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I primi (e minacciosi) giorni di Orbán IV

Redazione

Il premier vuole il controllo sulla stampa e chiude le testate del suo ex amico

Viktor Orbán è un uomo determinato e paziente che finora ha mantenuto promesse e minacce. Durante la prima settimana del suo terzo mandato consecutivo, come promesso e minacciato, ha già fatto chiudere un quotidiano, il Magyar Nemzet, e una radio, Lanchid. Le testate appartengono a Lajos Simicska, miliardario, ex compagno di scuola, di armi e di partito del primo ministro. I motivi della rottura tra i due, avvenuta nel 2015, non sono ancora chiari, ma durante l’ultima campagna elettorale Simicska ha finanziato il gruppo di estrema destra Jobbik e criticato il governo dalle colonne del suo giornale che dopo tre giorni dalla vittoria del premier è scomparso dalle edicole. Giovedì, invece, il settimanale governativo Figyelo ha pubblicato i nomi di 200 persone che lavorerebbero come “mercenari” – termine usato da Orbán – nel presunto esercito pagato da George Soros per destabilizzare il governo e consentire ai migranti di invadere il paese. Nelle prossime settimane la rivista potrebbe far uscire altri nomi. Orbán aveva iniziato la sua campagna elettorale già due anni fa fomentando la paura dei migranti. La retorica del premier veniva amplificata da cartelloni per le strade, discorsi durante i comizi e volantini nelle case degli ungheresi e soprattutto dalla stampa. Ieri il Guardian ha pubblicato un’inchiesta sulla televisione statale Mtva. Il quotidiano britannico racconta come in campagna elettorale il canale sostenesse il governo attraverso la creazione di notizie false oppure bombardando gli spettatori di messaggi elettorali. “Non avevo mai fatto un’esperienza del genere, cose simili finora non erano mai successe”, ha commentato un dipendente che però ha preferito rimanere nell’anonimato.

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