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Ora l’Iran ricomincia ad arricchire uranio e mette pressione agli europei

Paola Peduzzi

Le condizioni di Khamenei e le sanzioni di Trump. Netanyahu: “Attacco diretto a Israele ma non permetteremo che la Repubblica islamica ottenga l’arma nucleare”

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Milano. Il processo per aumentare la capacità di arricchimento dell’uranio è stato avviato, la Repubblica islamica d’Iran ha notificato all’Agenzia atomica dell’Onu la decisione, a Natanz i lavori sono già cominciati. La Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ha annunciato che il suo paese è pronto, le centrifughe inizieranno a operare a ritmi e capacità aumentati se l’accordo internazionale sul nucleare dovesse collassare – cioè se gli europei non riusciranno a mantenerlo in vita nonostante l’uscita degli Stati Uniti. Il direttore dell’Agenzia atomica iraniana, Akbar Salehi, ha precisato in conferenza stampa che Teheran è ancora dentro i parametri stabiliti dall’accordo siglato nel 2015, “se continuassimo in modo normale” ad arricchire uranio , ha detto, “ci avremmo messo sei o sette anni ad arrivare a un risultato che ora potremo raggiungere in pochi mesi”. Come questa accelerazione possa essere tecnicamente compatibile con gli standard negoziati è tutto da verificare, ma il fatto che in poche settimane i ritmi siano cambiati così tanto e così in fretta giustifica le preoccupazioni di Benjamin Netanyahu, premier israeliano in questi giorni in tour in Europa, per convincere gli alleati a non dare credito agli ayatollah: di loro non ci si può fidare.

 

L’accordo del 2015, siglato da Iran, Stati Uniti (che si sono ritirati proponendo un altro negoziato con precondizioni che sono state annunciate dal segretario di stato americano, Mike Pompeo, e rifiutate dal regime iraniano), Germania, Francia, Regno Unito, con l’approvazione di Russia e Cina, prevede che l’arricchimento dell’uranio si fermi sotto a un limite del 5 per cento, e la Guida suprema Khamenei sostiene che il programma è ancora dentro a questo parametro. Ma, avverte, la pazienza dell’Iran non è eterna: “Gli europei si aspettano che la nazione iraniana tolleri e lotti con le sanzioni mentre abbandona le sue ambizioni nucleari, che sono un requisito assoluto per il futuro del nostro paese. Dirò a questi governi che questo brutto sogno non si avvererà”. Lo scorso mese, Khamenei aveva posto agli europei sei condizioni per far sopravvivere l’accordo, che comprendono l’esclusione da ogni negoziato delle capacità balistiche dell’Iran, la continuazione dei contratti sulla vendita di petrolio (con compensazione delle eventuali perdite) e delle linee di finanziamento fornite dalle banche europee. Tuttavia l’Amministrazione Trump non soltanto ha reintrodotto le sanzioni che erano state sospese in seguito all’accordo, ma ne ha aggiunte altre – colpendo soprattutto le attività gestite delle Guardie della rivoluzione – e soprattutto ha minacciato di sanzionare anche imprese e istituti finanziari europei che continuano a operare con l’Iran.

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All’annuncio di una ripresa dell’arricchimento dell’uranio, Netanyahu ha risposto dicendo: questo è un attacco diretto a Israele, non siamo sorpresi, ma non permetteremo che la Repubblica islamica ottenga l’arma nucleare. Netanyahu è in Europa per convincere i firmatari dell’accordo a non mantenerlo più in piedi, mentre molte aziende – l’ultima è la casa automobilistica francese Psa – devono rivedere i loro contratti in Iran perché temono di non poter sostenere le misure sanzionatorie in arrivo dagli Stati Uniti. Netanyahu ha presentato agli europei molti documenti redatti dall’intelligence che dimostrano le attività nucleari dell’Iran, in particolare un memorandum del 2001 che parlava di un passaggio rapido dal 20 al 90 per cento dell’arricchimento – è un grado militare – firmato da Amir Daryaban Ali Shamkhami, che oggi è il consigliere per la Sicurezza nazionale di Teheran e uno dei più importanti consiglieri militari di Khamenei.

 

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha detto che continuerà a tentare di mantenere in essere l’accordo con l’Iran, ma ha convenuto con Netanyahu sul fatto che le attività di destabilizzazione iraniane nella regione devono essere fermate – soprattutto in Siria, dove la minaccia per Israele è ravvicinata (e da dove arrivano, ha ricordato il premier israeliano, i rifugiati che stanno spezzando le alleanze europee). Anche nell’incontro con Emmanuel Macron, presidente francese, la discussione è stata simile: gli europei vogliono tenere in vita l’accordo, ma tra sanzioni americane e minacce iraniane, le chance di riuscita sono minime.

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