Anna Soubry (foto LaPresse)

"Non facciamoci bullizzare", dice la Tory anti Brexit meno mansueta di Westminster

Cristina Marconi

Anna Soubry ci spiega come vuole fare opposizione al governo pur essendo una conservatrice. Un appello alla “maturità”

Londra. Il ritratto della Thatcher in stile Andy Warhol appeso nell’ufficio di Anna Soubry ha i colori più tenui dell’originale, quasi zuccherini. “Non dobbiamo mai farci bullizzare”, trilla allegra la deputata conservatrice aguzzando gli occhi azzurri, e per un momento sembrerebbe quasi alludere al fatto di essere donna. In realtà si riferisce ad un’altra categoria che sta vivendo una gloriosa stagione di riscatto: gli europeisti britannici. La Soubry, ex ministro per l’Industria con David Cameron, è lontana dal federalismo sognante di un Nick Clegg e preferisce badare ai fatti, fatti che con la sua retorica pugnace da avvocatessa difende come pochi altri nella scena politica britannica e come solo un altro – il leggendario Kenneth Clarke – nel suo partito.

 

Prendiamo subito l’esempio di Boris Johnson, che ha detto che i famosi 350 milioni di sterline a settimana che con la Brexit potranno andare al servizio sanitario nazionale sono una cifra sbagliata in quanto troppo bassa e non, come ammesso da tutti, spropositata. “E’ profondamente irresponsabile da parte di un politico di rilievo imbarcarsi in questo tipo di cose”, osserva Soubry, ripetendo molto spesso “irresponsabile” e precisando che “non fa un favore a se stesso, né alla sua fazione né al suo paese, visto che è ministro degli Esteri”. E quindi come si fa? “A nessuno piace vedere un partito spaccato, ma con questo Labour inutile ahimè tocca ai Tory di buon senso fare opposizione e mettere i membri del governo davanti alle loro responsabilità”, prosegue la Soubry, fiera del suo brand di politica meno mansueta di Westminster. “Non che mi faccia piacere, eh, ma e’ importante che la gente non venga più ingannata”.

 

Vota come le pare e la copertina del Telegraph con il titolo “Gli ammutinati della Brexit” e la foto dei Tory che non hanno appoggiato Theresa May quando a novembre propose di iscrivere nella legge la data di uscita dall’Ue troneggia sulla sua scrivania. Al Telegraph non è piaciuto neanche che Soubry andasse a Bruxelles a incontrare Michel Barnier insieme al suo compagno di lotta Chuka Umunna, laburista epperò tanto vicino sulle questioni europee. “Incontro privato”, taglia corto la Soubry, ma con un governo che “non ha ancora capito cosa vuole” c’è bisogno di tutti per evitare il suicidio economico.

 

Ma parliamoci chiaro, cambiare rotta si può? “Tutto è possibile, ma ci sono ostacoli, come i tempi, che sono stretti. Io l’avevo detto che non bisognava invocare subito l’articolo 50 con tutte quelle elezioni importanti in Europa”, spiega, aggiungendo che però il problema è soprattutto un altro, ossia le “linee rosse” che la May ha tratteggiato con leggerezza durante il suo discorso di un anno fa a Lancaster House: mercato interno, niente unione doganale e niente Corte di giustizia europea spazzati via come briciole dal tavolo negoziale. “Una Brexit molto dura, che a giugno gli elettori hanno chiaramente respinto”, prosegue Soubry, e qui ci si aspetterebbe una critica della May, che però non arriva.

 

La May lo sa tenere insieme questo partito? Ci pensa. «Theresa lo sa fare, nei fatti. La verità è che sta tenendo la barca a galla, è tutto quello che sta facendo. C’è in giro molta riluttanza a scuotere la situazione. L’ultima cosa che vogliamo è una gara per la leadership. Non si sa mai con chi si finisce”. E mi lancia uno sguardo eloquente. “Queste storie piacciono alla bolla di Westminster, ma l’elezione di un nuovo leader non è realistica”. Ma almeno la May lo è, realistica? “Stiamo come stiamo, e continueremo ad andare avanti con Theresa a Downing Street e magari si riuscirà a immettere un po’ di realismo in questi negoziati”, anche se il governo è ancora troppo “influenzato dagli hard brexiteers”, come i venti tories e i tre laburisti al massimo che flirtano con l’idea di un “no deal”. Tra i conservatori, privatamente, in molti si complimentano con lei per le sue uscite bellicose, a riprova che “lo spirito sta cambiando”. Pure uno come David Davis, ministro per la Brexit, sta evolvendo in quella direzione? “Questo non lo so, non penso”. Ma come si fa, con tutte le promesse fatte agli elettori? “Noi la maggioranza l’abbiamo persa, dobbiamo ammorbidire le linee rosse e visto che l’Ue non ha escluso nessuna opzione dal tavolo, dobbiamo riportare anche noi tutte le opzioni sul tavolo e dimenticarci questo approccio ideologico. Dobbiamo essere maturi, a partire dal ministro degli Esteri”.

  

Il paese impazzito che rivuole la sua sovranità vota un Parlamento con una maggioranza a favore del mercato unico e dell’unione doganale ma lo attacca se esprime il suo punto di vista. “Esasperante, un Parlamento fresco di elezione che non può decidere il futuro del paese”, secondo Soubry, che vorrebbe tanto che i britannici si chiarissero una volta per tutte che l’immigrazione è una cosa che succede ai paesi che hanno un grande successo economico, non perché sono in Europa, e che qualunque futuro accordo commerciale, che sia con l’India, con il Canada o con l’Australia, implicherà un’apertura delle porte ai lavoratori stranieri. “Sarei sorpresa se ci fossero elezioni generali da qui al 2022”, ma un secondo referendum, ora che anche Nigel Farage ne parla? “Deve venire dalla gente, anche se i veri effetti della Brexit si vedranno quando saremo fuori, e neanche subito. Può succedere di tutto, ma al momento il cambiamento non lo vedo ancora, se non a Londra, che è un mondo a parte”.

 

E i politici possono informare, guidare, presentare argomenti in maniera coraggiosa e creativa, ma bisogna rovesciare la percezione degli ultimi anni che gli elettori siano i servitori dei politici e, “a differenza del Labour che tiene i suoi elettori a testa bassa con la narrativa delle disuguaglianze”, permettere ai cittadini di realizzare le proprie ambizioni per non nutrire lo scontento attraverso un capitalismo compassionevole e regolato, con la giustizia sociale e la responsabilità personale al centro della vita politica. “E’ così che i Trump di questo mondo si nutrono di delusione”, ma anche “i Corbyn con la loro retorica facile”. E del presidente americano cosa pensa, Anna Soubry? “Una parte di me pensa che non dovremmo neanche manifestare contro di lui, solo ignorarlo. Egocentrico terribile com’è, lo ferirebbe davvero”. Sorriso soddisfatto. “Intanto facciamo in modo di non eleggere mai nessuno neppure lontanamente tremendo come lui”.

Di più su questi argomenti: