Olivier Faure (foto LaPresse)

Chi è Olivier Faure, il nuovo leader dei socialisti francesi che voleva fare il fumettista

Mauro Zanon

Fedelissimo di François Hollande, alle primarie ha ottenuto il 49,7 per cento. Il prossimo 7 e 8 aprile, date del congresso del Ps, sarà designato alla guida del partito che lotta per non morire

Parigi. “Alla luce del risultato che Olivier Faure ha ottenuto con la sua mozione, ritengo giusto che sia a lui a diventare il prossimo segretario”. Stéphane Le Foll, ex ministro dell’Agricoltura e portavoce dell’esecutivo francese sotto la presidenza di François Hollande, ha annunciato questa mattina il ritiro dalla corsa per diventare presidente del Partito socialista. Il prossimo 7 e 8 aprile, date del congresso del Ps, sarà soltanto una formalità la designazione di Faure alla guida dei socialisti, che dopo le lotte intestine che hanno minato il partito negli ultimi anni, vogliono provare a lanciare un messaggio di unità e mantenere in vita la creatura politica che François Mitterrand creò nel 1971.

 

Le Foll, al primo (e ultimo) turno delle elezioni interne, ha raccolto il 25,9 per cento dei suffragi, posizionandosi sul secondo gradino del podio davanti a Emmanuel Maurel (18,2 per cento), esponente dell’ala radicale del Ps, e Luc Carvounas (6,1 per cento), ex fedelissimo di Manuel Valls, primo ministro francese durante il quinquennio hollandiano. Faure, grazie al suo documento programmatico intitolato “Il cammino della Rinascita”, ha raccolto i favori del 49,7 per cento dei militanti. “Il risultato è chiaro e inequivocabile. Olivier Faure ha ottenuto il miglior risultato”, ha aggiunto Le Foll, dinanzi ai giornalisti raccolti nella sede del Ps, a rue de Solferino. Secondo i primi dati diffusi dal partito dell’ex presidente Hollande, sono 40.000 gli elettori aventi di diritto di voto che hanno partecipato allo scrutinio. Numeri in linea con le aspettative degli organizzatori delle primarie.

 

“Dobbiamo mostrare che siamo uniti”, avevano detto ieri sera all’unisono i due candidati più votati a rue de Solferino, in un momento in cui si moltiplicano le frecciate e le condanne a morte a distanza degli ex compagni di viaggio, Valls su tutti, che al Point ha affermato che “il ciclo storico del Ps è morto”. Non sarà certamente un’impresa facile per Faure riportare a casa quegli elettori che dopo le ultime presidenziali sono sbarcati nel porto macronista o in quello mélenchonista. Va detto, a ragion del vero, che da molto tempo non si vedevano messaggi di unità e di conciliazione tra i socialisti (il solo a manifestare il proprio dissenso è stato Maurel, che ha parlato di “status quo, mentre tutto cambia”, e sicuramente non ha tutti i torti).

 

Ma “Renaissance”, rinascita, è una parola ambiziosa, e per Faure, fedelissimo di François Hollande, con cui ha lavorato sette anni (dal 2000 al 2007) come vice-capo di gabinetto quando quest’ultimo era segretario Ps, si profila un gran lavoro sul campo. Lui vi è abituato, come sussurra chi lo conosce da una vita, è “uno che ha i piedi per terra e una relazione molto discreta con le persone”, dice un senatore socialista. Sconosciuto ai francesi fino a queste primarie, Faure è attualmente deputato del Seine-et-Marne e presidente del gruppo parlamentare Nouvelle gauche (Ng), ma è in politica da una vita.

 

A soli 16 anni, lui che oggi ne ha quasi 50, si iscrive al Ps, e nel 1983 sostituisce Valls come presidente dei giovani rocardiani, i sostenitori della “deuxième gauche” di Michel Rocard, quella riformista e liberale alternativa al mitterrandismo. Negli anni Novanta, diventa consigliere di Martine Aubry quando è ministra del Lavoro (e fa la riforma delle 35 ore), poi conosce Hollande, di cui diventa un pasdaran, responsabile della comunicazione per la campagna delle primarie del 2011, e esperto di “opinione pubblica” l’anno dopo, in occasione delle presidenziali. Con Hollande all’Eliseo, viene chiamato da Jean-Marc Ayrault, allora primo ministro, a Matignon, nei panni di consigliere speciale, per poi lavorare con lui durante tutto il quinquennio. Padre funzionario con passaporto francese e madre infermiera di origini vietnamite, Faure cresce nel dipartimento dell’Isère, che abbandona a vent’anni per sbarcare nella capitale, studiare scienze politiche alla Sorbonne e dimenticare le battutine perfide durante la ricreazione a scuola, per i suoi lineamenti asiatici – sei una “ciotola di riso”, gli dicevano.

  


La copertina del fumetto pubblicato nel 2007 da Olivier Faure


 

Nella residenza universitaria di Maisons-Alfort, nel dipartimento Val-de-Marne, incontra Benoît Hamon, ex candidato alle presidenziali del Ps, ora dissidente. Diventano amici, grandi amici, con altri giovani socialisti in erba, poi Faure si trasferisce nel quartiere La Fayette, e si perdono di vista. È una “rosa senza spine”, dice di lui Libération, che da piccolo voleva essere tutto fuorché politico: medico, avvocato, fotografo ma soprattutto disegnatore di fumetti (nel 2007, tra l’altro, ne ha pubblicato uno, “Ségo, François, papa et moi”, nel quale raccontava la vita concitata del Ps durante la campagna presidenziale di Ségolène Royal). Un tempo diventare segretario del partito che fu di Mitterrand era un sogno, oggi sembra più una via crucis, ma Faure, nonostante le turbolenze, è fiducioso. “C’è una nuova speranza e sta a noi, ora, lavorare tutti assieme, per essere utili ai francesi e riconquistare la loro fiducia”. Staremo a vedere.