Il repubblicano Brian Kemp mostra un fucile durante uno spot elettorale

Che bella la sfida in Georgia (se non sei un elettore nero)

Daniele Raineri

Obama e Oprah Winfrey in campo per i democratici, ma i repubblicani fanno regole per ostacolare gli avversari

New York. Le sfide che appassionano di più gli americani a queste elezioni di metà mandato, che finiscono martedì 6 novembre, sono tre: quella per senatore del Texas, quella per governatore della Florida e quella per governatore della Georgia. In Texas sono in vantaggio i repubblicani, in Florida sono in vantaggio i democratici e in Georgia invece sono pari. I sondaggi sono così vicini che in pratica sono diventati inutili, perché se si considera il margine di errore fisiologico di uno o due punti percentuali che c’è sempre è impossibile capire chi vincerà. Da una parte c’è il repubblicano bianco e occhi blu Brian Kemp, di 55 anni, che negli spot dice: “If you want a politically incorrect conservative, that’s me”, se volete un conservatore politicamente scorretto sono io. Tiene un fucile in mano, “sono proprietario di armi che nessuno mi porterà via”, dice che farà saltare in aria le spese governative – nello spot a questo punto c’è un’esplosione dietro di lui – assicura che darà una bella sfrondata ai regolamenti – brandisce una motosega – e sfoggia un pickup che userà per rastrellare di persona gli immigrati clandestini che troverà – “sì, ho appena detto proprio questo”. Kemp è molto apprezzato da Trump e oggi è in giro a convincere elettori insieme con il vicepresidente Mike Pence, incarnazione dell’America profonda e conservatrice.

 

Dall’altra c’è la democratica Stacey Abrams, 44 anni, sagoma massiccia e treccine afro, che aspira a diventare il primo governatore nero della storia degli Stati Uniti. Il fatto che si debba specificare il colore quando si parla di questa elezione di metà mandato spiega molto della competizione: la Georgia è uno stato del sud dove si vota secondo l’appartenenza etnica e i repubblicani hanno sempre vinto negli ultimi vent’anni. Nel 2016 Trump ha vinto con cinque punti percentuali sopra Hillary Clinton. C’è stata pure una “october surprise” ai danni di Abrams, come si chiama nella politica americana il colpo di scena che arriva poco prima delle elezioni: è spuntata una foto del 1992 di lei presente a una protesta dove si bruciava la bandiera della Georgia perché allora incorporava ancora la bandiera di combattimento della Confederazione. In teoria era una protesta legittima, la bandiera confederata è stata poi tolta nel 2000 perché legata allo schiavismo, ma è il genere di cose che piace molto poco in Georgia. Il governatore che ha rimosso la bandiera confederata dalla bandiera dello stato non è stato rieletto.

 


Il repubblicano Brian Kemp sfoggia fucili e motoseghe a per convincere gli elettori di essere un vero “politically incorrect conservative” e ha fatto eliminare seicentomila elettori dal registro elettorale. La democratica Stacey Abrams potrebbe diventare il primo governatore nero. Sono testa a testa


 

Questa settimana sia il presidente Trump sia l’ex presidente Obama scendono in Georgia a fare comizi per sostenere i loro candidati e questo fa prendere all’elezione anche il sapore di una sfida personale tra i due – che finora non è mai stata una sfida diretta: la Georgia sarà quanto di più vicino ci possa essere, per ora.

 

Ieri sono arrivate due notizie molto buone per Abrams. La prima (della seconda parleremo più sotto) è che Oprah Winfrey, dea nera della televisione popolare, è arrivata nella capitale dello stato Atlanta per fare campagna “on the ground” a favore dei democratici: andrà in giro a bussare porta per porta per convincere gli elettori indecisi. Anzi, per convincere i potenziali elettori a votare. Di solito si dice “indecisi”, ma il problema più grande per i democratici sono gli elettori che in teoria sono già convinti e voterebbero per loro ma poi il giorno del voto non vanno alle urne. Quindi si tratta di persuadere gli elettori già persuasi a fare questo passo ulteriore: votare. E’ il passaggio che è mancato nelle elezioni 2016 e che ha azzerato la corsa di Hillary Clinton. Immaginate di aprire la porta in Italia e di vedere Barbara D’Urso o Maria De Filippi che ti esortano a votare e si capisce perché l’arrivo di Oprah è una notizia interessante. In tempi di trumpismo ruspante le celebrities che si schierano potrebbero essere controproducenti, ma Oprah è televisione, non è “èlite di Hollywood”, ha una sintonia naturale con il pubblico del pomeriggio – e di sicuro non farà peggio di Mike Pence schierato sull’altro fronte.

 

La riconquista degli elettori dati per scontati da troppi anni è una delle strategie dichiarate di Abrams, che è stanca dell’immagine da “Via col vento” della Georgia: non siamo più quella cosa lì e anche il partito democratico dovrebbe capirlo, ripete da quando a maggio ha vinto le primarie con un distacco del 53 per cento. La Georgia è uno stato con una fortissima nuova immigrazione, coreani, cinesi, africani, indiani, latinos, tutti potenziali nuovi voti che devono essere convinti da zero. Sostiene anche che non è più possibile dare il voto dei neri per scontato, si rischia che poi non vadano a votare. “I democratici in Georgia a volte lasciano milioni di voti sul tavolo. Non perché gli elettori non li voterebbero, ma perché nessuno chiede loro di farlo”. E ancora: “Dobbiamo creare una coalizione delle minoranze e convincere di nuovo loro, prima di provare a convincere (come invece chiedono dal quartiere generale di Washington) gli elettori repubblicani a cambiare idea” e a lasciare Trump.

 

La seconda novità favorevole per Abrams è una pronuncia di ieri del giudice federale che obbliga lo stato a non scartare automaticamente i voti mandati per posta in caso di discrepanza con il nome sul registro degli elettori. Si tratta di qualche centinaio di voti che lo stato voleva annullare e che invece potrebbero essere considerati validi. La sentenza fa parte di una molto più ampia battaglia legale contro una decisione dell’amministrazione repubblicana della Georgia che ha eliminato dal registro elettorale seicentomila elettori – in uno stato di dieci milioni di persone – per differenze veniali tra i documenti d’identità e il nome sul registro. Esempio: se sul tuo documento c’è stampato il nome Luigi Di Maio ma sul registro sei stato segnato dall’impiegato dello stato come Luigi di Maio con la d minuscola, non puoi più votare. Si tratta di un provvedimento che punisce la popolazione meno istruita e più vulnerabile, quella nera, e infatti circa il settanta per cento degli eliminati sono neri anche se in Georgia i neri rappresentano soltanto il 30 per cento della popolazione. E’ un caso molto esplicito di “vote suppression”, una pratica molto discussa che mira a rendere la vita difficile agli elettori avversari – per esempio i neri che nel sud votano soprattutto partito democratico. Il problema è che in Georgia Brian Kemp, il repubblicano, è anche il segretario di stato che è un ruolo che equivale al nostro ministro dell’Interno e quindi in pratica si occupa delle stesse elezioni a cui partecipa da candidato. E’ un’anomalia pesante, che ha suscitato parecchi malumori. L’ex presidente Jimmy Carter gli ha scritto una lettera aperta per chiedere che si dimetta dall’incarico, ma ormai mancano pochi giorni e il grosso del danno potrebbe essere già stato fatto.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)