European hackerspace, di Mitch Altman (foto via Flickr)

Israele sorveglia tutti

Daniele Raineri

Stragisti dell’Isis a Raqqa, hacker russi che spiano l’intelligence americana. L’apparato discreto della sorveglianza israeliana è così efficiente che aiuta l’America

Roma. Il New York Times scrive che i servizi di sicurezza israeliani hanno avvertito il governo americano che hacker al servizio del governo russo stavano usando un software antivirus prodotto da una casa russa molto famosa in quel ramo, Kaspersky Lab, per spiare l’intelligence americana. Questo spiega perché il governo americano il 13 settembre scorso ha intimato a tutte le sue agenzie di sbarazzarsi entro 90 giorni di quel tipo di antivirus, che oltre alle normali funzioni di protezione ne ha anche una segreta e conosciuta soltanto dai russi: fruga tra i file del computer e se trova documenti riservati li passa a chi controlla dall’esterno il programma. La spia perfetta e immateriale: installi l’antivirus sul computer per proteggerti dalle incursioni esterne e quello svolge il suo lavoro per la maggior parte del tempo, ma quando serve obbedisce ai suoi veri padroni e trasmette i tuoi file segreti. La notizia è clamorosa, considerato che quel software era usato tra gli altri dal dipartimento della Difesa e da quello di Stato, oltre che da aviazione, marina ed esercito americani. Il sessanta per cento dei clienti di Kaspersky Lab sono in Europa e in America. Ma questo caso russo-americano, che avrà conseguenze molto ramificate, conferma che Israele svolge con discrezione un compito di “apparato di sicurezza di default” nel campo della guerra elettronica, oltre che in altri settori. Ricordate il divieto di portare computer portatili a bordo degli aerei diretti verso l’America entrato in vigore a marzo e poi finito durante l’estate? Era anche quello il risultato di un’operazione di spionaggio informatico molto sofisticata fatta dai servizi di sicurezza israeliani, che erano riusciti a scovare la cellula dello Stato islamico che a Raqqa si occupava di trovare nuovi modi per fare attentati in occidente.

 

Gli israeliani erano riusciti a infettare i computer dei terroristi e avevano scoperto che lo Stato islamico era intento a progettare attacchi agli aerei di linea con un metodo simile a quello usato per far precipitare l’aereo charter russo nel deserto del Sinai nell’ottobre 2015. In quel caso avevano farcito di esplosivo una lattina di Schweppes che aveva passato i controlli grazie a un complice a terra, questa volta volevano infilare l’esplosivo in un computer portatile, in modo da ingannare i controlli aeroportuali.

 

Israele ha scoperto il pericolo dell’antivirus di Kaspersky nel 2014 perché ha hackerato la casa di produzione del software (hackerare gli hacker che volevano spiare le spie americane: questo è quello che è successo) e ha visto che il programma frugava nei computer su cui era installato. Forse lo ha scoperto grazie a un altro virus informatico derivato da un software micidiale, Stuxnet, che è il frutto di una collaborazione israelo-americana e fu usato nel 2010 per penetrare i siti di ricerca atomica in Iran e sabotare le centrifughe. Questo ruolo molto di basso profilo della guerra tecnologica di Israele spunta qua e là fra le notizie e potrebbe essere il tassello mancante in molte vicende di spionaggio che non sono mai chiarite del tutto – per proteggere il vantaggio di conoscenza. Per esempio, i leader politici israeliani sono stati i primi a dichiarare apertamente nel 2015 che il governo siriano aveva tradito il patto per l’eliminazione dell’arsenale chimico e che disponeva ancora di armi chimiche avanzate – come poi è stato chiaro a tutto il mondo dopo il bombardamento di un villaggio con un agente nervino nell’aprile 2017. Inoltre, quest’anno “due nazioni” non meglio specificate hanno intercettato due navi della Corea del nord dirette verso la Siria nel giro di sei mesi. Il rapporto delle Nazioni Unite visto da Reuters che rivelava questa notizia non dice chi è stato a rilevare le navi, ma è molto probabile che di nuovo c’entri il sistema di sorveglianza israeliano, che monitora tutti gli spostamenti e i traffici nella regione.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)