Malgorzata Gersdorf. Foto via Wikipedia

Un giudice della Corte diventa l'icona della resistenza polacca al PiS

Micol Flammini

La Gersdorf va a lavoro anche se è stata epurata, mentre il premier Morawiecki dice al Parlamento Ue: “I populisti siete voi”

Roma. Lei resisterà, perché in questo momento è lei che rappresenta la legge e finora la legge è dalla sua parte. Malgorzata (si pronuncia Maugozhata) Gersdorf, presidente della Corte suprema, oggi mattina si è presentata a lavoro, eppure per il governo polacco e per la nuova norma entrata in vigore da martedì, lei non può più svolgere il suo compito. E’ stata mandata in pensione perché così vuole la riforma firmata dal presidente della Repubblica, Andrzej Duda, all’inizio della settimana. La norma, sulla quale il PiS, Diritto e giustizia, stava lavorando dall’inizio del suo mandato e che è oggetto di una lunga contesa con l’Unione europea, sottomette i giudici all’esecutivo. L’età pensionabile da 70 è stata portata a 65 anni, il numero dei membri della Corte da 74 verrà aumentato a 120 e sarà il partito di maggioranza, il PiS, a fare le nomine.

  

Così il governo sta tentando di epurare le alte cariche del potere giudiziario, ma lei, Malgorzata Gerdorf, in questo momento è la legge. La conosce, la rappresenta e sa che un prepensionamento non può essere effettivo, così, d’emblée. Bisogna stabilire quali saranno i termini di tempo che rendono valida la riforma e in più lei è il presidente della Corte suprema e a definire le sua carica non è una qualsiasi legge ordinaria, bensì la Costituzione. Forte delle sue conoscenze giuridiche stamattina è andata nel suo ufficio e, mentre una folla di cittadini tra bandiere bianco-rosse e stemmi di aquile con in testa la corona dei re polacchi la accoglieva scandendo: “Kon-sty-tu-cja Kon-sty-tu-cja”, quattro sillabe che in polacco significano Costituzione, prometteva che sarebbe rimasta in carica fino al 2020, scadenza naturale del suo mandato. Non è un abuso. “Se è stata fatta una riforma delle pensioni deve essere comunicato da quando sono effettive, ieri mi è stato detto che devo andare in pensione, ma nessuno mi ha comunicato da quando e oggi sono venuta a lavoro – ha detto la Gersdorf – Il mio mandato è nella Costituzione e secondo la Costituzione io rimarrò in carica fino al 2020”. Al suo fianco Jozef Iwulski, nominato suo sostituto, fino a nuova elezione. Ma Iwulski in conferenza stampa oggi ha negato, sostenendo che lui non il presidente della Corte. Nessuno vuole entrare in questa disputa, tutti si tirano fuori dalle responsabilità. Tutti tranne la Gersdorf che oggi non era presente solo a Varsavia. Era idealmente a Bruxelles, dove in molti si stanno interrogando sulla situazione dello stato di diritto in Polonia. Ma soprattutto era a Strasburgo, tra gli scranni blu del Parlamento europeo dove il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, è stato invitato oggi a tenere un discorso sul futuro dell’Europa. Mentre il premier si esercitava in un discorso ostentatamente europeista, con i suo modi garbati e il suo linguaggio forbito che lo differenziano dagli altri leader populisti europei, invitava i paesi membri a non immischiarsi nelle questioni interne della Polonia: “Il pluralismo costituzionale è descritto dai princìpi comunitari ed è un valore enorme”, ha detto Morawiecki rivendicando il diritto del suo governo di scegliere e modificare il sistema giuridico. “Le differenze istituzionali non devono distoglierci dal nostro obiettivo: difendere i cittadini e sviluppare l’economia”. Mentre il premier parlava, gli eurodeputati polacchi disponevano sui loro dei banchi dei cartelli neri con su scritto: Konstytucja, stato di diritto e magistratura libera. Morawiecki era pronto alle manifestazioni di dissenso e mentre cercava di rendere palesi le difficoltà europee – ha anche ricordato che l’Unione ha già perso cinque referendum – e di farsi portatore di un rilancio del progetto europeo, il numero dei piccoli manifesti neri aumentava, ricordando con parole chiave scritte in bianco e rigorosamente in polacco, quasi a sottolineare che non era importante che capissero anche gli altri, era lui, lui e il suo esecutivo che dovevano essere tormentati da questi fantasmi, da tutte le malefatte che il governo populista guidato dal PiS ha compiuto dal 2015. L’Unione, secondo Morawiecki, ha privato le persone del diritto di decidere da sole e così i cittadini le hanno voltato le spalle. La Polonia, la stessa Polonia in sciopero che oggi cantava l’inno nazionale davanti all’edificio della Corte suprema per difendere Malgorzata Gersdorf, altro non è, nella visione del PiS, che una delle poche nazioni che ha risposto alle aspettative dei suoi cittadini, “Cos’è questo? – ha domandato Morawiecki – Populismo o democrazia?”.

   

Quando Frans Timmermans, vicepresidente della Commissione, si era recato a Varsavia per discutere proprio della riforma della Corte suprema, era tornato dicendo che si poteva sperava in un compromesso. Ma l’atteggiamento del premier davanti agli eurodeputati non era quello di qualcuno che è alla ricerca di un compromesso. Anzi, ha detto che l’Unione potrà trovare nuovo vigore solo attraverso la forza e la stabilità degli stati nazionali, ha invitato tutti al dialogo, al negoziato e ribaltando il senso delle parole e la verità storica ha dato una nuova definizione del concetto di populismo: “Ridurre la politica di coesione, questo è populismo e non ha nulla a che vedere con l’essere euroscettico o europeista”. Un applauso svogliato e tante domande, molte sul presidente della Corte suprema Gersdorf che a Varsavia conduceva una lotta che forse si concluderà solo nella Corte di Giustizia europea.

    

Oggi in Polonia è stata una giornata strana. Mentre a Strasburgo Morawiecki spiegava che la riforma nasceva dalla necessità di liberarsi di quei giudici più anziani e collusi con la vecchia classe comunista che negli anni avevano condannato ingiustamente molti membri del Solidarnosc, mentre sosteneva che questa riforma altro non è che il tributo alla storia polacca, alla resistenza contro la Prl, la Repubblica popolare polacca, contro la Russia, l’uomo simbolo del Solidarnosc, Lech Walesa, da Danzica, in macchina, si faceva accompagnare a Varsavia, per manifestare con gli altri polacchi davanti alla Corte suprema per difendere lo stato di diritto.