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Cohen, l’avvocato in rivolta

Mattia Ferraresi

Ha davvero detto “cash”? La disputa sull’audio di Trump rubato dal suo ex legale e il tradimento dei fedelissimi

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New York. Ha davvero detto cash? Ha davvero detto la parola che dicono soltanto i mafiosi e i trafficanti di droga, come si è espresso il legale di Michael Cohen, parlando alla Cnn? Quando ha presentato al pubblico la registrazione, segretamente fatta da Cohen, l’avvocato di Donald Trump, di una conversazione con l’allora candidato alla presidenza, l’anchorman Chris Cuomo non ha voluto offrire una trascrizione ufficiale, ché in quel punto in cui parla di cash l’audio è incerto, si deduce la parola magica e poi si sente chiaramente l’avvocato che dice “no, no, no, no!”.

 

La corsa alla perizia audio restituisce risultati incerti, ma tutti gli indizi dicono che, in una data non meglio precisata del settembre 2016, il candidato e il suo avvocato stavano parlando di un pagamento di 150 mila dollari alla modella di Playboy Karen McDougal, che dice di avere avuto una relazione con Trump subito dopo la nascita del figlio avuto con Melania. Nel dialogo si capisce che la hush money, il prezzo del silenzio, avrebbe potuto transitare da una compagnia appositamente creata da Cohen triangolando poi con “il nostro amico David”, cioè con David Pecker, l’editore di America Media, che pubblica il National Enquirer, il tabloid preferito da Trump. Qualche tempo prima della conversazione il giornale aveva acquistato i diritti di una storia esplosiva in cui la modella raccontava la sua relazione adultera con un potente uomo dello spettacolo. E’ dunque plausibile che a quel punto Trump volesse corrispondere all’amico il dovuto per l’opera di catch and kill, come si dice nel gergo paramafioso del giornalismo scandalistico.

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Trump ha impostato la linea difensiva attorno alle ambiguità della registrazione. Rudy Giuliani, difensore ufficiale, dice che Trump suggerisce di non usare assolutamente il cash per questo affare; Alan Dershowitz, difensore ufficioso, rincalza spiegando che attorno a tutte le macchine politiche di questo mondo crescono compagnie occulte fatte per sistemare affari complicati. In fondo, convengono entrambi, l’audio non prova nessun reato.

 

La vera questione che la registrazione mostra è però un’altra, e Matt Drudge l’ha sintetizzata da par suo in una sola parola: the rat. Cohen è passato dalla parte dell’Fbi e di Robert Mueller, si è messo a cantare, ha deciso di rivoltarsi contro il suo vecchio padrone e certamente ha molte altre cose da dire e registrazioni da far ascoltare (l’Fbi dovrebbe avere altri dodici file, ma Giuliani dice che non ci sono altre registrazioni). Quello che si è consumato lunedì in prima serata in uno studio della Cnn – uno dei gironi infernali più duri, nella commedia tutta umana di Trump – è il supremo atto di tradimento di uno dei più stretti alleati fra quelli che di cognome non fanno Trump. Il presidente, che vede il mondo in termini di fedeltà personali e tribali, ha reagito con un tweet uscito depurato dai pensieri peggiori: “Che razza di avvocato registra un cliente? E’ molto triste! E’ la prima volta, non è mai stato fatto? Perché la registrazione finisce (è tagliata) così bruscamente, mentre presumibilmente stavo per dire cose positive? Mi dicono che ci sono altri clienti e molti giornalisti che sono stati registrati, è possibile? Pessimo!”.

 

  

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Che Trump abbia o non abbia parlato di cash, poco importa. Quel che importa è che uno strettissimo alleato ha cambiato bandiera.

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