite e con il narcotraffico. Una cosa molto distinta è il sentimento nei quadri medi e nella base della istituzione militare, che stanno facendo la fame come il resto dei venezuelani e che sanno bene quel che significa la presenza del narcotraffico, della guerriglia colombiana e anche del terrorismo in territorio venezuelano. Anche loro allo stesso modo di tutti i venezuelani vogliono un cambio in democrazia, che permetta la reistituzionalizzazione della forza armata e il recupero economico e sociale del Venezuela”.

 

E come sarà la transizione? “La transizione deve essere la più ordinata, stabile e ampia possibile. Vuol dire che tutti i settori del paese devono sentirsi rappresentati e inclusi. Ci vorrà una leadership con molto carattere e ovviamente con molta integrità, in modo da infondere fiducia a tutti i settori. E questa transizione dovrà assicurarsi che con la maggior celerità si convochi un processo elettorale con tutte le garanzie, in modo che i cittadini possano partecipare a elezioni competitive, pulite e trasparenti. Alla fine sarà questo processo elettorale che darà pace e stabilità al nuovo Venezuela”.

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